Vedi LACCA dell'anno: 1961 - 1995
LACCA (v. vol. IV, p. 442)
p. 442). Cina. - I testi cinesi tramandano che la L. era già in uso nel periodo preistorico, all'epoca del sovrano predinastico Shun e del successore Yu, fondatore della dinastia Xia (c.a XXI-XVI sec. a.C.). Nello Shijing («Libro delle Odi») del IX sec. a.C. si accenna alla L. parlando della decorazione degli strumenti musicali; nello Shujing («Libro dei Documenti»), compilato nel IX sec. a.C., si racconta che il leggendario sovrano Shun adoperasse piatti di legno laccato e che per i sacrifici si servisse di vasi rituali di legno laccati in nero all'esterno e rossi all'interno; nel Zhou Li («Rituale dei Zhou»), opera del IV o III sec. a.C., i riferimenti all'impiego della L. sono molteplici, dagli archi e frecce ai finimenti, ai veicoli, ecc. Successivamente anche il filosofo Han Feizi (morto nel 233 a.C.) riporta che il vasellame di cui il sovrano Yu faceva uso era laccato esternamente in nero e internamente in rosso.
Le L. più antiche giunte fino a noi sono state rinvenute, tra la fine del 1973 e gli inizi del 1974, nel villaggio di Hemudu nel distretto Yuyao nella provincia meridionale del Zhejiang. La cultura di Hemudu è la più antica tra le culture del basso corso del fiume Yangzi, databile intorno al VI millennio a.C., corrispondente grosso modo a quella di Yangshao nella provincia dello Henan. Tra gli oggetti portati alla luce a Hemudu, il più interessante è una ciotola di legno rivestita da un sottile strato di pittura rossa che, all'analisi spettroscopica, si è rivelata simile agli esemplari in L. provenienti da una tomba del II sec. a.C. scoperta a Mawangdui (v.). Scavi effettuati nel 1973 a Taixicun nello Hebei hanno portato alla luce vasellame di legno con L. dipinta prodotto durante la dinastia Shang (c.a 1600-1100 a.C.) tra il XIII e il XII sec. a.C. Anche le tombe dei sovrani Shang, databili tra il XII e l'XI sec., situate a Xibeigang, a NO della capitale An'yang nella provincia dello Henan, presentano nella camera sepolcrale decorazioni di legno laccato in rosso con intarsi di conchiglie e altri materiali. Molte tombe del periodo Zhou (c.a 1100-771 a.C.) hanno restituito vasellame di L. simile a quello di epoca Shang. Un importante sviluppo in questo tipo di artigianato avviene durante il periodo degli «Stati Combattenti» (475-221 a.C.), in particolare nello stato di Chu, dalle cui tombe sono stati recuperati un gran numero di oggetti sia di uso quotidiano (tazze con manici, piatti, cucchiai, recipienti per vino, calici, scatole per cosmetici, ecc.) sia strumenti musicali, arredi funerari, archi, frecce, guaine di spade, scudi, mobili, pannelli, ecc. Gli scavi sono stati effettuati a Jiangling, Yunmeng, Suiju e altre località della provincia dello Hubei e a Changsha nello Hunan, uno dei più importanti centri di produzione della lacca.
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(L. Caterina)
Di notevole rilievo sono ritrovamenti di epoca Han (206 a.C.-220 d.C.), soprattutto dalle tombe di Mawangdui a Changsha, databili tra il 174 e il 145 a.C. Nella tomba ι di Mawangdui sono stati recuperati oltre 180 reperti di L. tra vasellame e mobili. Questa è usata soprattutto per l'arredo funerario; le bare, di numero variabile e sistemate le une dentro le altre, sono decorate esternamente con dipinti in L. policroma su fondo alternativamente rosso o nero. I colori sono luminosi con prevalenza di rosso su fondo nero, ma sono utilizzati anche il grigio, il bianco, il giallo, ecc., mentre lo schema decorativo privilegia disegni di nuvole, spirali e animali. Gli oggetti sono di legno, cuoio oppure di L. secca o jiazhu, ottenuta mediante strati di stoffa imbevuti di L., tecnica che diventa popolare a partire dal IV secolo. Grandi manifatture a gestione governativa specializzate nella produzione di L. destinate alla casa imperiale e all'aristocrazia esistono, all'epoca degli Han Occidentali (206 a.C.-24 d.C.), nella provincia del Sichuan, nella zona a E del Fiume Giallo e nella capitale Chang'an. Sembra che già in questo periodo si arricchisse la decorazione dipinta con intarsi metallici, prevalentemente in argento. Tale tecnica, nota come pingtuo, diventa di moda e conosce un grande sviluppo nell'epoca Tang (618-907); si producono oggetti di lusso, di cui restano soprattutto specchi, eseguiti con intarsi in oro, argento, madreperla su uno strato di L. nera. Sottili fogli d'oro, argento, rame o madreperla, decorati con motivi varî, si fissano con mastice su alcune zone della superficie di oggetti laccati; poi sull'intera superficie si passano due o tre mani di L. del colore di fondo e, quando è sufficientemente indurita, si lucida la superficie finché emergono i disegni a intarsio sul fondo laccato.
Un'altra tecnica di epoca Tang è la L. scolpita (diaoqi), in cui si stendono sull'oggetto parecchie decine di strati di L. e, quando quello più esterno si è indurito, si incide profondamente fino a toccare l'ultimo strato. Questa tecnica viene chiamata tihong quando si adopera solo la L. rossa; tihuang se la L. è gialla, tihei se nera e ticai se i colori sono diversi. Interessanti sono pure le L. provenienti dalla provincia dello Yunnan, governata nel periodo Tang dal regno sud-orientale chiamato Dali, il cui esercito, dopo l'invasione del Sichuan, aveva preso prigionieri alcuni dei più famosi laccatori della zona. In tal modo si sviluppa, nel regno di Dali, un artigianato della L. di tradizione Tang.
Una classificazione dei varî tipi di L. è fornita dal trattato Gegu yaolun («Studi fondamentali delle antichità»), scritto nel 1388 da Cao Zhao.
Dalla Cina l'arte della L. si trasmette in Corea, in epoca Han. Successivamente, al tempo della riunificazione operata dal regno di Siila (668-935 d.C.), si sviluppa una tradizione artistica originale che raggiunge la piena maturità durante la dinastia Kŏryŏ (918-1392) con le L. a fondo scuro, intarsiate in madreperla, tartaruga, corallo, bronzo, molto simili ai famosi celadon intarsiati.
Giappone. - Il termine giapponese kanshitsu (letteralmente «L. secca») indica la tecnica, usata generalmente nella scultura ma anche in altri campi delle arti minori estremo-orientali, che consiste nel modellare varí strati di L. coagulati su pezze di canapa applicate attorno a un nucleo originario in legno o creta. Nota in Cina fin dalla dinastia degli Han Occidentali (206 a.G-24 d.C.) con il nome di jiazhu (giapponese kyōcho, letteralmente «canapa pressata»), appare in Giappone intorno al periodo di Nara (710-794) designata con il termine soku, scritto con due differenti caratteri che significano «adattare» e «riempire». Il termine kanshitsu, relativamente recente, usato dapprima per le sculture in L. secca, è stato in un secondo momento esteso anche alla fabbricazione di oggetti artigianali. I più antichi reperti di questa tecnica, risalenti alla dinastia degli Han Occidentali, sono alcuni frammenti di sarcofagi rinvenuti a Yanggao nello Shanxi, varie coppe e stoviglie in L. della colonia cinese di Lolang (108 a.C-313 d.C.), nella Corea settentrionale. Le prime immagini eseguite in kanshitsu risalirebbero, secondo le fonti cinesi, alla dinastia dei Jin Orientali (217-419 d.C.), anche se nessun esemplare di scultura buddhistica cinese in L. secca, precedente il periodo Tang (618-907), è giunto fino a noi. Uno degli esempì più antichi di scultura cinese in questa tecnica è ritenuto, infatti, il Buddha stante della Freer Gallery di Washington, databile al IX secolo. Sembra che l'origine del jiazhu in Cina fosse legata alla produzione di immagini commemorative a grandezza naturale che, per la loro leggerezza, rispetto a esemplari in metallo, pietra o terracotta, potevano essere facilmente utilizzate nelle cerimonie pubbliche civili o religiose. Scarse sono le notizie di questa tecnica in Corea, ove non appare menzionata da nessuna fonte durante il periodo dei Tre Regni (I sec. a.C.-668 d.C.) e ove il più antico esemplare noto è un Bodhisattva assiso databile intorno alla fine del periodo Köryö (918-1392). In Giappone le prime testimonianze dell'uso del kanshitsu sono rappresentate da frammenti di sarcofagi rinvenuti in kofun (v.) della prefettura di Nara, databili intorno al VII secolo. Le prime immagini in L. secca risalirebbero alla fine del secolo, e fra i più antichi capolavori si annoverano i lokapāla ovvero i «guardiani delle quattro direzioni» (Shitennō) del Taima-dera (prefettura di Nara) della fine del VII sec. e, nel secolo successivo, i Dieci Grandi Discepoli (Jūdai Deshfy e gli Otto Guardiani Soprannaturali (Hachibushū) dello Śākyamuni nel Kōfukuji di Nara, datati al 734, nonché le grandi sculture di lokapāla, dvārapāla («guardiani delle porte», niō) e deva («divinità», ten) del Hokkedō nel Tōdaiji di Nara, risalenti alla metà dell'VIII sec. e il Buddha Vairocana (Roshana Butsu) del Tōshōdaiji (prefettura di Nara), della fine del secolo. Il procedimento classico del kanshitsu nella scultura consiste nel modellare la figura su un nucleo in legno e paglia integrato con argilla che delinea approssimativamente l'immagine. Successivamente la figura viene gradualmente definita man mano che sul nucleo si sovrappongono dai cinque ai dieci strati di panni di canapa intrisi di L., talora mista a orzo. I panni, di dimensioni idonee alla parte del nucleo cui si applicano, aderiscono strettamente a esso fino a raggiungere uno spessore che varia da 0,7 a 1,5 cm. Quando la L. si è indurita, si pratica un'apertura sul retro dell'immagine (capo o dorso) e si estrae il nucleo di legno o creta. Per sostenere l'interno si reinserisce una nuova struttura lignea composta di tavole parallele disposte in tre piani e si richiude infine l'apertura con cartapesta ricoperta da un impasto di L. e fibre vegetali (kokuso urushi) che rende la superficie della parte integrata simile al resto dell'immagine. Il kokuso urushi è usato anche per modellare le parti più delicate della figura, mentre per certe protuberanze come dita, capigliatura, alone si ricorre all'ausilio di fili di ferro di sostegno. La superficie viene infine resa uniforme attraverso un ulteriore strato di L. nero o colorato. Questo procedimento, chiamato dakkatsu kanshitsu o dakkanshitsu («kanshitsu con eliminazione del nucleo») fu adottato durante tutto il periodo di Nara (710-794) non soltanto nella scultura ma anche nella fabbricazione di maschere del Gigaku, vasellame e strumenti rituali (shōgongu). Nel caso delle sculture di grandi dimensioni talora completamente cave e prive di sostegni interni, come accadeva soprattutto nella produzione della fine dell'VIII sec., tale tecnica non assicurava una sufficiente solidità strutturale. Per ovviare a questo tipo di inconvenienti si adottò, in un secondo momento, la tecnica chiamata mokushin kanshitsu («kanshitsu con nucleo in legno») in cui la struttura della statua conserva il nucleo ligneo originario. Questo, che può essere ricavato dalla lavorazione di un unico blocco di legno (v. ichiboku-zukuri) o composto da più elementi lignei montati insieme, viene talora anche intagliato all'interno. Con questa tecnica non si fa uso dei panni di canapa intrisi di L., ma soltanto di L. e kokuso, per definire i tratti dell'immagine già parzialmente intagliati nel legno. Sviluppatosi probabilmente come semplificazione del dakkanshitsu, il mokushin kanshitsu, tecnica probabilmente autoctona giapponese, doveva già essere praticata tra i secoli VI e VII. La sua apparizione tuttavia non va oltre il IX sec. e solo sporadicamente si riscontra nell'epoca di Kamakura (1189-1333). Per quanto riguarda il trattamento del nucleo ligneo, piuttosto che riallacciarsi alla tradizione giapponese dell’ichiboku-zukuri, sembra che il mokushin kanshitsu abbia subito l'influsso della scultura cinese coeva e della tecnica di applicazione del kokuso che, a partire dal periodo Heian (794-1189), viene ampiamente adottata per nascondere le spaccature e i difetti del legno. Esempî rappresentativi di mokushin kanshitsu, tutti databili tra la fine dell'VIII sec. e l'inizio del IX, sono l'Avalokitešvara a undici teste (Jūichimen Kannon) dello Shūrinji (prefettura di Nara), la triade di Amitabha (Amida sanzonzō) del Denpodō dell'Horyūji, il Bodhisattva Ākāśagarbha (Kokūzō) del Gakuanji (prefettura di Nara).
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(G. Poncini)