La trasparenza e gli obblighi di pubblicazione
La trasparenza è un principio fondamentale dell’attività amministrativa, introdotto nel nostro ordinamento dalla l. 7.8.1990, n. 241. Il d.lgs. 14.3.2013, n. 33 disciplina questo principio in modo specifico, precisandone contenuto, finalità e limiti. Al fine di assicurare la realizzazione della trasparenza, questa nuova normativa disciplina inoltre la gestione delle informazioni della pubblica amministrazione, definendone i criteri di qualità e le modalità di pubblicazione nei siti istituzionali, dettando disposizioni in materia di accesso ad esse e introducendo dettagliati obblighi di pubblicazione e diffusione di alcune specifiche categorie di informazioni pubbliche.
Il d.lgs. 14.3.2013, n. 33, sulla base della delega conferita con l’art. 1, co. 35, della l. 6.11.2012, n. 190, provvede al riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. In particolare, questo decreto legislativo interviene sul principio di trasparenza, precisandone contenuto, finalità e limiti; detta disposizioni in materia di accesso civico e di accesso alle informazioni pubblicate nei siti web delle pubbliche amministrazioni; definisce i criteri di qualità di tali informazioni e puntualizza le loro modalità di pubblicazione; prevede a carico delle pubbliche amministrazioni l’obbligo di varare un Programma triennale per la trasparenza e l’integrità e quello di nominare un responsabile per la trasparenza; introduce per le stesse dettagliati obblighi di pubblicazione e diffusione, in particolare attraverso l’utilizzo dei propri siti istituzionali, di alcune specifiche categorie di informazioni, riguardanti gli atti di carattere normativo e amministrativo generale; l’organizzazione e l’attività; l’uso delle risorse pubbliche; le prestazioni offerte e i servizi erogati; nonché alcuni settori speciali quali i contratti pubblici, le opere pubbliche, la pianificazione e il controllo ambientale, il sistema sanitario.
Com’è noto, la trasparenza è stata introdotta quale criterio generale dell’attività amministrativa dalla legge 7.8.1990, n. 241, che significativamente fin dalla sua entrata in vigore è stata richiamata, oltre che propriamente come legge generale sul procedimento amministrativo, anche come legge “sulla trasparenza amministrativa”1. La stessa l. n. 241/1990 ha introdotto anche, tra le disposizioni in materia di diritto di accesso, all’art. 26, alcune prime importanti disposizioni in materia di pubblicazione degli atti, prevedendo che essa, se operata in modo integrale, realizza di per sé il diritto di accesso ai documenti pubblicati. Sia il principio di trasparenza che gli obblighi di pubblicazione sono poi stati oggetto di altri importanti interventi del legislatore. Per quanto riguarda in particolare la trasparenza, è da ricordare che ad essa hanno fatto riferimento importanti leggi di settore, come in particolare il d.lgs. 12.4.2006, n. 163, Codice dei contratti, all’art. 2, ma soprattutto che essa ha avuto una prima definizione esplicita da parte dal d.lgs. 27.10.2009, n. 150, che all’art. 11 l’ha individuata come «accessibilità totale … delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti», ne ha finalizzato l’utilizzo «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità» e l’ha considerata infine come «livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche». Questa definizione è poi stata ampliata, in particolare su quest’ultimo punto, dalla l. n. 190/2012, che ha altresì delegato il governo ad adottare quello che poi è diventato appunto il d.lgs. n. 33/2013.
Per quanto riguarda invece l’obbligo di pubblicazione delle informazioni e dei documenti amministrativi, la legge n. 241/1990 è stata seguita da altre disposizioni, orientate in particolare verso due direzioni. La prima è quella della progressiva estensione dell’oggetto dell’obbligo di pubblicazione, che è passato dal documento in quanto supporto di informazioni, alle informazioni in quanto tali, individuate in numero via via crescente entro appositi elenchi, espressamente previsti dal legislatore. Sono da ricordare, al riguardo, lo stesso art. 11 del d.lgs. n. 150/2009, e poi in particolare l’art. 18 del d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7.8.2012, n. 134, che hanno previsto l’accessibilità totale delle informazioni elencate, disponendone la pubblicazione sul sito istituzionale dell’ente, in un’apposita sezione. La l. n. 190/2012 ha poi previsto che gli elenchi delle informazioni accessibili fossero ulteriormente ampliati, com’è appunto avvenuto con il d.lgs. n. 33/2013. La seconda direzione seguita è invece quella del sempre più intenso collegamento tra l’adempimento degli obblighi di informazione e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Si tratta di un collegamento anticipato ad esempio dagli artt. 59 e 60 del d.P.R. 28.12.2000, n. 445, relativi all’utilizzo del sistema di gestione informatica dei documenti per l’esercizio del diritto di accesso, poi delineato con chiarezza dal d.lgs. 7.3.2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale, in particolare agli artt. 52 e 54, e quindi ripreso anche in altri atti normativi successivi. Fra questi i già citati d.lgs. n. 150/2009 e d.l. n. 83/2012, che ricollegano direttamente l’attuazione della accessibilità totale alla pubblicazione nei siti istituzionali delle amministrazioni, ma anche l’art. 32, co. 1, della l. 18.6.2009, n. 69, che introduce importanti disposizioni in merito all’utilizzo di tali siti al fine di assolvere agli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale.
Il d.lgs. n. 33/2013 si configura dunque come, almeno provvisorio, punto di arrivo di un percorso che da più di vent’anni è rivolto ad affermare la pubblicità e la trasparenza come principi cardine per l’attività e per l’organizzazione amministrativa, a disciplinare gli obblighi di informazione e di comunicazione della pubblica amministrazione, a garantire i diritti di informazione e di accesso dei cittadini, a sviluppare l’uso delle tecnologie informatiche al fine di migliorare e rendere più accessibile e aperto il sistema informativo pubblico2. In questo senso esso riunisce e coordina numerose disposizioni previgenti, in alcuni casi ne integra la disciplina o ne determina la sostituzione, come accade con l’art. 54 del d.lgs. n. 82/2005, dove il contenuto dei siti delle amministrazioni è riscritto e definito appunto con riferimento alla disciplina del decreto in commento, e in altri casi ne dispone anche l’abrogazione, come in particolare nel caso dei citati art. 11 del d.lgs. 150/2009 e art. 18 del d.l. n. 83/2012.
I punti di interesse del d.lgs. n. 33/2013 sono numerosi e per ragioni di spazio è qui possibile soltanto richiamare i più rilevanti.
Il primo consiste nella definizione del concetto di trasparenza e nella precisazione delle finalità che tale principio mira a realizzare. Il d.lgs. n. 33/2013 va oltre il generico richiamo al principio operato dalla l. n. 241/1990 e, riprendendo e integrando la definizione contenuta nel d.lgs. n. 150/2009, definisce la trasparenza come «accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni» e attribuisce alla stessa lo «scopo di favorire forme diffuse di controllo» su due fondamentali ambiti dell’intervento della pubblica amministrazione, quello del «perseguimento delle funzioni istituzionali» e quello dell’«utilizzo delle risorse pubbliche». Ma il d.lgs. n. 33/2013 non si limita a questa integrazione e chiarisce espressamente come il principio abbia una portata ben più ampia. Con un’importante innovazione rispetto alla disciplina previgente, infatti, esso afferma che la trasparenza concorre «ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione», precisa che «essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali», la configura come integrante «il diritto ad una buona amministrazione» e la individua come principio caratterizzante un nuovo modello più evoluto di amministrazione, «aperta» e «al servizio del cittadino». Infine, il d.lgs. n. 33/2013 ribadisce quanto già disposto dal d.lgs. n. 150/2009 e poi più ampiamente dalla l. delega n. 190/2012, con riferimento all’art. 117 Cost., co. 2, lett. m) e lett. r), che cioè le disposizioni in materia di trasparenza e di obbligo di informazione «integrano l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione», e che esse sono da considerarsi centrali per l’organizzazione e la gestione del sistema informativo pubblico, in quanto costituiscono «esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale». Da queste previsioni emerge come il principio di trasparenza abbia una valenza generale per l’attività amministrativa e non sia da riferire soltanto ai pure molto importanti obiettivi del contrasto della corruzione e della valutazione dei dipendenti pubblici, come invece poteva sembrare dalla formulazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 150/2009 e dell’art. 18 del d.l. n. 83/2013. La trasparenza non viene collegata all’agire amministrativo solo per finalità di controllo e di valutazione, ma si presenta fortemente connessa anche al piano dell’amministrazione attiva, come principio rivolto a migliorare il rapporto fra amministrazione e cittadini e a porre fra essi le basi per un dialogo più consapevole e quindi per un’interazione più costruttiva. Una trasparenza, quindi, rivolta anche a realizzare un’amministrazione al contempo più efficiente ed efficace nel raggiungere i risultati che le sono richiesti e più aperta e più capace di coinvolgere le risorse partecipative della società nella soluzione dei problemi del vivere comune. Una trasparenza, cioè, intesa non solo “contro” la cattiva amministrazione, ma anche “per” la buona amministrazione, in funzione della realizzazione di una pubblica amministrazione democratica e partecipata, nella quale sia possibile “guardare dentro” non solo per un controllo dall’esterno, ma anche per interagire con essa in funzione del raggiungimento di risultati migliori.
Un altro aspetto importante della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 33/2013 è rappresentato dalle modalità con cui viene richiesto alle amministrazioni di trattare le informazioni in proprio possesso e dall’estensione attribuita all’ambito della loro pubblicazione. Abbandonata definitivamente la convinzione, già profondamente incrinata dalla l. n. 241/1990, che tali informazioni possano essere sottratte all’accesso in virtù delle caratteristiche peculiari del soggetto che le possiede3, e fortemente ridimensionata anche la regola per cui le stesse possono essere comunicate soltanto in quanto già contenute in un documento amministrativo, per il tramite dell’accesso allo stesso4, si arriva ad affermare l’accessibilità totale e diretta delle informazioni concernenti l’organizzazione e all’attività amministrativa, sia pure con il limite della loro previa individuazione da parte del legislatore come oggetto di pubblicazione obbligatoria. Non solo, ma viene evidenziato come l’accesso alle informazioni non possa essere inteso in senso solo formale, dovendo l’amministrazione assicurarne un adeguato livello qualitativo, ovvero «l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso dell’amministrazione, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità» (art. 6, co. 1) e dovendo altresì la stessa curarne la pubblicazione in formato di tipo aperto e in modo che siano riutilizzabili (art. 7)5. Inoltre, con la previsione di un vero e proprio «diritto alla conoscibilità» (art. 2, d.lgs. n. 33/2013), viene riconosciuto a chiunque il diritto di conoscere, di fruire gratuitamente, e di utilizzare e riutilizzare tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, a prescindere dalle limitazioni di natura soggettiva che invece tuttora caratterizzano il diritto di accesso ai documenti amministrativi nella disciplina della l. n. 241/1990.
L’accessibilità delle informazioni e l’attività amministrativa necessaria ad assicurarla vengono così a rilevare di per sé, svincolandosi, per un verso, dalla strumentalità rispetto a ulteriori funzioni dell’amministrazione e, per l’altro, dalla connessione con la tutela di specifiche situazioni soggettive dei privati. Da un lato viene quindi sottolineato come l’amministrazione abbia una funzione di informazione e di comunicazione autonoma, non necessariamente strumentale ad altre funzioni6. Dall’altro lato si mette in luce come la comunicazione e la diffusione delle informazioni da parte dell’amministrazione debba essere collocata in una dimensione più ampia rispetto a quella tradizionale della dialettica autorità/libertà. In questa nuova dimensione la piena conoscibilità delle informazioni non è solo una condizione di garanzia del privato, ma più in generale un dato di partenza per chi entra in contatto, anche occasionale, con la pubblica amministrazione, dal quale può poi svilupparsi una pluralità di relazioni diverse, che possono certo essere finalizzate alla tutela di situazioni soggettive, ma possono estendersi anche in ambiti diversi che vanno dal controllo diffuso sull’amministrazione alla partecipazione consapevole dei soggetti informati al perseguimento di finalità di interesse generale, in una dimensione partecipativa e non più solo conflittuale dell’agire amministrativo7.
In questa prospettiva va a inserirsi anche un altro dei punti focali della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 33/2013, vale a dire l’enfatizzazione del ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con particolare riferimento alle reti telematiche pubbliche e ai siti web delle amministrazioni, come supporto necessario per assicurare la trasparenza e adempiere agli obblighi di pubblicazione. Non si tratta solo, come nelle numerose disposizioni previgenti che si sono ricordate nel precedente paragrafo, di prevedere la possibilità del ricorso a queste tecnologie: il d.lgs. n. 33/2013 va oltre e introduce una vera e propria necessità del ricorso a esse, arrivando a configurare la nozione stessa di “pubblicazione” come «pubblicazione … nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni dei documenti, delle informazioni e dei dati concernenti l’organizzazione e l’attività». Senza l’inserimento delle informazioni sul sito, dunque, non c’è pubblicazione e non si adempie il relativo obbligo, e dunque non c’è trasparenza. Si tratta di un importante salto di qualità nello sviluppo dell’amministrazione digitale, che rende particolarmente importante, per l’effettività e per l’ampiezza della realizzazione del principio di trasparenza e dei diritti da questa supportati, che davvero i siti istituzionali vengano predisposti in modo da essere facilmente accessibili da parte di chiunque, rimuovendo ogni diseguaglianza nell’accesso alle nuove tecnologie secondo quanto espressamente previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 82/2005.
Un altro aspetto di grande interesse del d.lgs. n. 33/2013 sta nella presenza di una catalogazione delle informazioni che devono essere pubblicate, che offre per la prima volta una descrizione “quantitativa” e non solo “qualitativa” della trasparenza. Da uno sguardo d’insieme sulle informazioni elencate emerge, fra le altre possibili, una distinzione che pare molto importante per capire l’estensione e la portata che il decreto in commento ha attribuito al principio di trasparenza: quella cioè, da un lato, tra le informazioni accessibili a fini di controllo, di valutazione del personale e di prevenzione della corruzione nell’amministrazione e, dall’altro, quelle accessibili a fini di partecipazione e di miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa8. Analizzando le disposizioni dei diversi capi del decreto si incontrano, infatti, un ampio numero di obblighi di informazione imposti all’amministrazione per consentire ai singoli che entrano in relazione con essa, e più in generale alla collettività, di esercitare un controllo diffuso, di valutare le prestazioni dei dipendenti pubblici e di vigilare sul fatto che nell’azione dell’amministrazione non si verifichino casi di cattiva amministrazione o di abuso. Chi accede alle informazioni è collocato in una posizione distaccata e distinta dall’amministrazione, non è necessariamente coinvolto nell’agire amministrativo, sta al di fuori delle vicende rispetto a cui l’amministrazione opera e si preoccupa di verificare e valutare questo operato. In questo contesto rientrano gli obblighi di pubblicazione relativi ai componenti degli organi di indirizzo politico, ai titolari di incarichi dirigenziali e di collaborazione o consulenza, al personale, agli incarichi conferiti, alla valutazione delle performances, agli enti vigilati o controllati, ad alcune particolari categorie di provvedimenti adottati, come quelli concernenti la concessione di contributi e di benefici, l’uso di risorse pubbliche, gli esiti di controlli su attività di organizzazione, i rendiconti dei gruppi consiliari. Ma la suddetta analisi fa emergere anche obblighi di pubblicazione di tipo diverso, che l’amministrazione è chiamata a rispettare nei confronti non di chi sta al di fuori del suo ambito di azione e intende esercitare un controllo su di essa, ma di chi invece aspira o si trova già a interagire con essa nello svolgimento di specifiche attività, avanzando istanze partecipative, di tipo collaborativo o più tradizionalmente garantistico. Gli obblighi di pubblicazione di questo tipo non sono riconducibili alla logica del controllo, ma mirano a rendere più facilmente comprensibile, e quindi più semplice, immediato e diffuso, il rapporto del privato con l’amministrazione, in coerenza con la prospettiva del miglioramento di questo rapporto sviluppatasi a partire dalla l. n. 241/1990. Si tratta di obblighi connessi ad adempimenti già previsti dalla normativa previgente, come ad esempio gli art. 4, 12 e 15 del d.lgs. n. 82/2005, o i co. 29 e 30 dell’art. 1 della stessa l. n. 190/2012, che però nella previsione del d.lgs. n. 33/2013 assumono una portata più vasta, perché viene previsto che siano rivolti non solo a chi ha già titolo per partecipare a una determinata procedura, ma a tutti coloro che anche solo potenzialmente possono essere interessati a un coinvolgimento nel farsi dell’azione amministrativa, imponendo all’amministrazione di rendere quelle informazioni disponibili a chiunque, senza obbligo di autenticazione, anche in via preliminare rispetto all’avvio del procedimento (art. 2, co. 2, d.lgs. n. 33/2013). Si va da informazioni più generiche, volte a favorire la conoscenza di come l’amministrazione è organizzata e articolata, o di come essa agisce nei procedimenti di propria competenza; a informazioni collegate più nello specifico a determinate procedure, come quelle relative ai bandi di concorso, quelle necessarie per effettuare pagamenti informatici, quelle che si riferiscono ai controlli a cui sono assoggettate le imprese, quelle riguardanti gli oneri informativi posti a carico dei privati nell’ambito dei procedimenti in cui sono esercitati poteri autorizzatori, concessori o certificatori; a informazioni più mirate come quelle riguardanti i dati relativi all’erogazione dei servizi, l’accesso ai servizi pubblici, o la concessione di benefici. Si tratta di una distinzione che pare molto importante in vista dell’adempimento concreto degli obblighi di informazione da parte delle amministrazioni, alla quale le stesse devono guardare con attenzione analoga a quella tradizionalmente usata per distinguere tra le funzioni di amministrazione attiva e quelle di controllo, pena il rischio di gravi confusioni, di effetti sproporzionati e di lacune importanti nell’effettiva realizzazione del principio di trasparenza.
Tra i profili di maggiore interesse, infine, deve essere osservato come il d.lgs. n. 33/2013 si preoccupi di inserire la trasparenza amministrativa in un sistema generale di programmazione e di verifica. In particolare, vengono previste l’adozione di un Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, da aggiornare annualmente, e la nomina di un responsabile per la trasparenza, da identificarsi di regola con il responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all’art. 1, co. 7, della l. n. 190/2012, a cui ricondurre la supervisione di tutti gli interventi previsti dal decreto legislativo. Da ultimo, vengono introdotti un sistema di valutazione della trasparenza da parte di organismi indipendenti e un quadro di sanzioni conseguenti al mancato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
La disciplina introdotta dal d.lgs. n. 33/2013, per quanto organica e coerente, lascia aperte diverse questioni problematiche, su cui è opportuno soffermarsi.
La prima questione riguarda la definizione del principio di trasparenza. Va ricordato, infatti, che l’accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, nella quale il decreto in esame individua la trasparenza amministrativa, di per sé realizza solo la conoscibilità delle informazioni, e quindi la loro pubblicità9. Per determinare davvero la trasparenza, occorre che la semplice conoscenza possa diventare comprensione ed è quindi essenziale che le informazioni rese accessibili siano dotate delle qualità previste dall’art. 5, co. 1, del d.lgs. n. 33/2013, e fra queste in particolare del carattere della comprensibilità. L’adempimento degli obblighi di pubblicazione da parte delle amministrazioni non si esaurisce quindi nel mettere a disposizione documenti, informazioni e dati sui propri siti, ma richiede ancor prima che le amministrazioni intervegano per rendere adeguata la qualità delle stesse e delle relative modalità di accesso. Si tratta di un passaggio niente affatto scontato, la cui mancata attuazione rischia di ridurre a mera formalità i numerosi adempimenti previsti.
Una seconda questione problematica è già emersa quando si è parlato delle finalità della trasparenza. In base alla formulazione dell’art. 1, co. 1, del d.lgs. n. 33/2013 , il rischio è infatti che l’attenzione degli interpreti si focalizzi esclusivamente sull’accezione della trasparenza come preliminare a “forme diffuse di controllo” sull’operato dell’amministrazione e sull’uso delle risorse pubbliche, nonché sulla valutazione dell’operato dei dipendenti10. Ora, non c’è dubbio che tale finalità sia molto importante, ma è essenziale che la trasparenza non venga letta unicamente nel quadro della contrapposizione, o comunque della rigida separazione, che caratterizza la dinamica controllore/controllato. Come si diceva sopra, il principio deve essere declinato anche sul piano dell’amministrazione attiva, tenendo in gran conto quanto previsto dal co. 2 dell’articolo da ultimo citato, che appunto configura la trasparenza come presupposto necessario per migliorare la capacità dell’amministrazione di aprirsi alla società e di rendere a questa migliori servizi, per consentirle di raggiungere con maggiore efficacia ed efficienza i propri risultati e soprattutto, più in generale, per attuare il principio democratico nell’amministrazione e favorire quindi la partecipazione a essa da parte dei cittadini11.
Un terzo importante problema deriva dalla catalogazione delle informazioni che è stata operata all’interno del d.lgs. n. 33/2013. Due, in particolare, sono le questioni da considerare, derivanti dal fatto che l’elenco operato può rivelarsi, a seconda del punto di vista prescelto, troppo ampio o troppo ristretto. Sotto un primo profilo, cioè, le informazioni per cui viene previsto l’obbligo di pubblicazione sono molto numerose e appartengono a tipologie molto diverse. Può quindi essere difficile orientarsi correttamente rispetto a esse sia da parte delle amministrazioni che le devono pubblicare, sia da parte di coloro che sono interessati a conoscerle, per i quali in particolare l’eccesso di informazione disponibile, secondo quella che purtroppo è una costante nelle comunicazioni via web, può diventare “rumore”, finendo per alimentare un generico sospetto nei confronti delle pubbliche amministrazioni anziché favorire la “buona amministrazione”. Per evitare questo rischio è molto importante che la pubblicazione delle informazioni sia gestita in modo consapevole e corretto, tenendo conto delle differenti finalità a cui l’accesso ad esse può essere indirizzato. Sotto un secondo profilo, invece, l’elenco può risultare troppo ristretto perché, dato che in base all’art. 2, co. 1, del d.lgs. n. 33/2013 gli obblighi di trasparenza concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni sono quelli individuati dallo stesso decreto, per le informazioni escluse il principio di trasparenza potrebbe essere ritenuto non operante. Questa interpretazione non è assolutamente corretta, perché in base all’art. 1 della l. n. 241/1990 la trasparenza resta un criterio generale che regge tutta l’attività amministrativa, ma il rischio che possa essere adottata è reale. Per evitarlo, è essenziale che le amministrazioni, di fronte a contenuti specifici e caratterizzanti della propria attività, per i quali non sussistano questioni di tutela dei dati personali, utilizzino appieno il margine di flessibilità loro riconosciuto dalla disposizione secondo cui esse possono comunque «disporre la pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l’obbligo di pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica previsione di legge o regolamento» (art. 4, co. 3, del d.lgs. n. 33/2013).
Un quarto importante problema riguarda l’impatto degli obblighi di informazione sullo sviluppo dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni interessate. Nello specifico, occorre infatti notare come la pubblicazione nella sezione «Amministrazione trasparente» dei siti istituzionali, prevista dal d.lgs. n. 33/2013, richieda sia un’architettura informatica, sia adempimenti e modalità operative sensibilmente diversi rispetto alla pubblicazione nella sezione «Trasparenza, valutazione e merito» prevista in precedenza all’art. 11 del d.lgs. n. 150/2009 e all’art. 18 della l. n. 83/2012, ora entrambi abrogati. Questo impone alle amministrazioni interessate oneri e costi significativi di adeguamento, resi ancora più evidenti dal fatto che il legislatore non ha lasciato loro praticamente nessuna autonomia organizzativa, prevedendo con l’allegato A una minuziosa disciplina della struttura delle informazioni nei siti istituzionali, che non è detto possa adattarsi immediatamente all’architettura esistente del sito e più in generale del sistema informativo effettivamente sviluppato da ciascuna amministrazione. Ciò introduce una dimensione più generale del problema ora considerato, perché la previsione degli obblighi di pubblicazione sui siti istituzionali ha un forte impatto su tutto il sistema delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione delle pubbliche amministrazioni, che non tutte hanno sviluppato in modo adeguato, specie per quando riguarda l’interconnessione e lo scambio di informazioni tra di esse e con i privati. Il rischio che si crea è quello di un approccio episodico e occasionale nell’applicazione delle regole recanti i suddetti obblighi di pubblicazione, che non tenga conto della necessaria armonizzazione con lo sviluppo complessivo dell’intero sistema informativo. Si tratta di un rischio da evitare assolutamente, perché per l’avverarsi nel concreto dell’«amministrazione digitale» è essenziale che lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione avvenga considerando in modo unitario e coerente tutte le modalità di formazione, raccolta, conservazione, comunicazione e diffusione dei dati, tra cui anche gli interventi necessari ad adempiere i suddetti obblighi si inseriscono, come aspetto sicuramente importante, ma parziale e specifico.
Un ulteriore importante problema derivante dalla disciplina introdotta dal d.lgs. n. 33/2013 è quello del contemperamento del principio di trasparenza e degli obblighi di pubblicazione degli atti con la
disciplina in materia di protezione dei dati personali12. Il decreto in commento si occupa di questo problema all’art. 4, dove individua alcuni limiti alla trasparenza, ma non sembra che questa disposizione risolva le molteplici e delicate questioni che possono emergere nell’adempimento degli obblighi di pubblicazione di dati personali. Come ha giustamente osservato l’Autorità garante per la protezione dei dati personali, i rischi di violazione della normativa sulla privacy sono numerosi, specie con riferimento al rispetto dei principi di necessità e soprattutto di proporzionalità del trattamento. Da un lato tali rischi possono determinarsi in ragione della delicatezza di talune delle informazioni pubblicate, che in alcuni casi possono rivelare aspetti, anche intimi, della vita privata delle persone, rispetto alle quali la pubblicazione mediante diffusione sul web diventa particolarmente invasiva. Dall’altro lato essi possono derivare dalle modalità con cui è possibile trattare le informazioni pubblicate sui siti istituzionali, a cominciare dal loro reperimento, che può essere particolarmente agevole grazie ai motori di ricerca generalisti, con cui l’art. 9, co. 1, del decreto impone la compatibilità, per concludere con la loro cancellazione dal sito, che invece può essere particolarmente difficoltosa a causa delle disposizioni che prevedono un termine di pubblicazione generico di cinque anni per tutte le informazioni pubblicate e soprattutto di quelle secondo cui alla scadenza del termine i dati e documenti devono essere conservati in altre sezioni del sito e resi comunque disponibili (art. 8, co. 3, e art. 9, co. 2, d.lgs. n. 33/2013).
Un ulteriore profilo problematico relativo alle novità normative qui esaminate riguarda per converso i rimedi previsti contro la violazione degli obblighi di informazione. Il d.lgs. n. 33/2013 prevede infatti in via generale o il previo esercizio dell’accesso civico, da cui deriva la possibilità di utilizzo dei rimedi previsti contro il diniego dello stesso, oppure la sanzione dei dirigenti o dei dipendenti responsabili della violazione sul piano della responsabilità disciplinare o di risultato, anche a seguito dell’intervento del responsabile della trasparenza (artt. 5, 45, co. 4, 46, d.lgs. n. 33/2013). In relazione a casi specifici sono poi previste forme diverse di sanzione pecuniaria (art. 47, d.lgs. n. 33/2013). I rimedi vengono così a operare su un piano che resta soprattutto interno all’amministrazione, richiedono l’attivazione di meccanismi di valutazione e sanzionatori interni a quest’ultima e, pur con un generico rinvio al codice del processo amministrativo per le controversie concernenti gli obblighi di trasparenza, non comprendono in via generale peculiari forme di tutela dell’interessato aventi ad oggetto la legittimità dell’attività in cui l’obbligo di pubblicazione s’inserisce. Poteva essere opportuno, da questo punto di vista, disciplinare con portata più generale le previsioni introdotte per alcuni casi specifici dagli artt. 15, co. 2, 26, co. 3, 39, co. 3, del d.lgs. n. 33/2013, in base alle quali la pubblicazione prevista come obbligatoria diventa condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell’atto, offrendo così a chi lamenta il diniego di informazione di attivare dei rimedi capaci di incidere anche sugli effetti del provvedimento amministrativo.
1 Più precisamente, nel testo originale della legge veniva richiamato il solo principio di pubblicità amministrativa, mentre quello di trasparenza è stato espressamente introdotto solo con le modifiche apportate dalla l. 11.2.2005, n. 15. Sul concetto di trasparenza amministrativa si vedano Arena, G., La trasparenza amministrativa ed il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Arena, G., a cura di, L’accesso ai documenti amministrativi, Bologna, 1991, 25 ss.; Arena, G., Trasparenza amministrativa, in Enc. giur. Treccani, 1995, 1 ss.; Merloni, F., a cura di, La trasparenza amministrativa, Milano, 2008.
2 In generale, sul sistema informativo pubblico si vedano Martini, F., Il sistema informativo pubblico, Torino, 2006; e Bonomo, A., Informazione e pubbliche amministrazioni. Dall’accesso ai documenti alla disponibilità delle informazioni, Bari, 2012, 331 ss., cui si rinvia anche per un’ampia bibliografia.
3 Sul carattere assunto dall’informazione nel «normale funzionamento» amministrazione tradizionale, carattere interamente condizionato dalla natura del soggetto che ne è titolare, si veda Arena, G., Il segreto amministrativo. II. Profili teorici, Padova, 1984, 109 ss.
4 Tale regola viene affermata nell’ambito della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in particolare dall’art. 22, co. 4, della . n. 241/1990, che però, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013 e del riconoscimento dell’accesso civico, non rappresenta più l’unica forma di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione.
5 Ciò significa, secondo quanto previsto dall’art. 68, co. 3, del d.lgs. n. 82/2005 e dall’art. 1 del d.lgs. 24.1.2006, n. 36, che devono essere disponibili «secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato», «in modo gratuito» o al più «ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione», «accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private» e «adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori», nonché utilizzabili «da parte di persone fisiche o giuridiche, a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale per il quale il documento che lo rappresenta è stato prodotto nell'ambito dei fini istituzionali».
6 Sulla funzione di informazione e di comunicazione si vedano Merloni, F., a cura di, L’informazione delle pubbliche amministrazioni, Rimini, 2002; Arena, G., a cura di, La funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, Rimini, II ed., 2004.
7 In questo contesto si inserisce anche la previsione dell’accesso civico, di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, che però non sarà considerata in questa sede in quanto già oggetto di altra questione nel presente volume. In generale, sul tema del diritto di accesso e sui suoi collegamenti con il principio di trasparenza sia peraltro consentito rinviare a Bombardelli, M., Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Sciullo, G., a cura di, Le nuove regole dell’azione amministrativa, Bologna, 2006, 185 ss.
8 Per ragioni di spazio non si farà riferimento agli obblighi di informazione previsti in settori speciali dal capo V del d.lgs. n. 33/2012, nell’ambito dei quali è peraltro ulteriormente riscontrabile la distinzione ora richiamata nel testo.
9 Si veda in tal senso quanto affermato da G. Arena in Arena, G.-Bombardelli, M., Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Cerulli Irelli, V., a cura di, La disciplina generale dell’azione amministrativa. Saggi ordinati in sistema, Napoli, 2006, 411, secondo il quale «La pubblicità è fondamentale, ma è solo il passaggio intermedio per uscire dal segreto e arrivare alla trasparenza. Il segreto è infatti non conoscibilità, non conoscenza e quindi non comprensione. La pubblicità è conoscibilità, ma non necessariamente conoscenza. La trasparenza è insieme conoscenza e comprensione. Una informazione pubblica è un’informazione conoscibile, ovvero è una potenziale fonte di conoscenza; ma affinché si abbia il passaggio dalla pubblicità alla trasparenza è necessario il passaggio dalla conoscibilità alla conoscenza vera e propria, su cui può a sua volta fondarsi la comprensione. Pertanto assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa vuol dire assicurare la conoscenza reale, vera, di tale attività, quella che consente la comprensione e di conseguenza anche il controllo. Se l’attività è segreta non può essere conosciuta; se è pubblica, è conoscibile, ma non è detto sia anche conosciuta né che sia anche compresa. Solo quando si realizzano queste due ultime condizioni si ha veramente la trasparenza di quell’attività amministrativa e, dunque, la possibilità di un controllo sull’esercizio del potere che quell’attività comporta».
10 Potrebbe condurre in questa direzione anche la previsione dell’art. 43 del d.lgs. n. 33/2013, in base alla quale il responsabile per la trasparenza va identificato di regola con il responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all’art. 1, co. 7, della l. n. 190/2012.
11 Sulla portata del principio democratico nell’amministrazione e sul ruolo che questo viene ad attribuire alla partecipazione dei cittadini resta fondamentale il rinvio a Allegretti, U., Pubblica amministrazione e ordinamento democratico, in Foro it., 1984, V, 205 ss. Per gli ulteriori sviluppi possibili si veda Allegretti, U. , L’amministrazione dall’attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Milano, 2009.
12 Sui problemi inerenti il rapporto tra obblighi di pubblicazione e tutela della riservatezza si vedano ampiamente, dell’Autorità garante per la tutela dei dati personali, la deliberazione 2.3.2011, n. 88, adottata a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 32 della l. n. 69/2009, e il parere del 7.2.2013, adottato sullo schema di quello che poi è diventato il d.lgs. n. 33/2013.