LABIRINTO
L'origine del nome (gr. λαβύρινϑος, lat. labyrinthus) rimane tuttora non chiara. Il suffisso -ινθος, proprio dei nomi preellenici e di ambiente mediterraneo, lo denuncia come non greco, ma gli accostamenti tentati con parole di origine anatolica come il lidio λάβρυς "ascia" o come il licio laβra o il lidio lap(i)risa "pietra" o "costruzione in pietra" (v. anche il toponimo cario λάβρανδα, con l'epiclesi di Zeus λαβρανδεύς e forse il greco λάυρα) rimangono allo stato di ipotesi. Un nuovo elemento di ricerca è dato dai testi micenei di Cnosso che, con la forma da-pu2-ri-to- (daburintho-) anticipano di molti secoli la documentazione di questo termine altrimenti attestato a partire solamente da Erodoto. Anche lo scambio d/l si rivela come un fatto proprio del sostrato microasiatico e mediterraneo in genere, senza che, d'altra parte, sia più lecito dubitare della seriorità della forma con la liquida iniziale.
All'ambiente mediterraneo ci riconduce anche il mito che narra del L. come edificio di Cnosso, costruito da Dedalo per Minosse re di Creta (Paus., i, 27, 10; Dio Chrys., Or., 8o, p. 668; Philostr., Vit. Apoll., iv, 34; Plin., Nat. hist., xxxvi, 13, 84 ss.; Apoll., iii, 1, 4, 4; 15, 8, 9; Hyg., Fab., 40), su modello di quello egiziano (Diod., i, 61; Plin., Nat. hist., xxxvi, 13, 85; Hecat., in Schwartz, in Rhein. Mus., xl, 1885, 227). Con il L. è collegato il Minotauro (Apoll., Ep. Vat., i, 9; Pherecid., Schol. Hom., Od., xi, 320 = Fr. Hist. Gr., i, 97, frg. 106; Euripid., in Plut., Thes., 15; Diod., iv, 77), la sua uccisione da parte di Teseo entrato nel L. con l'aiuto del filo (Apoll., Ep. Vat., i, 9; Frg. Sabb., 183, 36; Plut., Thes., 19; Pherecid., Fr. Hist. Gr., i, 97, frg. 106; Eustath., Schol. Hom., Il., 1688, 37) o della corona luminosa donatagli da Arianna, per liberare Atene dal tributo di 7 fanciulli e altrettante fanciulle, imposto da Minosse in riparazione della morte di suo figlio Androgeo, avvenuta in Attica (Hellan., Fr. Hist. Gr., i, 54, frg. 73; Pherecid., Fr. Hist. Gr., i, 359, frg. 106; Philocor., Fr. Hist. Gr., i, 391, frg. 40; Cleidem., Fr. Hist. Gr., i, 359, frg. 5; Daimon, Fr. Hist. Gr., i, frg. 3; cfr. Plut., Thes., 19).
Le fonti attribuiscono al L. un carattere di particolare complessità: è difficile entrarvi, ma impossibile uscirne (Plat., Eutim., 291 b; Ov., Met., viii, 158, 167; Call., Inno Del., 4, 311; Apoll., iii, 15, 8; Schol. Eurip., Ippol., 887; Diod., iv, 77; Verg., Aen., v, 558 ss.; vi, 27, 29 ss.; Plin., Nat. hist., xxxvi, 85; Sen., Ep. Mor., xliv, 7). Sofocle, pr. Frinico (Bekkers, Anekd., i, 20, 27) ci parla del L. come di un edificio senza copertura: ἀχανές. τὸ μὴ ἔχον στέγην ἢ ὄροϕον. ἐπὶ τοῦ Λαβυρίνθου.
La leggenda di Teseo e dei fanciulli che venivano uccisi dal Minotauro fu già oggetto di critica nell'antichità: Aristotele pensa che il L. fosse una prigione e che i giovanetti venissero tratti in schiavitù (Arist., pr. Plut., Thes., 16; Cleidem., Fr. Hist. Gr., i, 359, frg. 5; Dio Chrys., Or., 71, p. 626; Philoc., Fr. Hist. Gr., i, frg. 38; Plut., Thes., 19; Euseb., Fr. Hist. Gr., i, 390, frg. 3939; Sincell., 163 C; Paus., ii, 31, 1).
L'identificazione del L. con il palazzo di Cnosso fu proposta dallo Evans che accostava λάβρυς a L., definendolo "Casa della Bipenne", confortato dal rinvenimento di numerosissime asce votive, anche dipinte e incise per ogni dove nell'edificio. Che il complesso dei palazzi cnossi siano il L. pensano anche lo Hall ed il Karo. Oltre a questi anche il Becatti, ma mentre il Karo vi perviene tramite l'esame della tradizione letteraria e del materiale figurato (pur respingendo l'idea dell'Evans che l'affresco di Cnosso rappresenti il L. e che i tipi monetali del IV sec. a. C. di Cnosso siano una sicura discendenza dei sigilli minoici), il Becatti vi giunge in base allo studio della personalità di Dedalo come architetto, e pensa che "la schematizzazione (del L.) ben si connette alla pianta del palazzo di Cnosso". Mediante lo studio dei dati linguistici e cultuali e sul raffronto di Labranda in Caria e di L., il Pugliese Carrateffi arriva a considerare il L. come "un complesso di opere murarie (in pietra), aedes" e quindi ad attribuire questo termine ai palazzi cretesi. Luogo ipogeo e con costruzione sovrastante, tomba o cella della divinità, è il L. per il Gallavotti, e l'idea di complessità gli appare secondaria e posteriore ma, ciononostante, identifica il L. nel palazzo di Cnosso inteso come sede sacra del dio e reggia del sovrano.
Al L. si collega il γέρανος (Dicearc., in Plut., Thes., 21; Call., Inno Del., 307 ss.; Poll., iv, 101; Paus., v, 19, 1; Trifiod., 352 ss.) la danza collettiva che Teseo ed i fanciulli liberati avrebbero fatto a Delo, per l'esultanza della buona riuscita dell'impresa, e che imitava nelle sue figure gli andirivieni dei corridoi e le sinuosità dei percorsi del Labirinto. Il suo nome "danza delle gru", derivava dal modo di volare delle gru, l'una dietro all'altra. Omero nella descrizione dello scudo di Achille fabbricato da Efesto (Il., xviii, 590 ss. e Schol.) parla di un χορός che potrebbe corrispondere al γέρανος. Secondo alcuni studiosi, come il Bethe, il χορός era originariamente il L., cioè il luogo della danza, passato poi ad indicare il luogo dove si trovava il Minotauro. Della stessa opinione sono il Buedinger ed il Reichel, mentre lo Humborg lo nega vigorosamente, e con lui lo Schaefer.
Anche il Ludus Troiae (Verg., Aen., v, 580 ss.), gioco funebre dei fanciulli troiani con Iulo a capo, in onore del defunto Anchise, e poi usuale a Roma, viene connesso con il L.; specie in base alla figura della oinochòe della Tragliatella in cui compare la specificazione truia dentro ad un L. circolare mentre accanto vi sono dei cavalieri armati: il Benndorf anzi considera una medesima cosa il χορός, il Ludus Troiae romano ed il truia italico. Tale identità è stata riconfermata in un recente studio di C. Gallini. Il Cagiano de Azevedo è dello stesso avviso, attribuendo a Virgilio la falsa etimologia di truia da Troia anziché da redantruare e quindi la falsa connessione con la città anatolica.
Due testimonianze ci ricordano come il L. era considerato anche un ambiente naturale, cioè un complesso di grotte (Hesych., Lex., ed Etym. Magnum, s. v.).
Del parere che il L. fosse ‛un parto della fantasia' specie dei poeti e degli storici attici è lo Stoll, almeno per il L. inteso come edificio; in questo concorda, almeno in parte, con lo Hoeck che, in base all'esame della tradizione letteraria (Omero ed Esiodo ignorano il L., per quanto il primo parli del χορός di Arianna; Erodoto descrive il L. egiziano - identificato nel tempio funerario di Amenemḥēt III a Hawārah [v.], di forma quasi quadrata che consta di una serie di cortili separati e collocati l'uno a lato dell'altro, secondo uno schema unico nei templi funerarî egiziani - ma non accenna affatto a quello cretese) e dall'esistenza nell'isola di numerose grotte, alcune delle quali adibite a luoghi di culto (Psychrò, Kamares, Amnisos, Archalochori), giunge alla conclusione che furono i culti locali e la saga di Teseo, attica e non cretese, a produrre in età più tarda l'edificio, mentre il nome in origine era generico e designava appunto gli spechi sacri. Il Preller è addirittura più radicale e pensa ad "una allegoria del cielo stellato" identificando il Minotauro con il dio del sole e Pasifae con la dea della luna. Anche secondo lo Hoefer il L. come edificio vero e proprio sarebbe un'invenzione del mito.
Alcuni autori tardi reputavano che il L. fosse a Gortyna, sempre in Creta, dove per altro esiste tuttora un complesso di caverne in parte adattate dalla mano dell'uomo (Claudian., VI cons. Honorii, 634; Cedrenus, p. 122 C).
Il L. inteso come grotta o complesso di caverne è una ipotesi che incontra molti consensi: dal Rouse che respinge la tesi dell'Evans, al Diels che vi giunge attraverso lo studio delle antichissime credenze religiose ed al rituale delle popolazioni mediterranee (come fa anche il Müller, se pure per altra via ed in base ad altri indizî), al Guentert per ragioni linguistiche e per paralleli con il culto di Zeus Labrandeus in Caria, ed infine al Cagiano de Azevedo che arriva alla conclusione che il L. fosse un luogo ipogeo, oscuro e tortuoso, cioè una caverna sacra, un luogo di culto delle popolazione litiche e come tale non unico né propriamente cretese, ma meglio mediterraneo (cfr. l'ipogeo di Hai Saflieni in Malta).
Del resto il nome di L. non è appannaggio della sola Creta: a prescindere da quello egiziano, erano detti L. quelli οἰκοδομητοί dentro alle grotte "ciclopiche" di Nauplia (Strab., viii, 373), e quello costruito di Lemno, grandioso con 150 colonne, opera degli architetti Smilis, Rhoikos e Theodoros, le cui rovine erano ancora visibili nel I sec. d. C. (Plin., Nat. hist., xxxvi, 90 ss.). Anche in Etruria ve ne era uno: a Chiusi nel sotterraneo del monumento funebre di Porsenna, ma in questo caso è chiaro che il termine è usato sicuramente in maniera generica (Varro, in Plin., Nat. hist., xxxvi, 91, 3).
Il L. quale noi siamo soliti considerare graficamente ha origini antichissime. Può darsi che non abbia, almeno in origine, alcun rapporto con il L. (Heller), o che sia la schematizzazione della pianta del palazzo di Cnosso (Becatti), o che indichi il mondo infero (Kerényi): ad ogni modo già nel XIII sec. in ambiente miceneo esistevano e la rappresentazione usuale (a Pilo) e la testimonianza scritta di una Potnia del L. e quindi del L. stesso. Dal momento che la saga di Teseo e del Minotauro è una delle più rappresentate nella ceramica attica del V e del IV sec. era ovvio che il L. in qualche maniera venisse indicato: così nella ceramica a figure nere è rappresentato da un βήμα con decorazione di meandri e altri motivi, mentre nella ceramica a figure rosse dall'ornamentazione dello stipite di una porta con meandri e scacchi alternati. Si veda a questo proposito la coppa di Aison al British Museum (Wolters, a cui obietta lo Elderkin). Che il meandro sia in qualche modo connesso con il L. è possibile; si vedano ad esempio le monete di Cnosso in cui la figura del Minotauro è circondata da una cornice quadrata formata da un meandro continuo, e la decorazione a rilievo del soffitto di una scala nel santuario di Didyma a Mileto, nei cui rendiconti vengono citati i corridoi sotterranei con il termine tecnico di Labirinto.
I tipi fondamentali cui si può ricondurre la nostra rappresentazione in pianta sono due: quello circolare e quello quadrato rettangolare. Ambedue possono avere numerose soluzioni, ma sempre si deve avere una entrata ed una uscita al centro della figura, e occorre percorrere tutti i corridoi per giungere alla mèta, e sempre la costruzione della figura è la medesima, partendo cioè dalla croce con quattro segmenti curvi o spezzati nel mezzo degli angoli formati dai bracci, e con quattro punti nella parte interna di questi segmenti (Gibson, Heller).
Il tipo quadrato, come si è detto, è il più antico, almeno per ora: la prima rappresentazione è sul retro di una tabella di Pilo (Cn 1287) e non ha alcun rapporto con il testo dell'altra faccia in caratteri della "lineare B" (v. minoico-micenea, arte: Le scritture); ne abbiamo un'altra su una tegola dell'acropoli di Atene del VI sec., numerose e varie sui tipi monetali di Cnosso indipendente e dell'Attica, del IV secolo. Su questi compare anche una rappresentazione del L. a forma di svastica, e che si tratti proprio del L. ne è prova la figura del Minotauro, sulla faccia opposta della moneta.
Il tipo rotondo è attestato solo dalla fine del VII sec.: sulla oinochòe della Tragliatella, in ambiente etrusco-italico, notevole per la dicitura truia; sulle monete di Cnosso ma non più tardi della fine del III secolo (Eilmann). Il L. circolare è comune anche in altre zone dell'Europa: in Cornovaglia ve ne sono due esempî incisi su una roccia (Qibson), uno in Irlanda assai grande sulla Hollywood Stone, ora al museo di Dublino, altri in Finlandia, presso Borgo e a Wisby nell'isola di Gothland, numerosi costruiti in pietra o massi nella isola di Wier e nella penisola di Lapponia, nel golfo di Finlandia (Matthews), ed uno inciso su roccia presso Pontevedra nel N-O della Spagna. Sia quelli incisi, sia quelli costruiti potrebbero essere dell'Età del Bronzo, ma questa rimane una semplice ipotesi perché non vi è alcuna base sicura su cui appoggiarsi. È comune anche fra alcune tribù indiane dell'America settentrionale, ma anche in questo caso non possiamo dire niente con sicurezza perché potrebbe essere stato importato dai missionari cattolici alla fine del 16oo, dato che era un elemento della cultura allegorico-religiosa del tempo.
A Pompei abbiamo un graffito che, accanto alla figura del L., di tipo quadrato, ha l'iscrizione Labyrinthus: hic habitat Minotaurus: è questa la prima volta in cui il L. delle fonti letterarie è accoppiato sicuramente alle figurazioni, se si prescinde dalle monete cnossie. Siamo però in ambiente ellenistico-romano ed il L. è già entrato a far parte del repertorio dei mosaicisti. Al centro si può avere un semplice motivo a scacchi come a Pompei (viii, ii, 16), oppure Teseo ed il Minotauro (mosaici di Pompei, Casa del L., vi, xi, 10; Cormerod, S. Agatha in Petra Aurea, Salisburgo), o il solo Minotauro (mosaici di Conimbriga, Pamplona, Sousse). Non è improbabile che la possibilità di usare in uno stesso pavimento il tessellatum per il L. ed il vermiculatum per la figurazione centrale abbia contribuito alla vasta diffusione del motivo (Gauckler). Certo è che troviamo un considerevole numero di mosaici con L., dalla fine della Repubblica fino ai III sec. d. C., in Italia, Spagna, Gallie ed Africa settentrionale. Il L. quadrato è un tipo che si incontra con più frequenza certamente per la maggiore facilità di esecuzione rispetto al tipo circolare (rispettivamente 13 e 5) che deve essere sempre inscritto in un quadrato. Assai spesso una decorazione di mura con torrioni circonda il L.: lo troviamo già a Pompei nella Villa di Diomede, e diviene un abbinamento caratteristico nel II sec. d. C. (Blake). Si vedano i mosaici di Italica, Conimbriga e Pamplona in Spagna; Taormina, Ostia e Brindisi in Italia; Orbe, Vaud, Cormerod nelle Gallie. Caratteristico è quello di Salisburgo dove la schematizzazione della muraglia con i merli è rivolta all'interno anziché verso l'esterno come di consueto. Giova qui ricordare Plinio (Nat. hist., xxxvi, 85) che cita le rappresentazioni dei pavimenti ed i giochi dei fanciulli: il L. come decorazione musiva doveva essere cosa usuale anche se a noi non sono giunti che un numero relativamente basso di esempî, 25 in tutto.
Dal IV sec. in poi il L. entra nel repertorio dei motivi musivi cristiani: l'esempio più antico è quello della basilica di S. Reparatus, ad Orléansville in Tunisia, del 328 circa: al centro un'iscrizione crittografica, Sancta Eclesia, raddoppia la tortuosità del percorso (il L. è qui costruito con quattro quadrati) per giungere al centro. Nell'alto Medioevo il L. si sposa con la simbologia cristiana allegorica e sta a significare le prove molteplici cui deve sottostare l'anima del vero credente prima di giungere alla Gerusalemme Celeste, e concetti analoghi. Col nome di dedalus diventa un motivo ornamentale più che usuale specie in Francia ed in Italia dove se ne conoscono circa 25 esemplari.
Monumenti considerati. - L. quadrato. - Tabella di Pilo, Cn 1287 rev., XIII sec.: Am. Journ. Arch., 1958, tav. 46. Tegola dell'acropoli di Atene, V sec.: E. Buschor, Tondaecher der Akrop., i, 45 s., K 108. Monete di Cnosso e dell'Attica: J. N. Svoronos, Numism. de la Crète anc., i, tav. iv-viii, p. 65 ss.; E. Babelon, Traité de monn. grecq., ii, 3, tav. 249 ss., p. 938 ss.; W. Wroth, Cat. of Coins of Crete in Br. Museum, tav. 5 ss., p. 18 s. Graffito di Pompei con iscrizioni: R. Museo Borbonico, 14, tav. 9; J. Overbeck, Pompeji, p. 318; Dict. Ant., iii, 2, p. 883, s. v. Mosaico di Pompei, Villa di Diomede: M. Blake, in Mem. Amer. Acad. Rome, viii, 1930, p. 83; Roux-Barré, Herc. et Pompei, V Peint., vi S., tav. iv. Mosaico di Pompei, vi, xi, 10, Casa del Labirinto, ellenistico: M. Blake, art. cit., p. 83, tav. 19, 3. Mosaico di Pompei, viii, ii, 16, ellenistico: M. Blake, art. cit., p. 83, tav. 19, 1. Mosaico di Taormina ora al museo di Siracusa, antonino: M. Blake, in Mem. Amer. Acad. Rome, xiii, 1936, p. 92; p. 189; P. Orsi, in Not. Scavi, 1920, p. 342, fig. 26. Mosaico di Conimbriga, Spagna, II sec. d. C.: J. M. Bairrão Oleiro, in Arch. Esp. Arqueol., xxiv, 1951, pp. 47-52; K. Parlasca, Die roem. Mos. in. Deutschl., 1959, p. 130, n. 16. Mosaico di Ostia, Pal. Imperiale, seconda metà II sec. d. C.: M. Blake, art. cit., p. 92; L. Paschetto, Ostia colonia romana, Roma 1912, p. 413. Mosaico di Brindisi ora al Museo di S. Giovanni al Sepolcro: M. Blake, art. cit., p. 92; G. Tarantini, in Not. Scavi, 1884, pp. 225-6; A. Vinaccia, Mus. di Brindisi, p. 5. Mosaico di OrléansVille, basilica di St. Reparatus, del 328 circa: F. Cabrol, in Dict. Arch. Chrét., viii, i, s. v., fig. 6549; S. Gsell, in Mon. Ant., ii, pp. 239-40; id., in Rev. Arch., 1848, tav. iv, 78. Mosaico di Caerleon-on Usk: W. H. Matthews, Mazes and Labyrinths, 1922, p. 42; O. Morgan, Proc. Mon. and Caerleon Ant. Ass'n, 1866. Mosaico di Orbe, Collezione di Vaud, Svizzera: Inv. Mos. Gaule et Afr., i, i, n. 340; Compt. Rend. Ac. Inscr., 1894, p. 97, 103. Mosaico di Sousse, Tunisia: Inv. Mos. Gaule et Afr., ii, n. 187; Compt. Rend. Ac. Inscr., 1892, p. 303, 318 ss.; S. Reinach, Rép. Peint., 214, 1. Mosaico di Les Mas Foulc, Gard: Inv. Mos. Gaule et Afr., i, i, n. 341; Compt. Rend. Ac. Inscr., 1894, p. 97, 103. Mosaico di Salisburgo: Arneth, Arch. Analekten, 1851, atlas, tav. v; A. Boettinger, Salzburger Mosaik Fussboden, Kl. Schrift., ii, p. 284 ss.; Dict. Ant., iii, 2, 2100, fig. 5240.
L. circolare. - Oinochòe della Tragliatella, Roma, Collezione Tittoni, fine VII sec.: Ann. d. Inst., 1881, p. 160, tav. LM; G. Q. Giglioli, in Studi Etr., iii, 1929, p. 111; C. Gallini, Potinija Dapuritoio, in Acme, xii, 1959, p. 149 ss. Thòlos di Epidauro: F. Noack, in Jahr. des Inst., xlii, 1927, pp. 75-79; F. Robert, in Rev. Arch., 1937, pp. 240-243. Incisioni della Cornovaglia e dell'Irlanda: A. Gibson, in Ill. Lond. News, 9 genn. 1954, pp. 46-7. L. di pietre e massi ed incisioni, Isola di Wier, Penisola di Lapponia, Finlandia: W. H. Matthews, op. cit., p. 148. Monete di Cnosso, II sec. a. C.: J. N. Svoronos, op. cit., tav. vi, 18; Wroth, op. cit., tav. vi, 5. Gemma, cornalina a intaglio: F. Gori, Mus. Fiorentino, ii, 35, 1; S. Reinach, Pierres gravées, Parigi 1895, tav. 56, 35. Mosaico di Baugy, (Cantone di Vaud, Svizzera): Inv. Mos. Gaule et Afr., 1, 2, n. 1366; F. Troyon, in Mém. et docum. de la Soc. d'hist. de la Suisse Romande, xxv, 1868, p. 512. Mosaico di Cormerod, Friburgo ora al museo di Friburgo: Inv. Mos. Gaule et Afr., i, i, n. 1414; K. Parlasca, Die roem. Mos. in Deutschl., 1959, p. 131; S. Reinach, Rép. Peint., 214, 4. Mosaico di Pamplona, ora al museo di Coimbra: Ars Hisp., 2, 1947, p. 29, fig. 13. Mosaico di Verdes, Loiret-Cher, ora al museo di St. Nazaire: F. Cabrol, Dict. arch. Chrét., viii, i, s. v.; Inv. Mos. Gaule et Afr., i, 2, n. 952; W. H. Matthews, op. cit, fig. 35. Mosaico di Vienne, Isère, ora al museo di Lione: Inv. Mos. Gaule et Afr., i, i, n. 174; Rev. Arch., 1858, p. 187-88.
L. poligonale. - Fontana ottagonale del Palazzo Imperiale sul Palatino, Roma: Not. Scavi, 1929,tav. 2; G. Lugli, Roma Antica, 1946, pp 490-1.
Greca ad avvolgimento multiplo. - Mosaico di Tigzirt, basilica, Algeria: Inv. Mos. Gaule et Afr., iii, n. 340; Gavault, Etudes sur les ruines rom. de Tigzirt, p. 53-6, fig. 13.
L. non classificati. - Mosaico di S. Agatha in Petra Aurea, Roma, adrianeo: M. Blake, in Mem. Amer. Acad. Rome, xiii, 1936, pp. 144, 186. Mosaico di Italica, Spagna: Mem. Exc., 127, 1933, 7, 19, tav. 5 a, 27. Mosaico di St. Colombe, Rhône: Inv. Mos. Gaule et Afr., i, i, n. 234; Savigné, Hist. de St. Colombe, 1903, p. 192. Mosaico di Aix, provincia di Marsiglia: W. H. Matthews, op. cit., p. 142. Mosaico di Northamptonshire, Inghilterra: W. H. Matthews, op. cit., p. 42. Mosaico di Harpham, East Riding, Yorkshire, Inghilterra: W. H. Matthews, op. cit., p. 42. Meandro del Didimeo, Mileto: Haussoulier, Didymes, p. 93; Rév. de Phil., 1905, p. 265; Th. Wiegand, in Abh. Akad. Berlin, 1908, p. 35; 1911, p. 49. Didracma di Cnosso, con cornice a meandro: Sallets, in Ztschr. f. Numism., vi, p. 232; A. Baumeister, Denkm., p. 945, n. 1059; J. N. Svoronos, op. cit., tav. iv, 30, 11. Affresco di Cnosso, con meandro a catena: A. J. Evans, Palace of Minos, i, p. 357. Moneta di Cnosso, con rappresentazione del L. a forma di svastica: J. N. Svoronos, op. cit., tav. iv, 23, 1; 24, 3; 25, 4; v, 2, 19.
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