laccio
Ricorre quattro volte nel Fiore, con interessante varietà di significati. Il senso proprio di " corda a forma di cappio " appare circoscritto solo alla descrizione del complicato abbigliamento allegorico di Astinenza (CXXIX 8): al saltero una filza avea penduta / di paternostri, e 'l laccio di fil iera. Nelle altre occorrenze domina il figurato, in due casi (sempre con il verbo ‛ prendere ') riferito al " legame inestricabile " d'amore: così in XLVII 4, ove si parla del laccio in ch'Amor mi prese, e in CXLIX 2, nella confessione dei passati amori da parte della Vecchia. Con metafora assai coincidente, ma con una sfumatura più realistica, l. può designare l' " inganno ", come in CXCI 4 don di femina non prenderebbe, / che non son che lacci di tradigione.
Il diminutivo nel senso figurato di " inganno ", " imbroglio ", compare solo in If XXII 109 Ond'ei [Ciampolo], ch'avea lacciuoli [" zoè scaltrimenti ", Lana] a gran divizia, / rispuose: " Malizioso son io troppo, / quand'io procuro a' mia maggior tristizia ". L'Ottimo riconosce la ‛ convenienza ' del termine, dato che " barattiere ad ogni canestro ha apparecchiato suo uncino, e a ogni parola sua risposta ". Cfr. anche Benvenuto: " A. ostendit quomodo alius daemon perpenderit dolo Ciampoli... Et ponit responsionem Ciampoli ad verba ipsius daemonis, qui subito adinvenit novum laqueum tamquam promptissimus aconiator [truffatore] ".