Voce, La
Rivista di cultura fondata a Firenze nel 1908 da G. Prezzolini, pubblicata dal dic. 1908 al dic. 1916, dapprima con periodicità settimanale, poi (1914) quindicinale. Fu diretta dallo stesso Prezzolini (eccettuato un breve periodo, apr.-ott. 1912, in cui la direzione passò a G. Papini), quindi (dic. 1914) da G. De Robertis; tra il maggio e il dic. 1915 ne apparve un’edizione strettamente politica (14 numeri) diretta da Prezzolini e poi da A. De Viti De Marco. Alla rivista si affiancò la Libreria della Voce, che pubblicò numerosi volumi e specialmente «quaderni», di natura sia critico-storica, sia creativa. Nata nel fervore del rinnovamento culturale promosso all’inizio del Novecento da B. Croce, con l’intento d’impegnare le nuove forze intellettuali in un’opera comune di accertamento critico della realtà italiana, di revisione di valori, di ridefinizione dei rapporti fra cultura e vita civile, prese posizione contro il tardo positivismo, ma in essa, con le correnti idealiste e con quelle di uno spiritualismo laico, s’incontrarono o interferirono altre di assai diversa origine o direzione: pragmatiste, intuizionistiche, irrazionalistiche, misticheggianti o sensualmente egocentriche (di un soggettivismo ancora superumano e nietzschiano). I nomi stessi dei principali collaboratori stanno a testimoniare questa eterogeneità di provenienze, di interessi, di indirizzi, che successivamente sarebbe esplosa in inconciliabili antinomie: B. Croce e G. Gentile, G. Salvemini e G. Amendola, R. Murri e S. Minocchi, G. Papini e S. Slataper, A. Soffici e P. Jahier, E. Cecchi e G. Boine, R. Serra e C. Rebora. Nondimeno, in un primo periodo (1908-11), il permanere ancora relativamente in sordina di quelle antinomie rese possibile un lavoro d’insieme ampio e fecondo, come quello che Salvemini promosse sul problema del Mezzogiorno e sulle connesse questioni del suffragio universale, dell’analfabetismo e dell’organizzazione della scuola, della cultura popolare ecc. Né meno utile, nel campo estetico, fu l’attenzione dedicata a movimenti artistico-letterari stranieri. In seguito quelle antinomie, in cui si riflettevano la crisi e il travaglio dell’Italia giolittiana, si approfondirono in maniera insanabile, fino a provocare rotture (Salvemini lasciò La V. per fondare L’Unità alla fine del 1911; Papini e Soffici se ne allontanarono nel 1913 per fondare Lacerba) e aperti dissidi (fra Croce e Gentile, fra Prezzolini e Boine). Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Prezzolini, schieratosi apertamente per l’intervento dell’Italia, lasciò La V., che, sotto la direzione di De Robertis, si trasformò in rivista esclusivamente letteraria, accogliendo i nomi degli scrittori più «nuovi», da A. Panzini ad A. Palazzeschi, da D. Campana ad A. Onofri, da C. Sbarbaro a G. Ungaretti.