La tutela dei diritti fondamentali e i crimini di guerra
La questione su cui ci si sofferma in questo scritto è se la Repubblica federale di Germania possa essere chiamata a rispondere davanti ai giudici civili italiani per gli atti lesivi di diritti inviolabili della persona, commessi nei confronti di cittadini italiani dalle truppe del Terzo Reich negli anni dal ’43 al ’45, atti che per tale ragione si configurino come crimini di guerra.
Sul tema della responsabilità della Repubblica federale di Germania (RFG) per i crimini di guerra commessi in Italia dalle sue truppe, durante l’occupazione del 19431945, s’è venuta formando in questo quarto di secolo una giurisprudenza non indifferente, ma contrastante: si proverà a ricostruirne in sintesi i passaggi più rilevanti.
La Corte internazionale di giustizia (CIG), adita dalla Germania, ha negato che la possibilità di agire contro la RFG nella sentenza 3.2.2013, n. 14311; la Corte costituzionale, nella sentenza 22.10.2014, n. 2382, ha dato una risposta di segno contrario, ed il Tribunale di Firenze, che l’aveva investita, ha poi accolto le domande di condanna al risarcimento dei danni proposte contro la Repubblica federale3.
La CIG aveva aggiunto di non ignorare che l’immunità dalla giurisdizione, che veniva riconosciuta spettare nel caso alla Repubblica federale alla stregua del diritto internazionale consuetudinario, potrebbe impedire alle vittime italiane di ottenere riparazione in giudizio; aveva per questo anche considerato che pretese di cittadini italiani, rimaste insoddisfatte ed all’origine dei giudizi intentati in Italia, potrebbero in futuro costituire oggetto di nuovi negoziati tra i due Stati in vista di pervenire ad una soluzione.
Nell’edizione del 2013 del Libro dell’anno del Diritto, Caponi4, dando notizia della sentenza della CIG, segnalava come ne fosse risultato smentito l’orientamento seguito dalle Sezioni Unite a partire dalla sentenza 11.3.2004, n. 5044, pronunziata nel caso Ferrini; annotando poi la sentenza della Corte costituzionale5, dopo aver osservato che la Corte ha bensì riaperto la via giurisdizionale e che però una sentenza di accoglimento della domanda risarcitoria difficilmente potrebbe trovare esecuzione, ha considerato che «Un modo per superare questa impasse è mettere in discussione il punto di partenza: l’alternativa o incomunicabilità tra negoziato diplomatico e azione giudiziaria» ed ha aggiunto che «Uno spunto ricostruttivo può giungere da una breve analisi di una situazione parallela nell’ordinaria giustizia civile, in cui vi è coincidenza tra parti del processo e parti del negoziato (rectius: negoziazione)».
Nei giudizi conclusi con le richiamate sentenze del Tribunale di Firenze, la sollecitazione rivolta alle parti in causa di raggiungere un accordo non ha però sortito effetto.
1.1 Cass., S.U., n. 5044/2004
Di seguito la vicenda decisa dalla sentenza S.U. n. 5044/2004 nel caso Ferrini. L’attore, nel 1998, agisce contro la Repubblica federale e ne chiede la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti per essere stato catturato in Italia nell’agosto 1944 da forze militari tedesche e quindi deportato in Germania per essere utilizzato presso imprese tedesche quale lavoratore forzato; la sua permanenza in un lager dove le imprese costruivano aeroplani, missili ed altre armi da guerra si era protratta sino all’aprile del 1945. L’eccezione di difetto di giurisdizione viene accolta dai giudici del merito, ma la sentenza è cassata con rinvio6. Le S.U. (punto 7.1.) affermano che «in forza del principio di adattamento sancito dall’art. 10, 1° comma, della nostra Carta costituzionale, le norme di diritto internazionale ‘generalmente riconosciute’ che tutelano la libertà e la dignità della persona umana come valori fondamentali e configurano come ‘crimini internazionali’ i comportamenti che più gravemente attentano all’integrità di tali valori, sono divenute ‘automaticamente’ parte integrante del nostro ordinamento e sono, pertanto, pienamente idonee ad assumere il parametro dell’ingiustizia del danno causato da un ‘fatto’ doloso o colposo altrui».
La conclusione attinta dalle S.U. nella sentenza n. 5044/2004 (al punto 9.1.) è che un’esenzione dalla giurisdizione, come non lo può essere per quella penale, nel caso di crimini di guerra, altrettanto non lo può essere per la responsabilità civile.
Le S.U. pervengono a questa conclusione all’esito della disamina di decisioni di organi giurisdizionali internazionali e nazionali e svolgono queste considerazioni: «Il riconoscimento dall’immunità della giurisdizione in favore degli Stati che si siano resi responsabili di tali misfatti si pone in palese contrasto con i dati normativi appena ricordati, poiché detto riconoscimento, lungi dal favorire, ostacola la tutela di valori, la cui protezione è da considerare invece, alla stregua di tali norme e principi, essenziale per l’intera Comunità internazionale, tanto da giustificare, nelle ipotesi più gravi, anche forme di reazione obbligatorie. E non può esservi dubbio che l’antinomia debba essere risolta dando prevalenza alle norme di rango più elevato, ... quindi escludendo che, in ipotesi siffatte, lo Stato possa giovarsi dell’immunità dalla giurisdizione straniera».
La Cassazione tornerà sulla in un gruppo di sentenze, tra le quali Cass., 29.5.2008, n. 141997, fondate sul solo richiamo della precedente decisione n. 5044/2004, e in sede di regolamento preventivo di giurisdizione nell’ordinanza 29.5.2008, n. 14201.
Ivi le S.U. sottolineano che «i crimini internazionali minacciano l’umanità intera e minano le fondamenta stessa della coesistenza tra i popoli …»; evidenziano di essere «consapevoli di contribuire così alla emersione di una regola conformativa dell’immunità dello Stato estero, che si ritiene comunque già insita nel sistema dell’ordinamento internazionale», il quale «già consente di esercitare nei confronti dello Stato straniero in caso di violazioni, ad esso addebitabili, di obbligazioni negoziali», e dunque deve ammetterla anche «a fronte di ben più gravi violazioni, quali quelle costituenti crimini addirittura contro l’umanità, e che segnano anche il punto di rottura dell’esercizio tollerabile della sovranità».
1.2 Cass. n. 11163/2011
Nel caso deciso da Cass., 20.5.2011, n. 11163, dalla Repubblica federale è proposto ricorso per cassazione contro sentenza della Corte di appello di Firenze che ne rigettava l’opposizione, a sua volta proposta dalla Germania contro il decreto del presidente di quella stessa Corte con cui era stata dichiarata esecutiva nei suoi confronti la sentenza n. 137/1997 del Tribunale greco di Leivadia; in questa si statuiva che la RFG, per danni, dovesse versare la somma di 7.600.000.000 dracme all’Autorità prefettizia di Vojotia, che nel giudizio aveva rappresentato in giudizio le vittime civili di un massacro compiuto dall’esercito tedesco nel corso della seconda guerra mondiale.
Con il primo di sette motivi di ricorso, dalla RFG viene dedotta la violazione del principio di ordine pubblico, in riferimento agli artt. 64, co. 1, lett. g), l. 31.5.1995, n. 218 e 34, co. 1, reg. CE n. 44/2001: alla Corte è chiesto di dire se, in base all’ordinamento italiano, alla luce dei principi generali vigenti nel diritto internazionale pubblico, applicabili in base all’art. 10, co. 1, Cost., non sia contraria all’ordine pubblico una sentenza che dichiari la sussistenza della giurisdizione civile nei confronti di uno Stato estero in materia di risarcimento dei danni per gravi violazioni dei diritti umani.
Richiamando la decisione pronunciata dalla CIG il 14.2.2002 nella controversia fra la Repubblica democratica del Congo e il Belgio, la Cassazione considera che in quel caso la controversia fra i due Stati nasceva da un mandato di arresto internazionale in absentia emesso da un magistrato inquirente belga nei confronti del Ministro degli affari esteri della Repubblica democratica del Congo, sulla base di assunte violazioni di norme poste a tutela dei diritti umani. La CIG aveva ritenuto che nel diritto internazionale è chiaramente stabilito che alla stregua dei diplomatici e degli agenti consolari, alcuni titolari di cariche rappresentative dello Stato, come quella del Capo dello Stato, del Capo del Governo e del Ministro degli affari esteri, godono di immunità dalla giurisdizione, sia civile che penale, degli altri Stati.
Osserva la Cassazione, che è sotto questo aspetto che il caso appare presentare una rilevanza rispetto al tema dell’immunità dello Stato estero dalla giurisdizione del diverso Stato, che viene adito con una domanda intesa a far valere la responsabilità del primo per il fatto dei suoi agenti: viene in rilievo la base razionale su cui la CIG ha ricostruito l’esistenza di una norma internazionale relativa all’immunità degli Stati.
Secondo la CIG una consuetudine internazionale impone l’immunità per i ministri degli esteri al fine d’assicurare l’effettivo svolgimento delle loro funzioni per l’espletamento del proprio mandato nei confronti dei rispettivi Stati e per proteggere le persone che rivestono tali cariche nei confronti di qualsiasi atto di un altro Stato che potrebbe ostacolare lo svolgimento dei loro compiti. Si tratterebbe in sostanza di una norma che, nell’escludere l’esercizio della giurisdizione, persegue la finalità di assicurare lo svolgimento di incarichi che promuovono l’interesse reciproco degli Stati e quello della Comunità delle nazioni.
La Cassazione osserva che una tale definizione della norma consuetudinaria internazionale esprime un concetto di immunità del tutto diverso da quello che, «nella categoria dicotomica acta iure imperii acta iure iure gestionis si riconnette al principio di eguaglianza fra gli Stati , secondo la massima par in parem non habet imperium».
Osserva ancora la Cassazione «che la teoria della prevalenza gerarchica dello jus cogens si basa su solide elaborazioni da entrambe le sponde dell’Atlantico e ha avuto un impatto universalmente rilevante nel dibattito sul diritto internazionale contemporaneo».
Soffermandosi sull’elaborazione europea di questa dottrina, la Corte considera (al § 45) che essa «condivide con quella nordamericana il postulato del rapporto gerarchico fra jus cogens e norme o consuetudini che assicurano agli Stati l’immunità dalla giurisdizione. Si differenzia da essa per il diverso scenario giurisprudenziale e normativo in cui viene ad operare nel contesto europeo continentale, caratterizzato dall’assenza di normative statali in tema di immunità e dalla presenza (specificamente nel nostro Paese e nella Grecia) di norme costituzionali che impongono l’adeguamento dell’ordinamento interno a quello internazionale. Questo dato rende più rigida la formulazione della [Normative Hierarchy Doctrine] negli Stati europei continentali, in cui l’assenza di normative sull’immunità fa ricadere sulla attività interpretativa delle Corti l’adempimento del compito conformativo al diritto internazionale».
A risultati appropriati conduce invece secondo la Cassazione l’insegnamento – riferito più avanti – della CIG nel caso Repubblica democratica del Congo c. Belgio «basato sulla ricognizione di una prassi comune degli Stati che porta all’adozione di norme dirette a costituire un codice di reciproco comportamento, finalizzato al buon funzionamento delle relazioni interstatuali. In questo modo viene definitivamente risolto il problema del rapporto di gerarchia fra le norme internazionali di jus cogens che saranno valutate per il loro effettivo contenuto cogente e non per la loro capacità di sovrastare un presunto principio consuetudinario assoluto di immunità. Si supererà, per altro verso, la obsoleta distinzione fra atti iure imperii e iure gestionis come criterio per valutare l’applicazione o meno dell’immunità dalla giurisdizione».
«Tale distinzione [osserva conclusivamente la Corte] nata in un clima di intensificazione dei rapporti commerciali e al fine di non ostacolare il loro libero esercizio nel contesto internazionale, non può evidentemente spiegare effetti anche nella esclusione dell’applicazione di norme internazionali di jus cogens che sono di per sé vincolanti nei confronti degli Stati, e sarebbe assurdo che non lo fossero nel caso di crimini internazionali lesivi dei valori fondamentali dell’ordinamento internazionale. La distinzione potrà invece continuare ad avere uno specifico significato nell’applicazione di quelle prassi adottate dagli Stati per assicurare lo svolgimento di funzioni e attività che perseguono il loro interesse reciproco e quello della Comunità internazionale».
Nel caso deciso da CIG, 3.2.2013, n. 1438, la Germania propone alla Corte una domanda con la quale chiede tra l’altro di dichiarare che permettendo che siano proposte nei suoi confronti azioni fondate su violazioni del diritto internazionale umanitario commesse dal Reich tedesco nel corso della seconda guerra mondiale, dal settembre 1943 al maggio 1945, la Repubblica italiana ha commesso violazioni dei suoi obblighi giuridici internazionali non rispettando così l’immunità dalla sua giurisdizione, riconosciuta alla Repubblica federale di Germania dal diritto internazionale (punto 15.1).
La Corte dichiara che, secondo una propria consolidata giurisprudenza, essa ha il potere di esaminare di ufficio la questione della sua competenza a decidere di tale domanda, sebbene l’Italia non l’abbia sollevata (punto 40).
Osserva che secondo l’art. 27 della Convenzione del 29 aprile 1957, che nei rapporti tra la Germania e l’Italia è entrata in vigore il 18 aprile 1961, la propria competenza non si estende ai fatti o situazioni anteriori all’entrata in vigore della stessa Convenzione; considera però che la clausola di limitazione ratione temporis non è applicabile nel caso, perché «i fatti o situazioni» che hanno dato luogo alla controversia sottoposta al suo esame sono costituiti dalle decisioni giudiziarie italiane che hanno negato alla Germania l’immunità dalla giurisdizione che essa rivendicava e si tratta nel caso di decisioni adottate tra il 2004 ed il 2011. Considera che se è vero che le liti cui si riferiscono tali decisioni hanno avuto per oggetto il risarcimento dei danni provocati da atti delle forze armate tedesche tra il 1943 e il 1945, la Germania … non si lamenta di ciò che i giudici italiani hanno deciso sul merito delle domande, ma solo del fatto che le sia stata disconosciuta la sua immunità dalla giurisdizione (punto 44).
Dopo aver osservato che se su questo aspetto della questione della sua competenza non sono state sollevate obiezioni, la Corte (punto 45) nota che, al contrario, le parti hanno dibattuto circa la estensione della sua competenza in un contesto tutt’affatto diverso, in particolare sul rilievo da attribuire al fatto che la Germania si sarebbe sottratta al suo obbligo di riconoscere una riparazione alle vittime, italiane e greche, dei crimini commessi dal Reich tedesco tra il 1943 e il 1945. La CIG rileva che, secondo l’Italia, esisterebbe un legame tra tale questione e quella dell’immunità dalla giurisdizione di cui la Germania potrebbe valersi davanti ai tribunali stranieri e ciò in questo senso, che uno Stato il quale si astiene di adempiere al suo obbligo di riparazione verso le vittime di violazioni gravi del diritto internazionale umanitario e che non offre loro alcun rimedio effettivo che permetta loro di chiedere la riparazione cui avrebbero diritto, resterebbe privato dal diritto di invocare la sua immunità dalla giurisdizione davanti ai tribunali del loro Stato.
In risposta ad un’eccezione della Germania, secondo la quale la Corte non avrebbe potuto pronunciarsi su tale questione per essere comunque afferente a fatti anteriori all’entrata in vigore della Convenzione (punto 46), la Corte replica che rientra nella sua competenza determinare se, come sostiene l’Italia (punto 49), l’assenza d’una completa esecuzione da parte di uno Stato «d’une obligation de riparation qui lui incomberait» è suscettibile d’avere un’incidenza, in diritto, sull’esistenza e l’estensione dell’immunità dalla giurisdizione di questo Stato davanti ai tribunali di un altro Stato (punto 50).
Prosegue la Corte col dire: «Il s’agit là d’une question de droit sur laquelle la Cour devra se prononcer en vue de déterminer le droit international coutumier applicable en matière d’immunité des Etats pour le les besoins de la présente affaire»: conclude con l’osservare che in caso di risposta affermativa a tale questione, la seconda consisterebbe nello stabilire se, nelle specifiche circostanze del caso, tenendo conto in particolare del comportamento tenuto dalla Germania sulla questione delle riparazioni, i tribunali italiani avevano sufficienti motivi per non tenere conto della sua immunità.
La Corte costituzionale, nella propria successiva sentenza n. 238/2014 (al punto 3.1) così riassumerà il contenuto della decisione presa dalla Corte internazionale di giustizia: «Con la sentenza del 3 febbraio 2012, la CIG ha affermato che, allo stato, non si rinvengono sufficienti elementi nella prassi internazionale per dedurre l’esistenza d’una deroga alla norma sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati per atti iure imperii relativa all’ipotesi, che ha ritenuto sussistente nella specie, e come ammesso dalla stessa RFG, di crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona. La medesima Corte ha anche espressamente riconosciuto (sentenza, pag. 144, punto 104) – e risulta confermato dalla difesa della RFG, che ha escluso l’esistenza di altri rimedi giurisdizionali a tutela delle vittime dei predetti crimini (replica RFG, 5 ottobre 2010, pag. 11, punto 34) – che il difetto di giurisdizione dei giudici italiani comporta un sacrificio dei diritti fondamentali dei soggetti che hanno subito le conseguenze dei crimini commessi dallo Stato straniero ed ha individuato, sul piano del diritto internazionale, nell’apertura di un nuovo negoziato il solo strumento per definire la questione».
2.1 La l. n. 5/2013
Alla pronuncia della C.I.G. ed in ossequio ad una sua statuizione, ha fatto seguito la l. 14.1.2013,
n. 5, di adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità degli Stati e dei loro beni fatta a New York il 2.12.2014. La legge, con il suo art. 3, ha dettato disposizioni a proposito della «Esecuzione delle sentenze della Corte internazionale di giustizia».
Con l’art. 3 da un lato – al co. 1 – è stato disposto che «quando la Corte internazionale di giustizia, con sentenza che ha definito un procedimento in cui è stato parte lo Stato italiano, ha escluso l’assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione civile, il giudice davanti al quale pende la controversia relativa alle stesse condotte rileva, di ufficio e anche quando ha già emesso sentenza non definitiva passata in giudicato che ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione, il difetto di giurisdizione in qualunque stato e grado del processo», da altro lato, al co. 2, ha stabilito che «Le sentenze passate in giudicato in contrasto con la sentenza della Corte internazionale di cui al comma 1, anche se successivamente emessa, possono essere impugnate per revocazione, oltre che nei casi previsti dall’art. 395 del codice di procedura civile, anche per difetto di giurisdizione civile e in tal caso si applica l’articolo 396 del citato codice di procedura civile».
La l. n. 5/2013 interessa peraltro il tema delle immunità degli Stati e dei suoi organi dalla giurisdizione civile di altri Stati anche sotto altro profilo.
Interessano in particolare il tema delle immunità nello specifico settore oggetto di questo scritto gli artt. 3 e 12 della Convenzione. L’art. 12 intitolato alla «Lesione dell’integrità fisica di una persona o danni ai beni» dispone che «Sempre che gli Stati interessati non convengano diversamente, uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un’azione di riparazione pecuniaria in caso di decesso o di lesione dell’integrità fisica di una persona, o in caso di danno o di perdita di un bene tangibile, dovuti a un atto o a un’omissione presumibilmente attribuibile allo Stato, se tale atto o omissione si sono prodotti, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato e se l’autore dell’atto o dell’omissione era presente su tale territorio nel momento in cui si è prodotto l’atto o l’omissione». Disposizione, quella riprodotta, che appare delineare una regola di responsabilità che direttamente deriva dall’adesione alla Convenzione e la cui applicazione al caso concreto da un lato può essere derogata solo in base ad un accordo tra lo Stato del foro e quello convenuto, dall’altro richiede, perché il giudizio si possa svolgere nel merito davanti al tribunale adito, che l’allegazione dei fatti posti a base della domanda appaia presentarsi come veridica quanto al ricondursi quei fatti allo Stato chiamato in giudizio a risponderne.
Per altro verso, l’art. 3, sui «Privilegi e immunità non pregiudicati dalla presente Convenzione», detta una disposizione che appare restringerne lo spazio nel senso che si è visto profilato nelle sentenze delle sezioni unite e più in particolare della sezione prima della Cassazione richiamate al punto 2. Dispone invero – ai co. 1 e 2 – che: «1. La presente Convenzione non pregiudica i privilegi e le immunità di cui beneficia lo Stato in virtù del diritto internazionale per quanto concerne l’esercizio delle funzioni: a) delle sue missioni diplomatiche, dei suoi posti consolari, delle sue missioni speciali, delle sue missioni presso le organizzazioni internazionali o delle sue delegazioni negli organi delle organizzazioni internazionali o alle conferenza internazionali; e b) delle persone che vi sono assegnate. 2. La presente Convenzione non pregiudica nemmeno i privilegi e le immunità che il diritto internazionale riconosce ratione personae ai capi di Stato».
2.2 Cass. pen. n. 32139/2012
La sez. I penale della Cassazione (Cass. pen., sez. I, 9.8.2012, n. 32139) si è confrontata con la decisione della CIG nell’ambito di un processo promosso contro militari tedeschi che avevano fatto parte quali ufficiali e sottoufficiali del 16° Reparto Ricognitori Corazzati della XVI Divisione S.S., dichiarati responsabili di concorso in violenza con omicidio contro privati nemici per l’eccidio della Fosse ardeatine.
Dopo aver manifestato «perplessità» in relazione alla coerenza della sentenza CIG con i principi generali in materia di interpretazione delle norme, la Cassazione riconosce che occorre prenderne atto «tanto in ragione della sua indiscutibile autorevolezza quanto per i suoi non assenti tratti di persuasività … scrutinandone i riflessi sullo stato del diritto formatosi sulla questione di giurisdizione ad opera delle ampiamente citate pronunzie di questa Corte ed interrogandosi sulla incidenza della decisione sul giudizio pendente in questa sede».
La conclusione cui perviene Cassazione – con una certa amarezza – è che, allo stato, «se è ben vero che non è dato desumere dalla statuizione della Corte internazionale argomenti in grado di sconfessare la persuasività e solidità giuridica dei principi fino ad ora affermati da questa Corte, tale statuizione, nel rammentato quadro di sostanziale isolamento della posizione del giudice italiano, consiglia certamente di valutare le statuizioni del 2004 e del 2008 – espressamente intese come fonti di un contributo “all’emersione di una regola conformativa dell’immunità dello Stato estero” – come un tentativo, dettato da esigenze di affermazione di principi di civiltà giuridica, che, in difetto della sua “convalida” da parte della Comunità internazionale della quale la Corte dell’Aja è il massimo momento di sintesi giurisdizionale, non è stato, o non è stato ancora, fornito della necessaria condivisione, e che, per questa ineluttabile considerazione, non può essere portato ad ulteriori applicazioni».
2.3 Le S.U. nel 2013 e 2014
L’ordinanza S.U., 21.2.2013, n. 42849 resa in sede di regolamento preventivo di giurisdizione chiesto dalla Repubblica federale nel dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano sull’azione proposta contro la stessa Repubblica federale dà conto della decisione già presa sulla questione dalla sez. I penale, cit. È interessante notare che mentre l’ordinanza S.U. n. 4284/2013 perviene alla decisione facendo tra l’altro applicazione della l. n. 5/2013, intanto entrata in vigore il 30 gennaio 2013, Trib. Firenze, 28.3.201210 è già pervenuto alla stessa decisione, sebbene sulla questione di giurisdizione si fosse già formato il giudicato, e lo ha fatto argomentando dalla forza prevalente dell’art. 94 della Carta dell’ONU sulle norme interne relative alla forza del giudicato: considera che ai sensi del citato art. 94 gli Stati membri delle Nazioni unite sono obbligati a conformarsi alla sentenza della CIG, mentre l’art. 11 Cost. consente le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni: considera che «mentre gli artt. 2909 e 324 c.p.c. sono norme aventi valore e forza di legge ordinaria, l’art. 94 della carta Onu ha valore e forza superiore, dal momento che l’art. 11 Cost. eleva a livello costituzionale le norme pattizie che pure possono limitare la nostra sovranità nazionale (qual è senz’altro l’art. 97 cit.)».
Invece, Cass., S.U., 21.1.2014, n. 113611 è pronunziata nel caso Ferrini, in sede di ricorso per cassazione, che la Repubblica federale ha proposto contro la sentenza della Corte d’appello di Firenze che ha accolto la domanda di risarcimento del danno presentata nei suoi confronti.
Le S.U. richiamano la sentenza 3.2.2012 della CIG e applicano l’art. 3, co. 1, l. n. 5/2013: osservano che nessun dubbio di costituzionalità può essere adombrato relativamente alle disposizioni di cui all’art. 3 e osservano che «Lo Statuto della Corte internazionale è norma (derivata) di diritto internazionale; sicché, l’art. 3 della legge n. 5 del 2013 costituisce una norma di adeguamento dell’ordinamento interno a quello internazionale, e, di conseguenza, dà attuazione all’art. 11, secondo periodo, Cost. Non resta dunque a questa Corte che adeguarsi al dettato normativo e dichiarare il difetto di giurisdizione, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata».
La Corte costituzionale – con la sentenza richiamata all’inizio, n. 238/2014 – si è pronunziata sulla questione in questi termini; ha dichiarato:
i) l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 l. n. 5/2013;
ii) l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 l.17.8.1957, n. 848, di esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945, limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3.2.2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona;
iii) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale della norma «prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell’art. 10, primo comma, Cost.» della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., dal Tribunale di Firenze.
Il ragionamento svolto dalla Corte costituzionale presenta questa ossatura.
L’adattamento automatico alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto opera indistintamente, si tratti di norme emerse anteriormente o posteriormente all’entrata in vigore della Costituzione e nei rapporti tra gli Stati spetta alla CIG rilevarne la formazione. Tuttavia l’effetto che sul piano normativo interno risulterebbe dall’operatività dell’art. 10 Cost. non si sottrae al confronto con valori di cui altre norme della Costituzione assicurano la protezione e l’effetto che sarebbe prodotto dall’operatività dell’art. 10 Cost. nel caso concreto ne può risultare paralizzato. È appunto questo che accade a proposito di norme internazionali che, fatte operare nell’ordinamento italiano, produrrebbero, come nel caso, la compressione di diritti inviolabili della persona. Deriva da ciò l’illegittimità costituzionale della norma dettata dall’art. 1 l. n. 848/1957 appunto e solo nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3.2.2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità (punto 4.1.), lesivi di diritti inviolabili della persona e di riflesso e negli stessi limiti quella dell’art. 3 l. n. 5/2013 (punto 5.1.).
Nella scelta operata dalla Corte costituzionale con la sua decisione appaiono decisive le considerazioni che la sentenza espone in due periodi nel § 3.4.
«L’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione del giudice italiano consentita dagli artt. 2 e 24 Cost. protegge la funzione, non anche comportamenti che non attengono all’esercizio tipico della potestà di governo, ma sono espressamente ritenuti e qualificati illegittimi, in quanto lesivi di diritti inviolabili, come riconosciuto, nel caso in esame, dalla stessa CIG e, dinanzi ad essa, dalla RFG (punto 3.1. della sentenza della Corte), ma ciò nonostante sprovvisti di rimedi giurisdizionali, come pure è attestato nella sentenza della CIG, nella parte ove dichiara di non ignorare ‘che l’immunità della giurisdizione riconosciuta alla Germania conformemente al diritto internazionale può impedire ai cittadini italiani interessati una riparazione giudiziaria’ (punto 104), auspicando conseguentemente la riapertura di negoziati».
«Pertanto, in un contesto giurisdizionale contraddistinto dalla centralità dei diritti dell’uomo, esaltatati dall’apertura dell’ordinamento costituzionale alle fonti esterne (sentenza n. 349 del 2007), la circostanza che per la tutela dei diritti fondamentali delle vittime dei crimini di cui si tratta, ormai risalenti, sia preclusa la verifica giurisdizionale rende del tutto sproporzionato il sacrificio di due principi supremi consegnati nella Costituzione rispetto all’obiettivo di non incidere sull’esercizio della potestà di governo dello Stato, allorquando quest’ultima si sia espressa come nella specie, con comportamenti qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, in quanto tali estranei all’esercizio legittimo della potestà di governo».
Con la successiva ordinanza 3.3.2015, n. 30, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale già decise con la sentenza n. 238/2014 mentre Cass., S.U., 6.5.2015, n. 9097, ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione della sentenza n. 11163/2011 chiesta in base all’art. 3 l. n. 5/2013.
1 La si può leggere sul sito www.icj.cij.org. In Foro it., 2013, IV, 389 della sentenza sono pubblicate le massime, con nota di Maltese, D., Azione civile di danno e immunità degli Stati. Considerazioni sulla sentenza 3.2.2012 della Corte internazionale di giustizia.
2 In Giur. cost., 2014, 3853; in Foro it., 2015, I, 1151, nota di Sandulli, A., All’estremo limite dei controlimiti: la Corte costituzionale e l’ordine legale internazionale; un esteso richiamo di contributi dottrinali di commento alla decisione è in quello di Lamarque, E., La Corte costituzionale ha voluto dimostrare di sapere anche mordere, in Questione giust., 2015, fasc. 1, 76 ss.
3 Trib. Firenze, 6.7.2015, nn. 2468 e 2469, in www.questionegiustizia.it.
4 Caponi, R., Dialogo tra corti nazionali e corti internazionali, in Il Libro dell’anno del Diritto 2013, Roma, 2013, 500 e 502.
5 Caponi, R., Immunità dello Stato dalla giurisdizione, negoziato diplomatico e diritto di azione nella vicenda delle pretese risarcitorie per i crimini nazisti, in Giur. cost., 2014, 3908.
6 Cass., S.U., 11.3.2004, n. 5044, in Giust. civ., 2004, I, 1191, con nota di Baratta, R., L’esercizio della giurisdizione civile sullo Stato straniero autore di crimine di guerra; in Riv. dir. int., 2004, 643, con nota di Gianelli, A., Crimini internazionali ed immunità degli Stati dalla giurisdizione nella sentenza Ferrini; in Giur. it., 2005, 250, con nota di De Sena, P. De Vittor, F., Immunità degli Stati dalla giurisdizione e violazione dei diritti dell’uomo: la sentenza della Cassazione italiana nel caso Ferrini; in Foro it., 2007, I, 936.
7 In Foro it., 2009, I, 1568.
8 V. supra, nt. 1.
9 In Foro it.,2013, I,2526,e in Corr. giur.,2013, 574,nota Carbone, V., Diritti inviolabili della persona e principio di sovranità.
10 In Foro it., 2013, I, 2529.
11 In Giur. it., 2014, 862, con nota di Corleto, M., In tema di esecuzione della sentenza della C.I.G. e tutela dei diritti fondamentali.