LACERNA (lat. lacerna)
È una delle sopravvesti romane, ed ha analogia con l'abolla, il birrus, il sagum, ecc.; soprattutto richiama la clamide greca, e può essere assomigliata alla mantellina dei nostri ufficiali e alla capparella di Romagna. Era fermata o sotto il mento o sulla spalla, mediante una fibbia o altro fermaglio; da alcune figurazioni plastiche parrebbe che consistesse essenzialmente in un taglio rettangolare di stoffa. Per questa sua caratteristica di essere aperta (etimologicamente va connessa con lac-er, nel senso originario di "diviso", e Giovenale la chiama scissa), era di molta praticità, perché permetteva i liberi movimenti delle braccia, e, nello stato di riposo, avvolgeva il corpo, riparandolo dal freddo e dalla pioggia; era spesso provvista anche di un cappuccio (cucullus) alla moda barbarica; del resto, come la clamide greca, era di importazione esotica.
Nella Colonna Traiana, infatti, e nell'Arco di Settimio Severo si vedono Daci e Parti con un mantello quasi identico. I militari la portavano sopra l'armatura, i cittadini sopra la toga. Sembra che non divenisse d'uso civile che nell'ultimo secolo della Repubblica, quando in seguito ai rivolgimenti politici anche nella moda civile invalsero costumi militari. Durante l'Impero fu diffusissima; nondimeno se ne escludeva l'uso in occasione di cerimonie; anzi Augusto vietò ai cittadini di comparire nel Foro e nelle adiacenze con la lacerna sopra la toga. Fu propria di tutte le classi della società, ma portata solo dagli uomini; l'aspetto, il colore, la maggiore o minore proprietà erano l'indice della condizione e dell'agiatezza di chi la portava.
Di grossa lana in origine e di colore oscuro, col progredire del lusso divenne anche leggiera e fatta di stoffe ricche e di colori vistosi, porpora e scarlatto, viola e verde pallido, o a fiorami o a ricami e frange d'oro; ma il colore più comune era il bianco.
Bibl.: H. Thédenat, s. v. Lacerna, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, III, p. 901 seg.