LACONIA (Λακωνική, Λακεδαιμόνια, Λάκαινα, Λακωνία)
Regione della Grecia che occupa la porzione sud-orientale del Peloponneso, confinante a Ν con l'Arcadia e a O con la Messenia, mentre a E e a S è bagnata dal mar Egeo verso il quale si protendono le penisole di Malea con il capo Malea a E e del Taigeto con il capo Matapan (antico Tenaro) a O, che racchiudono il golfo di Laconia.
Geograficamente si suddivide in sei zone (pendici orientali e occidentali del Parnone; massiccio del Parnone; valle dell'Eurota; massiccio del Taigeto; pendici occidentali del Taigeto) determinate dai due maggiori sistemi montuosi e dall'Eurota, principale corso d'acqua che, ricevendo numerosi affluenti, attraversa la vasta pianura alluvionale compresa tra Parnone e Taigeto e le colline della Vardounia, per sfociare nel golfo di L. dopo aver formato la piana costiera di Helos, dove attualmente la linea di costa è avanzata di c.a 7 km.
La costa orientale e la penisola del Taigeto presentano poche insenature atte all'approdo, mentre sul golfo di L. si aprono le baie con i relativi porti di Neapolis (antica Boiài), Xyli (antica Asopòs), i porti di Kokkinia (antica Akrìai) e Ghythion, altre baie tra cui Kolokythia (antica Teuthròne), Porto Quaghio (antica Psamathous), Sternes (antica Tàinaron).
Durante il Medio Elladico si registra il primo sviluppo insediativo nella regione, mentre nel Tardo Elladico I-II si stabilizzarono nelle zone orientali e meridionali interne e costiere alcuni potentati micenei, che raggiunsero il massimo sviluppo intorno al XIV-XIII sec. a.C., caratterizzati da un equilibrio politico-militare interno e intensi rapporti commerciali con Messenia, Argolide, Cicladi, Creta e, come rivelerebbero testi in lineare Β recentemente rinvenuti a Tebe (v.), con la Beozia.
Intorno al 1200 a.C. una crisi, politico-istituzionale prima ancora che economica (Musti, 1991), connessa all'arrivo o all'affermarsi di un nuovo gruppo sociale (e forse etnico) colpisce molti siti fiorenti. Tra XI e IX sec. a.C. si assiste a una grave crisi economica e insediativa durante la quale solo una scarsa documentazione ceramica attesta la continuità di frequentazione e l'esistenza di una produzione autonoma comune alla regione.
Sia le testimonianze archeologiche, provenienti soprattutto dalla media e bassa valle dell'Eurota, sia le fonti letterarie attestano la presenza di insediamenti, alcuni legati tra loro culturalmente e politicamente, tra i quali durante l'VIII sec. a.C. emerge e si afferma Sparta.
Nel «Catalogo delle Navi» (Hom., Il., π, 581-587) il territorio controllato dalla città comprende la valle dell'Eurota (κοίλη Λακεδαίμων) e si estende verso S sino alla penisola del Taigeto.
È probabilmente tra VIII e VII sec. a.C. (o meno verosimilmente in un momento precedente) che vanno costituendosi, non senza gravi problemi interni, le peculiari strutture politico-sociali spartane che influenzeranno culturalmente ed economicamente l'intera regione col risultato di creare unità e coesione tenaci, definitivamente consolidate alla fine del VI sec. a.C., che costituiranno il punto forte dello stato lacedemone sino alla fine del IV sec. a.C.
Sulla scorta di Tirteo (R. A. Coles, M. W. Haslam (ed.), Oxyrhynchus Papyri, XLVII, Londra 1980, 3316) si può porre alla metà del VII sec. a.C. l'inizio di una politica aggressiva anche verso Oriente ai danni di Argo a cui si contendeva la fertile pianura della Thyreatis, zona settentrionale della Kynouria.
I confini dello stato lacedemone alla fine del VI sec. a.C. comprendono: le regioni settentrionali della Belminatis, Skiritis, Karyatis e Thyreatis; le pendici orientali del Parnone compresa la costa, nonché l'intera penisola di Malea; la piana di Helos, la Vardounia, la penisola del Taigeto, l'intera Messenia e le regioni della Dentheliatis e Aigytis, poste sulle pendici nord-occidentali del Taigeto.
Il 370 a.C. segna la prima invasione nemica conosciuta dalla L. da parte di Epaminonda e la defezione di Belminatis (?), Skyritis e Karyatis. La fondazione tebana di Messene e Megalopoli comportò non solo la perdita di influenza sul Peloponneso centrale, ma quella fisica di parte dei distretti settentrionali e della valle del Pamiso equivalenti a circa la metà del territorio.
Tra la fine del IV e l'inizio del III sec. a.C. si susseguirono rovinose invasioni a seguito dei tentativi di riscossa politico-militare di Areus, Agide IV e Cleomene III: quest'ultimo, sconfitto a Sellasia nel 222 a.C., provocò la perdita della Dentheliatis, della Belminatis e delle pendici orientali del Parnone. Disastrosa fu l'invasione della L. a opera di Filippo V (218 a.C.) che si spinse sino al capo Tenaro e a Boiai e catturò il santuario reale del Menelàion.
Dopo la ripresa politico-militare sotto Machanidas e Nabis (situazione che permise nel 208 a.C. la riconquista della Belminatis) la conclusione della seconda guerra macedonica e l'intervento di Roma segnarono la definitiva conclusione dell'unità politico-geografica della L. sotto il dominio di Sparta.
Tra il 195 e il 194 a.C. il territorio lacedemone si ridusse, oltre a quello direttamente controllato da Sparta (media valle dell'Eurota, pendici occidentali del Parnone, fino alla libera Gheronthrai, valle di Helos, Vardounia fino a Krokeai inclusa), alla Belminatis (eccetto la fortezza di Athenaion) e probabilmente al porto di Kardamyle (sulla costa occidentale della penisola del Taigeto). La restante L., oramai libera, fu riunita sotto la guida di Ghythion in un koinòn, con sede nel Santuario di Apollo Hyperteleàtas (piana di Leukai), cui presero parte ventiquattro città della ex-periecia spartana, e che fu successivamente riorganizzato da Augusto (2 a.C.) dopo un periodo di crisi e la definitiva assegnazione a Sparta del porto di Kardamyle.
Il confine maggiormente disputato tra tarda repubblica e impero è quello occidentale e in particolare il fertile ager Dentheliates assegnato nel 146 a.C. a Messene, e da Cesare e M. Antonio riconsegnato a Sparta; riassegnato a Messene dal Senato nel 25 a.C., Yager appare definitivamente affidato a Sparta sotto il regno congiunto di M. Aurelio e Commodo (177/8 d.C.).
Le principali indagini storico-antiquarie sulla L. nell'antichità greco-romana sono quelle di F. Boelte e, più recentemente, di P. Cartledge e A. Spawforth. Ricognizioni e scavi sul territorio furono condotti sin dall'inizio del secolo dalla Scuola Britannica (Woodward, Wace, Hasluck, 1906-1909; Waterhouse, Hope Simpson, 1936-38; 1956-58) alla quale si deve, unitamente all'opera di studiosi danesi, anche la più recente e accurata indagine , topografica sulla regione nella zona a NE di Sparta tra il fiume Kelephina (antico Oinous) e l'Eurota (Crouwell, Cavanagh, 1983-1987). Di grande utilità documentaria, ma di valore purtroppo limitato dalla mancanza di metodologie adeguate e di scavi sistematici di verifica, risultano le ricognizioni effettuate a partire dagli anni '70 (L. Moschou Tsiomi, G. Phaklares, G. A. Pikoulas, W. K. Pritchett) relative a singole aree o su problemi di comunicazione stradale.
Le testimonianze archeologiche (soprattutto per l'età ellenistico-romana) forniscono resti della viabilità antica, ma solo in pochi casi databili con certezza. Ciononostante, è possibile delineare i tratti salienti della rete stradale lacone, della cui esistenza e importanza economica e strategico-militare siamo informati sin dal V sec. a.C. (Herodot., VI, 57,3). Si ritiene generalmente che il maggiore impulso all'impianto stradale sia scaturito dalle esigenze di difesa e controllo delle regioni Iaconi più lontane da Sparta, a partire dalla guerra del Peloponneso (Kynouria) e sino all'invasione di Filippo V, in concomitanza con la costruzione di un ampio sistema di fortificazioni a protezione del territorio. Tanto le fonti letterarie quanto le ricognizioni topografiche concordano nell'indicare la valle dell'Eurota come fulcro della rete viaria. Su Sparta convergono i principali itinerari sia da Ν (dalla piana di Megalopoli attraverso la Belminatis) sia in senso trasversale da Kynouria e Messenia. Alla strada dall'Arcadia (Diod. Sic., XV, 67,2; Paus., III, 20,8-21,3) possono riferirsi tratti pavimentati con tracce del passaggio di ruote segnalati da viaggiatori del secolo scorso a Phournou (4 km a Ν di Sparta presso l'antica Pellana) nonché quelli recentemente rinvenuti nella zona tra Belmina e le pendici Ν del monte Chelmos (che restituiscono forse anche diramazioni della stessa strada).
Un'altra via di primaria importanza, della quale sono stati riconosciuti varí tratti, attraversava la valle del Kelephina (ant. Oinous). Essa era utilizzata sia dall'itinerario proveniente da Tegea (passo di Klissoura presso Arachova, antica Karỳai: cfr. Xenoph., Hell., vi, 5, 23-27; VII, I, 28; 5, 9; Diod. Sic., XV, 62; Pol., XVI, 37; Liv., XXXIV, 26; XXXV, 27) che da Argo via Thyreatis (passo di Phonemenoi, ant. Hermài: Liv., XXXV, 30; Paus., III, 10,6-11,1). Dalla Kynouria provenivano tre assi, tutti convergenti su Sparta. I tratti riconosciuti restituiscono chiare tracce di carrabilità e riparazioni, o lavori di ampliamento (a Kakoskali-Plakoula, presso Xerokambi sulla strada per Phonemenoi-Sparta; a Dragouni, sull'asse per Tegea; a Riga, a SO della strada Kosmàs-Sparta, tracce di un basso terrazzamento), senza che però se ne possa precisare la cronologia.
Oltre alle strade di grande percorrenza conosciamo una serie di vie minori, di uso locale. In alcune regioni, come la Thyreatis, la maglia della rete stradale particolarmente fitta si accorda con l'intensa frequentazione e con lo sfruttamento agricolo del territorio riscontrabili dal periodo classico al tardo-antico.
Nella valle dell'Eurota è attestato un percorso alternativo a quello di fondovalle per raggiungere il porto di Ghythion attraverso la Vardounia passando per Krokeai. Nell'area della moderna Plytra (antica Asopòs) sono stati riconosciuti resti di vie carrabili che, anche se non riferibili con certezza all'itinerario segnato sulla Tabula Peutingeriana come recentemente proposto (Pikoula, 1984), attestano l'esistenza di una rete di collegamenti tra i principali centri della Malea e di quelli della piana di Leukai.
Al medesimo sistema stradale della Malea appartiene anche una via carrozzabile con itinerario costiero, riferibile forse al collegamento Epidauro Limera-Boiai, della quale sono stati recentemente rinvenuti i resti sommersi presso H. Paraskevì (a S di Monemvasìa) insieme con ceramica arcaica e tardo-antica. Tra gli itinerari di uso stagionale notevole quello che da Giannitsa (pendici O del Taigeto) si inerpica sul monte Paximadi (1900 m) e arriva a Mistrà o Anavryti sulle pendici E del Taigeto, identificato dal Kolbe con la diodos dell'iscrizione IG, V, I, 1431.
Manutenzione e ampliamenti delle strade più importanti proseguirono e si intensificarono per tutta l'età imperiale. Furono in particolare favoriti gli itinerari N-S lungo la valle dell'Eurota, vèrso i porti di Ghythion e Boiai (punto di imbarco per Citera) da cui partivano merci (soprattutto marmo e murice) per tutte le zone dell'impero.
Conosciamo attraverso le fonti epigrafiche una via publica nella bassa valle dell'Eurota (miliario di Valentiniano IV: IG, ν, ι, 1109, da Brinkion presso Helos), forse coincidente con la leophòros di cui parla Pausania (πι, 21,1) a Ν di Sparta e con la strada rappresentata sulla Tabula Peutingeriana proveniente da Megalopoli e diretta, via Sparta, a Ghythion e Boiai.
Preistoria. - Le maggiori informazioni per i periodi paleolitico e neolitico vengono dalle grotte di Apidima e Alepotrypa, regione del Mani, dove negli anni '70 furono condotte esplorazioni, riprese nel 1985 dal Servizio Archeologico Greco. Il Neolitico Antico è noto, oltre che dai corrispondenti livelli delle citate grotte, anche da tre statuine marmoree (due certamente femminili) provenienti dalla valle dell'Eurota, attribuite a Sparta ma provenienti con maggiore probabilità da Kouphovouno. Nel Neolitico Medio si pone l'occupazione, accertata solo da reperti di superficie, nei distretti di Vourvoura-Analepse, Karyai Derveni e di Apidia. Col Neolitico Tardo e Finale (4500-3500; 3500-3000/2500 a.C. circa), pur con la prudenza richiesta dalla scarsità di siti noti, si può affermare la primaria importanza della L. meridionale nel primo popolamento della regione.
Tra gli elementi della cultura materiale le ceramiche, tra le quali si segnalano quelle policrome da Apidia e Alepotrypa, si inscrivono nella generale koinè che caratterizza tutta la Grecia, mentre recenti studi sulle dodici statuine marmoree testimoniate per il Neolitico indicano l'esistenza, nella plastica, di una produzione lacone stilisticamente originale aperta a influssi continentali, cicladici e cretesi.
Le ricognizioni di H. Water house e R. Hope Simpson hanno rilevato la presenza di ceramica dell'Antico Elladico (2700-2000 a.C.) in circa quaranta siti concentrati nella bassa valle dell'Eurota e in particolare nella piana di Helos, con appendici nella Malea (distretti di Monemvasìa e Neapolis) e nella zona di Ghythion. A essi devono aggiungersi i nuovi dati, solo parzialmente noti, del Laconia Survey che impongono un panorama più complesso e ricco rispetto alle ipotesi interpretative degli anni '60.
Se da un lato resta confermata la generale continuità dei siti del Neolitico Tardo, l'aumento numerico degli insediamenti, preferibilmente collinari e poco distanziati, e una maggiore apertura verso l'esterno della L. meridionale, dall'altro non appare più sostenibile la centralità delle regioni meridionali rispetto alla valle dell'Eurota. Lungi dall'essere isolate, le località di Kouphovouno, dell’Amyklàion, di Paleopyrgi-Vaphiò, di Haghios Vasilios (da essi provengono due delle rare figurine fittili di animali) si configurano come cerniera tra la piana di Helos e le zone settentrionali interne dei distretti di Chrysapha e di quello compreso tra il Kelephina e l'Eurota, dai quali provengono materiali in tutto simili a quelli noti nell'area meridionale.
Haghios Stephanos è l'unico sito dell'Antico Elladico indagato sistematicamente (scavi Scuola Britannica 1956-1975). L'insediamento, che non ha restituito ceramica dell'Antico Elladico I e III, è occupato in maniera estensiva fino al Tardo Elladico III B/C quando viene fortificato. Risalgono all'Antico Elladico II vani di abitazione di pianta quadrangolare con due fasi costruttive, zoccolo in pietra e alzato in crudo, nonché una quindicina di deposizioni (su un totale di cento databili tra Antico Elladico e Tardo Elladico III Β) supine o rannicchiate, in cista o pozzo (alcune con testa mozzata, una con mani e piedi legati), con strumenti di ossidiana e semplice corredo vascolare. Altre tombe a cista dell'Antico Elladico sono attestate a Pavlopetri (v. oltre).
Su una piccola penisola presso Haghios Phokàs, sulla costa orientale della Malea, ricognizioni (Pikoulas, 1986) hanno evidenziato un abitato con resti murari, ceramica tornita a mano (orli e frammenti di pìthoi) e strumenti litici. A S di Chrysapha, la località interna di Goritsa annovera, oltre a ceramiche dell'Antico Elladico, una figurina fittile di animale. La Kynouria non è stata esplorata sistematicamente, ma il casuale ritrovamento di un ricco tesoro aureo (collana a lunghi pendagli, spillone con capocchia configurata a testa di cervo, brocca miniaturistica, rocchetti a doppio disco, rosette in lamina ritagliata a quattro petali), oggi a Berlino, testimonia una notevole ricchezza.
Ceramica si segnala a Cherronisi, Astros (Nisi Paraliou), Kato Meligous (Kastraki), Xerokambi (Marmaralona), Koutri (Ano Meligous) e grotta di Asoula (Charadros); e ancora nella zona di Tyros (Tyros, Palaiochori, Sovaia), Prasiai (con una delle rare attestazioni in grotta a Sintsas) e significativamente nelle zone interne di passaggio alla valle dell'Eurota e alla pianura di Helos di Glyppia e Kosmàs. Saggi inediti eseguiti ad Astros (Phaklares, 1981), pur non rivelando strutture, hanno consentito il controllo stratigrafico della frequentazione del sito tra Antico e Tardo Elladico.
Il passaggio al Medio Elladico (2000-1600 a.C.), segnato dall'apparire di ceramica minia grigia e gialla e di matt-painted, determina una diminuzione dei siti (venti-trenta riscontrati da Waterhouse e Hope Simpson) correlata alla sopravvivenza di quelli di «acropoli»: piuttosto che di crisi insediativa pare più probabile parlare di tendenza alla concentrazione in villaggi forse legati a una diversa organizzazione del territorio, senza che sia però possibile ravvisare con certezza alcuna gerarchizzazione (Haghios Stephanos?).
Il Laconia Survey ha evidenziato nella zona indagata una serie di siti, il più settentrionale dei quali è presso Aphyssou, che hanno restituito ceramica locale di tipo minio tornita a mano, diffusa in un comprensorio omogeneo il cui limite meridionale ê costituito dal Menelàion. Nella valle dell'Eurota ceramica e tombe di questo periodo si segnalano nelle vicinanze del villaggio di Haghia Kyriakì e sul sito dell’Amyklàion. Sulla sommità della collina di Geraki, la cui imponente cinta ciclopica è di incerta datazione, sono attestate tombe a cista e ceramiche del Medio Elladico III (scavi 1905). Esplorazioni condotte nel 1982 dal Servizio Archeologico Greco sulla sommità della collina di Vaphiò hanno evidenziato solo tracce di frequentazione del Medio e Tardo Elladico. Circondato da siti che hanno rivelato ceramica del Medio Elladico (Skala, Xeronisi, Lekas), l'insediamento di Haghios Stephanos vede in questa fase un grande sviluppo attestato dalle molte case absidate con lo stesso orientamento di quelle dell'Antico Elladico e spesso costruite sfruttando i muri del precedente periodo. In particolare, scavi svolti tra 1973 e 1976 hanno portato alla luce una casa absidata con zoccolo in pietra, alzato in mattoni crudi, tramezzo in argilla pressata tra abside e sala rettangolare e alcuni contenitori ceramici in situ; l'abitazione, con un leggero cambio di orientamento, resta in vita tra Medio Elladico II e Tardo Elladico I.
Tra le tombe, notevoli sono una di adulto, violata, costruita in pietra e chiusa da quattro grandi lastre e una cista con deposizione femminile, recante nel corredo due vasi probabilmente minoici. Un frammento di parete à la barbotine, nonché vasi di tipo cretese e cicladico attestano i rapporti con l'esterno, verosimilmente mediati dai fiorenti centri «minoicizzati» dell'isola di Citera.
Anche in Kynouria si registra una sostanziale continuità nei principali siti della Thyreatis (tra questi si distingue Astron di cui si è forse individuata la necropoli), mentre nell'area meridionale di Prasiai solo Palaiochori ha restituito ceramica del Medio Elladico.
Nel Tardo Elladico (1550-1050 a.C.), attualmente datato in sincronia con le altre regioni del Peloponneso, si affermano le aristocrazie micenee la cui ricchezza è testimoniata dalle monumentali tombe a thòlos (Vaphiò, Analepse, Kambos, Palaiochori e Pellana) con i ricchi corredi a tutti noti.
Studi tipologici condotti sulle ceramiche di tipo minio e miceneo di Haghios Stephanos, basati su sequenze stratigrafiche complete che documentano il passaggio dal Medio Elladico III al Tardo Elladico I-II, hanno evidenziato stretti rapporti (mediati da Citera) con le produzioni vascolari cretesi sia ceramiche sia litiche e hanno posto il primo apparire di quelle micenee tra Tardo Elladico I e II (1550-1400 a.C. circa), comunque prima della loro comparsa nel Peloponneso settentrionale, concordemente a quanto rilevabile anche in Messenia.
La thòlos di Vaphiò (dròmos m 29,80; diam. camera m 10,35) ricevette almeno due deposizioni. La ricchissima e nota serie di oggetti esposta al Museo Nazionale di Atene proviene sia da deposizioni sconvolte, sia da una sepoltura in pozzo pertinente a un individuo adulto di sesso maschile ritrovata intatta nella camera. Tra i materiali, oltre le famose coppe d'oro, quattro coppe d'argento, un servizio di utensili d'argento e di bronzo, anelli d'oro e di bronzo, ametiste, vasi d'alabastro e lampade in rosso antico, vanno menzionati vasi in «stile di palazzo» e varie armi di bronzo (da uso e da parata) con splendide decorazioni in agemina. Alcuni dei ventitré sigilli figurati ivi rinvenuti sono stati attribuiti all'officina del Mycenae-Vaphiò Lion Group operante a Micene tra Tardo Elladico I e II e contribuiscono alla definizione dei rapporti intercorrenti tra le élites Iaconi e quelle sepolte nei circoli A e Β di Micene.
Scavi condotti nel 1954, 1956-57 dal Rhomaios sulla collina di Analepse e su una limitrofa altura hanno rivelato sulla prima tracce di frequentazione Tardo Elladico I - Tardo Elladico III Β (con uno strato di terra bruciata del Tardo Elladico II B) e un'inumazione infantile del Medio Elladico (1962), sulla seconda i resti della necropoli dell'insediamento comprendenti una grande thòlos datata Tardo Elladico I-II (da Schachermeyr al Tardo Elladico III Β) e otto altre sepolture minori utilizzate dal Tardo Elladico I al Tardo Elladico III Β, cui va aggiunta un'ulteriore tomba ai piedi dell'altura (Medio-Tardo Elladico). Si data al Tardo Elladico III Β la necropoli di Palaiochori con trenta tombe a grotticella e una rara thòlos a pianta ellittica costituenti un gruppo topograficamente isolato assieme a cinque tombe. In entrambi i casi è da notare l'occorrenza contemporanea di una tomba maggiore accompagnata da nuclei minori, probabile indizio di un'articolazione sociale di tipo aristocratico.
Tra i materiali della thòlos maggiore, che ha restituito alcuni raffinati esemplari di vasi in Stile di Palazzo {pìthoi, anfore, pissidi, coppe), degni di menzione sono gli oggetti in bronzo (punte di freccia), avorio (pettine), i dischi in steatite e un elmo a denti di cinghiale. Tra quelli provenienti dalle thòloi minori, oltre ad armi e a un sigillo figurato, si annoverano tre statuine (databili al Tardo Elladico III).
Lo sviluppo dei centri micenei sembra doversi rapportare a varie attività economiche tra le quali di particolare interesse sono l'estrazione e il commercio del lapis lacedaemonius (cave di Krokeai) e del rosso antico (zona di Kyprianon - penisola del Taigeto), che troviamo diffusi sia in Grecia sia a Creta in questa e nella fase successiva (Tardo Elladico III).
Il ritrovamento di vasi e sigilli in porfido verde a Dendra, Micene, Rodi e Creta fanno porre nel Tardo Elladico II-III l'inizio dello sfruttamento intensivo delle cave. L'avvio dell'attività di estrazione del rosso antico si pone nel Tardo Elladico II sulla base del ritrovamento di oggetti realizzati in tale marmo nella thòlos di Vaphiò e del fregio a triglifi del tesoro di Atreo a Micene.
Nel Tardo Elladico I-II sembra consolidarsi la tendenza verso una riduzione numerica degli insediamenti con il probabile emergere di un sito egemone; una maggiore concentrazione si osserva nella valle dell'Eurota.
Nella media valle dell'Eurota la ricchezza e l'imponenza della thòlos di Vaphiò si contrappongono all'isolamento in cui questa viene a trovarsi nella regione, dove siti frequentati nell'Antico e Medio Elladico (Kouphovouno, Haghios Vasilios) non forniscono ceramica del Tardo Elladico I-II. Scavi della Scuola Britannica eseguiti nel 1980 sulla collina di Aetòs hanno messo in luce un insediamento posto su due terrazze, in probabile connessione topografica con l'abitato del Menelàion, con sette fasi di cui quella del Medio Elladico II presentava anche due forni, probabilmente ceramici. Sull'area, occupata da una necropoli nel Tardo Elladico II B-III Ai, si impianta un edifìcio di tipo a mègaron (m 18 x 8) che resta in vita fino alla distruzione, avvenuta probabilmente per terremoto nel Tardo Elladico III B2, con una parziale rioccupazione nel Tardo Elladico III C. Durante il Tardo Elladico III A (c.a 1400-1300 a.C.) si avvia un processo di espansione degli insediamenti micenei nel territorio, che raggiungerà l'apice col Tardo Elladico III Β (c.a 1300-1200 a.C.). Tra i venticinque siti contati dalle ricognizioni spiccano, oltre il Menelàion e Aetòs, Pellana (alto corso dell'Eurota, ove sono state rinvenute tombe a thòlos), Palaiopyrgi (Vaphiò, ove sono state evidenziate tracce di un abitato), Peristeri e Melathria (presso Skoura, che ha restituito sei tombe a camera una delle quali conteneva il più antico vaso Pictorial Style) nella valle dell'Eurota, Haghios Stephanos e Lekas nella valle di Helos, infine Astros (Nisi Paralion) e il vicino sito di Kato Vervena in Kynouria da cui provengono un pezzo in ematite egiziana e un idoletto a «phi». Ancora in Kynouria, Kotroni di Vaskina presenta un interessante nucleo di tombe (camera tipo thòlos con venti scheletri, e tre tombe scoperte nel 1981).
Il numero dei siti frequentati nel Tardo Elladico III Β aumenta sino a cinquanta, dislocati su quasi tutta la regione, ma con maggiore densità nelle valli dell'Eurota e di Helos.
La scarsità di ricerche sistematiche non permette di approfondire convenientemente le problematiche relative all'organizzazione e allo sfruttamento del territorio, anche se disponiamo di maggiore materiale rispetto alle fasi precedenti. Dubbi e incertezze sono inoltre accresciuti dall'assenza di un palazzo miceneo e di documenti in lineare B, mancanza solo ipoteticamente colmata dalla Dawkins House del Menelàion. Eccezionale, ma problematica, è la presenza a Haghios Stephanos di un'iscrizione di due segni in lineare A incisi su un oggetto in scisto locale (peso, amuleto?).
Nella media valle dell'Eurota, oltre la continuità di frequentazione di Palaiopyrgi-Vaphiò, sono da segnalare le prime attestazioni di occupazione a Sparta e la ripresa dei siti di Kouphovouno e di Haghios Vasilios (che apparentemente non presentano il Tardo Elladico I-II). Il fenomeno più importante è rappresentato dall'impianto, ormai generalmente posto al Tardo Elladico III Β, del santuario di Amyklai con il relativo abitato, la cui esistenza è ipotizzabile sulla scorta di due tombe a camera site sui fianchi della collina opposta a quella di Haghia Kyriakì.
Un secondo polo insediativo è costituito dal comprensorio della valle di Helos e del basso corso dell'Eurota. Haghios Stephanos si dota di una cinta muraria (che presenta probabilmente più di una fase) ed è circondato da una serie di siti già in parte attivi nel Tardo Elladico I-II-III A ai quali ora si aggiungono Asteri (zona N; tombe in pìthoi e a camera), Vlakhioti, Haghios Ioannis (presso Skala), Tzasi.
Grande impulso riceve anche la penisola di Malea dove, sulla strada per Epidauro Limera (che con la sua necropoli occupa un posto della massima importanza fino a tutto il Tardo Elladico III C), si collocano da Ν a S: Apidia, Gangania, Sykea, Anemomylo, Anghelona.
La necropoli di Epidauro Limera, costituita da tre nuclei collocati presso il villaggio di Haghios Ioannis, fu esplorata negli anni '50 dalla Società Archeologica Greca. Tombe a camera singole, spesso con scala d'accesso al dròmos, restituiscono materiale del Tardo Elladico I-III C, con particolare concentrazione in quest'ultimo periodo. Per la sua posizione l'abitato intrattiene rapporti con le Cicladi, Creta e l'Argolide, area a cui si richiamano tanto la tipologia tombale quanto quella della ceramica. Scavi di emergenza svolti nel 1973 a Sykea hanno portato alla scoperta di una tomba a camera con ventiquattro vasi suddivisibili in cinque gruppi cronologici scaglionati tra Tardo Elladico II A e III C. Inoltre otto inumazioni in fossa, di cui tre riutilizzate, si ascrivono allo stesso orizzonte: tra i materiali notevole è una spada bronzea (Sandars, tipo C).
Nel distretto della Vatika (Neapolis) un gran numero di siti, collocati in maggior parte sulle alture che circondano la pianura costiera, presenta ceramica del Tardo Elladico III, restituendo una stretta maglia insediativa che rende ancora più lamentevole la mancanza di studi sistematici che chiariscano la natura dello stanziamento di Neapolis (sulle colline si collocano altrettanti nuclei di tombe a camera di imprecisabile cronologia) e soprattutto di Pavlopetri, sito parzialmente sommerso di fronte a Elaphonisos. Un survey svolto nel 1967-68 dall'Istituto di Oceanografia di Cambridge, seguito da un rilievo delle strutture visibili e da parziali esplorazioni, ha qui rivelato un esteso abitato (area minima stimata 4,5 ha), con strade rettilinee passanti per il fronte delle case, confrontabile con altri villaggi egei del tipo di Phylakopi. Individuata anche la necropoli utilizzata tra l'Antico Elladico e il Tardo Elladico III Β (trentasette tombe a cista; sepolture intramuranee medio-elladiche).
Anche la penisola del Taigeto, e in particolare la zona NO (più vicina alla fiorente Messenia), risulta frequentata sia con siti lungo la costa (Koutiphari Mezapos, Voitylo, Pephnos, Leuktro, Kardamyle) sia nell'entroterra con siti d'altura (probabilmente legati alla pastorizia: Kambos, Pigadia).
Alla fine del Tardo Elladico III Β (circa 1200 a.C.) alcuni centri importanti e molti siti minori cessano la loro esistenza (Menelàìon). La crisi in atto nel Tardo Elladico III C, che vede una diminuzione di circa due terzi dei siti frequentati, non è riferibile indiscriminatamente all'intera regione, poiché molti insediamenti sopravvivono (Amyklàion, che riceve grande impulso nel III C; Aetòs; Prophitis Ilias sulle colline del Menelàion; Pellana; Asteri, nella piana di Helos; Phoinikì ed Epidauro Limera in Malea; Prasiai e Vaskina in Kynouria; oltre a numerosi siti minori). Recenti studi sul Tardo Elladico III C tendono a distinguere una fase di XII e una di XI sec. a.C. Nella prima i siti a continuità di frequentazione godono di una notevole vitalità testimoniata dalla presenza di importazioni (soprattutto Epidauro Limera), di produzioni locali influenzate da quelle dell'Argolide (Close Style e Granary Style), delle Cicladi, del Dodecaneso e di Creta. Le stesse ricerche hanno evidenziato per la L. l'inconsistenza, come per altre aree, di una fase sub-micenea: si tratta piuttosto di produzioni qualitativamente scadenti non distinte cronologicamente dalle altre ceramiche del Tardo Elladico III C come in Argolide e in Attica.
A Spartia (Arna) è stata scoperta nel 1982 una piccola thòlos datata al Tardo Elladico III C che ha restituito anche fibule geometriche (culto eroico oppure riutilizzo?).
Dal periodo protogeometrico al tardo ellenismo. - Estremamente scarso è il contributo dell'archeologia alla definizione dell'Età del Ferro in L., periodo di formazione delle peculiari strutture sociali e politiche lacedemoni, nonché del progressivo instaurarsi dell'egemonia di Sparta nella regione.
A una prima fase (X-IX sec. a.C.) caratterizzata da un'estrema rarità di attestazioni e da una generale crisi, sensibile anche nei siti a continuità di frequentazione dal Tardo Elladico III C e tale da indurre a drastiche ipotesi di abbandono della regione (Desborough), segue durante l'VIII sec. a.C. una progressiva ripresa. Il fenomeno è particolarmente sensibile nella valle dell'Eurota dove alla fine dell'VIII sec. a.C. la ricchezza delle offerte e le forme monumentali dei santuari di Artemide Orthìa, di Atena Chalkìoikos, di Amyklai e del Menelàion indicano l'alto grado di strutturazione della società spartana e la prosperità del centro principale.
Conformemente a quanto si rileva nella sequenza stratigrafica dell'Amyklàion esiste un vuoto tra Tardo Elladico III C e Protogeometrico, non colmabile con le scarsissime attestazioni sub-micenee, ceramica e idoletti, restituite dalle località occupate in questa fase e, comunque, difficilmente databili oltre il 1050 a.C. Il vuoto perdurerà almeno fino al 950 a.C.
Particolare interesse rivestono due vasi adespoti da Vrondama di recente pubblicazione (un askòs e una oinochòe) che, per le loro caratteristiche morfologiche e decorative, sembrano costituire un ponte tra gli estremi cronologici della Dark Age Pottery (Coulson, 1989). Pochi sono i metalli - punta di lancia (?) da Mavrovouni, fibula da Kyparissi, spada all'Amyklàion - con una tipologia che, conformemente alla ceramica, mostra stretti rapporti con la Grecia nord-orientale.
Ceramica del Tardo Geometrico I e II è stata ritrovata a Sparta (santuari di Artemide Orthìa, Pitaña, Limnai), Amyklàion, Menelàion, Geronthrai, Analepse, Hellenikò (Thyreatis), Cherronisi (Kynouria), Volimnos. Tra le crescenti esportazioni verso Messenia, Arcadia e Corinzia (?), Samo (anfora subgeometrica), è da segnalare l'associazione a Volomidia (Messenia: dròmos di una tomba a camera micenea) di ceramica laconica con prodotti locali e vasi corinzi. Bronzi Iaconi sono esportati sia nel Peloponneso (Messenia, Elide, Arcadia e Acaia) sia in Attica e nella Grecia centro orientale (Beozia e Focide). Il ritrovamento di ceramica orientalizzante (a partire circa dal 690 a.C.) con spiccate peculiarità stilistiche nella regione meridionale del Mani (Hippola) sembra anticipare la presenza nella periecia, particolarmente evidente nel VI sec. a.C., di officine artigianali in funzione non solo dei bisogni interni ai singoli centri, ma anche di un crescente mercato estero.
La più antica menzione dei centri che costituiranno la periecia spartana anche di età storica è nel «Catalogo delle Navi» (Hom., II., 11, 581-587): oltre a Sparta si ricordano Pharis, Messe, Brysiai, Aughetai, Amyklai, Helos, Las e Oitylos, dove sono notevoli la separazione di Amyklai da Sparta, che documenta una situazione arcaica, e l'estensione dell'area di influenza spartana, a comprendere tutto il Mani. Incerta, ma da molti riferita a età altoarcaica, è la cronologia del sinecismo di Boiai nella Malea (Paus., ili, 22, 11) che ci restituirebbe pertanto l'attestazione di tale comunità al livello cronologico di cui ci occupiamo. Analogamente importante è la citazione tra i membri dell'Anfizionia di Calauria (da porsi al più tardi alla metà del VII a.C.: Strab., VIII, 6, 14) di Prasiai, nella Kynouria in posizione autonoma rispetto a Sparta.
L'insufficienza delle fonti archeologiche perdura quasi senza eccezioni durante il VII sec. a.C. ed è solo alla fine di tale periodo, e con maggiore evidenza nella prima metà del VI sec. a.C., che, sia pure attraverso dati di natura assai eterogenea, diventa di nuovo possibile leggere i principali tratti del popolamento della regione.
Durante il VI sec. a.C. si afferma definitivamente il ruolo egemone di Sparta su tutto il Peloponneso meridionale (L. e Messenia). Il controllo è esercitato su un vasto territorio (Thuc., 1, 10, 2) mediante un complesso sistema di rapporti politici, militari, economici e religiosi coinvolgenti le popolazioni dell'ampio comprensorio geografico tra Messenia e Argolide.
Da un punto di vista topografico i principali fenomeni cui assistiamo durante questo lungo periodo sono: l'aumento dei siti frequentati e il costituirsi, tra la fine del V e il IV sec. a.C., di un formidabile sistema di difesa dei confini settentrionali e orientali della regione, in probabile connessione con una fitta rete di comunicazione stradale.
Solo tra la fine del V e il IV sec. a.C. qualche sito presenta strutture abitative e forse edifici pubblici (Analepse), o una cinta muraria, che permettono di avere un'idea dell'estensione degli abitati. Accanto al dato prevedibile di una concentrazione nella piana dell'Eurota e nelle zone costiere, maggiore meraviglia suscita il relativamente denso popolamento nel corso del V e del IV sec. a.C. delle zone interne, alle pendici centro-occidentali del Parnone (tra Chrysapha e Palaiogoulas), della Skiritis e della Thyreatis, regioni che in alcuni casi restituiscono piccoli insediamenti sparsi legati ad attività agricole o alla pastorizia (Marmaralona, Haghios Petros, Xeropyrgos, Spatokommeno in Thyreatis).
Del centinaio di centri perieci noti dalla tradizione letteraria (Herodot., VII, 234, 2; Androt., 49 e 324; Strab., VIII, 4, Il, 363; Paus., III, passim; Steph. Byz., s.v.) solo pochi sono identificabili con buona approssimazione e hanno restituito resti archeologici (nella maggioranza dei casi frutto di ritrovamenti sporadici e/o di raccolte di superficie).
In Kynouria, in Thyreatis e in Prasiai siamo in presenza di siti di acropoli, frequentati sin dall'età arcaica, alcuni dei quali tra IV e III sec. a.C. muniti di mura poligonali (Hellinikò, Astrous; Nisì, Haghios Andreas; Nisì Paralion Astrous, probabilmente identificabili con Thyrea, Anthine e il τείχος των Αιγινητών, Thuc., IV, 57, 1; Tyros, Paralia Leonidion, Paralia Polithron, nelle quali si riconoscono Tyros, Prasiai e Polichne); attraverso recenti ricerche (Phaklares, 1990) è possibile ipotizzare, tra VI e III sec. a.C., un modello insediativo disperso nei distretti interni di Xerokambi (a N) e delle pendici orientali del Parnone (a S), probabilmente in connessione con santuari cantonali (v. oltre, Parparo e Apollo Maleàtas). Sempre alle pendici del Parnone, a Haghios Vasillos, va posta l'antica Glympeis della quale sono forse riconoscibili parti della fortificazione. Sulle pendici nordorientali del Parnone (all'interno di Xerokambi) è degno di nota l'insediamento di Haghios Petros, dove il Rhomaios ha scavato nel 1905 una struttura a torre (probabilmente una casa su almeno due livelli) e due altre abitazioni dalla planimetria non precisabile, accompagnate da un forno per ceramiche (databile al IV-III sec. a.C.). Centri muniti di mura poligonali e pseudopoligonali sembrano prevalere in Malea dove sono identificati Kyphanta, Zarax, Epidauro Limera (quest'ultima occupata in età storica almeno dal VII sec. a.C.). Probabilmente da identificarsi con le antiche Boiài e Kotỳrte sono i siti di Neapolis e Daimonia che hanno restituito materiali di età classica (in particolare a Daimonia tombe con rilievi fittili raffiguranti Artemide, V sec. a.C.). Un'iscrizione di età imperiale infine (v. oltre) assicura il riconoscimento dell'antica Asopòs sul sito della moderna Plytra.
Nella penisola del Taigeto scarsi resti monumentali e raccolte di superficie (materiali riferibili a un periodo che va dall'età arcaica a quella imperiale) a Kavalos, Kotronas, Paralia Kyparissi, Kipoula, Voitylos, Koutiphari, Kardamyle permettono di localizzare le antiche città periecie di Pyrrichos, Teuthron, la città dei Tenari e Kainoupolis che la sostituì in età protoimperiale, Hippola, Oitylos, Thalamai, Kardamyle. Mentre ritrovamenti nell'area tra Passava e Dichova hanno consentito la localizzazione della città di Làs. In particolare, nella zona di Kotronas le indagini di L. e T. Moschou hanno evidenziato anche alcuni siti della chòra pertinenti ad attività artigianali e a luoghi di culto.
Tra gli antichi centri gravitanti sulla valle dell'Eurota sono riconoscibili Gerònthrai (moderna Geraki) e Mariòs (moderna Mari), posti sulla sommità di alture munite di mura ciclopiche; inoltre Krokeài (Alai-Bey in Vardounia) e, a Ν di Sparta, Sellasìa (moderna Palaiogoulas), Bèlmina (moderna Petrina-M. Chelmos), Pellàna (moderna Vourlia). Recentissima la proposta di identificare a Yeladari (4 km a Ν di Sparta) Thòmax, sede di un importante culto di Apollo Pizio (Cavanagh e altri, 1992), preceduta nel 1982 dal definitivo riconoscimento nella località di Trypi (a NO di Sparta) del Καιάδας, il baratro dove si giustiziavano traditori e malfattori e forse si sopprimevano i neonati deformi, come indica il rinvenimento di molti scheletri integri.
Pochi centri di tipo urbano (Arvanitokerasia e Analepse) e piccoli insediamenti collinari a mezza costa caratterizzano il paesaggio delle regioni settentrionali della Skiritis e della Karyatis i cui capoluoghi (Dion e Karyai) sembrano doversi riconoscere nei due citati centri (Pikoulas, 1987). Analepse, esplorata dal Rhomaios nel 1950-56, ha restituito importanti esempi di case (molte con portico in facciata), in sei delle quali sono stati rinvenuti altari domestici con dediche ceramiche forse di produzione locale (pelìke con Achille e Thetis, a figure rosse, della fine del V sec.). Infine, una struttura quadrata e absidata con quattro colonne in antis (m 13,50 di lato) è stata interpretata come un bouleutèrion.
Passando ai santuari, la comune facies culturale denunciata dagli oggetti votivi e dalle dediche iscritte (tutte in alfabeto lacone), nonché l'inserzione di taluni santuari, spesso distanti da Sparta, nel calendario festivo della città e nei circuiti agonistici ufficiali (IG, V,I, 213), attribuiscono ai luoghi sacri e alla loro posizione una fondamentale importanza topografica.
La ricchezza dei dati e la possibilità di integrazioni con fonti epigrafiche e letterarie impongono all'attenzione la situazione della pianura spartana. La dislocazione dei santuari nel territorio e l'importanza dei culti ivi praticati sembrano delimitare e unificare la χώρα πολιτική.
Tra essi sono stati esplorati l'Eleusìnion, all'estremità SO della piana sui primi rilievi del Taigeto, e il Menelàion, sulla fascia collinare limitante a E la valle dell'Eurota (tra i moderni villaggi di Tsakona e Aphissou) identificata con la zona di Therapne (Paus., III, 19,9).
Nel Santuario di Demetra e Kore, parzialmente esplorato, oltre a una gran quantità di ceramica, terrecotte e oggetti votivi arcaici databili alla metà circa del VI sec. a.C., sono state rinvenute molte iscrizioni (dall'ellenismo alla seconda metà del II sec. d.C.), testimonianza della lunga durata del culto. Gli unici resti monumentali, lacerti di un recinto (?) in blocchi marmorei con dedica di una tale Kymbadeia a Demetra e Kore, risalgono invece al III sec. a.C.
Il quadro dei principali culti politici della pianura spartana si completa, oltre che con i santuari «urbani» significativamente legati alla struttura katà kòmas della città arcaica (Artemide Orthìa, Atena Chalkìoikos, Apollo Amyklàios), con gli hierà del Phoibàion e di Posidone Gaiàochos, siti sulle colline di Therapne, sebbene non ancora individuati: essi risultano inseriti nel circuito delle competizioni atletiche spartiati, alcune delle quali per la sede in cui si svolgono risultano profondamente integrate nel territorio della pòlis (cfr. Paus., III, 14, 8-9; 20, 2; IG, V, I, 213, II, 10; 51; 84; 93).
Accanto ai maggiori luoghi di culto l'indagine archeologica ha rivelato anche piccoli santuari siti tra valle dell'Eurota e i distretti settentrionali: alcuni noti dalle fonti (Zeus Messapèus nella zona di Xerokambi); altri, ancorché parzialmente editi e di difficile inquadramento, rimandano forse a culti femminili o eroici e sono riferibili, sulla scorta degli oggetti votivi, a cicli rurali rigenerativi e della fertilità (Anthochorion, che ha rivelato una stratigrafia dal Tardo Elladico all'epoca bizantina; Kalogonia, ove è stato rinvenuto un naìskos; Psichikò, Palaiogoulas-Sellasìa; Chrysapha; Analepse; Mousga-Kollines: sacello, scavi 1984). A Tsakona la Scuola Britannica ha condotto scavi nel 1989: le ceramiche e i materiali votivi geometrici, arcaici e classici (figurine fittili itifalliche, maschili banchettanti, femminili accosciate; fibule, frammenti di scudi, laminette simili a quelle del santuario della Orthìa) attestano un culto dall'VIII alla fine del V sec. a.C. Numerose lucerne imperiali (sino al III sec. d.C) documentano una ripresa della frequentazione e, forse, del culto. Nello scavo sono venuti alla luce i resti di due edifici, il maggiore dei quali, absidato e con almeno due fasi, è stato riconosciuto come un sacello in antis con copertura laconica coronata da acroterio a disco. Dubbia per il momento l'identificazione con un santuario di Zeus Messapèus non ancora persuasivamente documentata.
Nella Kynouria un piccolo gruppo di santuari di medie dimensioni, intensamente frequentati, si distribuisce tra la Thyreatis, dove tra età arcaica e classica sono noti i siti di Haghios Ioannis Astrous (Xerokambi), con un santuario di Apollo (?), e di Loukou, con culto per Polemokrates (culto eroico legato a quello di Asclepio), e la zona SO, dove si collocano i santuari di Apollo Tyrìtas, a S dell'antica Tyròs, e di Apòllo Maleàtas, posto tra i rilievi sud-orientali del Parnone sulla strada che da Prasiai conduceva a Sparta.
Se le epiclesi della divinità venerata chiariscono con tutta evidenza il legame con il contesto locale, il Santuario di Apollo Maleàtas, interessato da inediti scavi di emergenza nel 1988, per la sua collocazione lungo una strada e lontano dai maggiori centri dell'area (Prasiai dista 3 ore di cammino, altrettanto Glympeis) si propone come punto di riferimento di un esteso comprensorio. Si tratta di un'importante funzione territoriale che troviamo puntualmente enfatizzata a Sparta sia mediante l'inserzione del santuario nel circuito ufficiale spartiata con le Maleàteia (IG, V, I, 213, L, 58), sia con la duplicazione del culto lungo la via Afetaide (Paus., III, 12,8, che però potrebbe anche essere di età augustea).
L'area sacra nei pressi di Hellenikò ha restituito ceramica laconica e corinzia, terrecotte itifalliche, frammenti di tegole e antefisse ad antemio dipinte (IV-III sec. a.C.). Furono inoltre rinvenute qui una statua efebica in marmo pentelico (inizio terzo venticinquennio del IV sec. a.C.), una stamina di Asclepio, una testa-ritratto femminile del II d.C. e un bollo di pavimentazione ευταν δαμοςιοι (II sec. a.C.).
Tra i materiali votivi rinvenuti nel Santuario di Apollo Tyrìtas, sulla collina di Prophitis Ilias Melanon, sono notevoli i bronzi (statuina maschile di pastore, un Eracle, due eleganti vasi configurati in cavallo e sirena, fibule Iaconi a leone, phiàlai, spiedi) e le terrecotte (due dedaliche di fine Vili a.C., cui si affiancano a partire dal VI a.C. anche figure femminili in trono). Un capitello dorico, frammenti di un acroterio a disco di tipo lacone e sime dipinte sono gli unici resti del tempio arcaico. All'età tardo-classica ed ellenistica si riferiscono i muri di terrazzamento in tecnica poligonale, un grande altare quadrato (lato m 8,42) e cinque basi di statue di bronzo a grandezza naturale. Verso S, in Malea, si trova il Santuario di Apollo Hyperteleàtas (Paus., III, 22,10), ugualmente su un'altura a notevole distanza tanto da Asopòs (moderna Plytra) quanto da Lèukai (moderna Molai?).
La ceramica e i materiali bronzei pongono alla metà del VI sec. a.C. l'inizio del culto che continua fino all'inoltrato IV sec. d.C., con una importante fase ellenistica durante la quale vi si pubblicano decreti e trattati relativi alla confederazione degli Eleutherolakònes. A questa epoca risale anche l'associazione ad Apollo di Artemide, la quale era stata preceduta nel V sec. a.C. da Asclepio. Un disco acroteriale di tipo lacone e un capitello dorico arcaico, nonché le fondazioni di un edificio rettangolare allungato (m 28 x 7,50; stoà o edificio di culto?), attestano la precoce monumentalizzazione del santuario.
Di grande importanza per l'antichità dei suoi resti è un santuario scoperto sulla collina di Kastraki presso Kokkinia (ai piedi del monte Kourkoula), identificabile con quello della Madre degli dei di Akriai (Paus., Ili, 22, 3); esso, in tal caso, costituirebbe una delle più antiche attestazioni di questo culto in Grecia.
Ricognizioni nel 1986 e saggi di scavo del 1988 condotti da J. De La Genière hanno portato al riconoscimento di strati arcaici con una testina di terracotta dedalica, ceramica tardo-geometrica, frammenti di aryballoi corinzi e ceramica lacone della seconda metà del VI sec. a.C. Eccezionali sono le due serie di capitelli dorici in pòros di cui la più recente, dell'ultimo quarto del VI sec., è stata attribuita a un naìskos tetrastilo o a un baldacchino posto a protezione della statua di culto, alla quale sono stati in via ipotetica riferiti alcuni tagli nella roccia. Anche nei distretti meridionali (attuali Vardounia e Mani), meno intensamente occupati, si ripete l'associazione di culti locali a santuari regionali collocati in zone di difficile accesso e lontane da grandi centri.
Sintomatico il caso del Santuario di Posidone Asphàlios o Tenario al capo Tenaro: il suo carattere oracolare e la posizione lungo la rotta verso Occidente gli guadagnarono grande fama fin dall'età arcaica (Herodot., 1, 24, 6), accresciuta dal diritto di asylìa che lo rendeva particolarmente venerato dagli Iloti (cfr. Thuc., 1, 128,1). Per la sua importanza, infine, tale culto risulta integrato nel pantheon di Sparta mediante la duplicazione nella città e la collocazione lungo la strada Afetaide, significativamente vicino all'Apollo Maleàtas (Paus., III, 12,5).
Le ricerche topografiche hanno evidenziato, oltre a varí ambienti, probabilmente di servizio, sparsi su un'area di 17.000 m2, i resti di due importanti edifici di culto (?): l'uno (A) sotto la chiesa post-bizantina degli Haghioi Asomatoi sulla sommità della collina dominante da Ν la baia; l'altro (B) presso il porto parzialmente coperto dal mare.
L'area sacra nei pressi del villaggio di Nyphi, a S del golfo di Kolokythia a Kournòs (antica Krounosì), identificata già nel secolo scorso, è stata recentemente ristudiata da L. e T. Moschou.
Due templi dorici, uno períptero tetrastilo (m 8,40 x 9,96) con semicolonne ai vertici, l'altro distilo in antis (toichobàtes m 5,09 x 7, 24), si datano rispettivamente alla seconda metà del II a.C. (dopo il 146) e a cavallo della nostra era (tra Augusto e Tiberio). Il santuario è stato connesso allo hieròn di Demetra di Aighila (Paus., IV, 17,1) e va probabilmente riferito all'abitato individuato a Xalopyrgos dove sono resti di fortificazioni, un acquedotto e fondazioni di un edificio di carattere pubblico (tempio, sala riunioni?). Da segnalare un santuario rupestre parzialmente scavato nel 1982 presso Aighiès (8 km a Ν di Ghythion), nel quale è stato riconosciuto un santuario di Artemide. Sono stati esplorati un naìskos e un bòthros in tecnica poligonale: tra i materiali di età arcaica un haltèr iscritto reca una dedica a un Timagenes, verosimilmente eroe locale, in onore del quale si svolgevano forse competizioni atletiche.
La tradizione letteraria conferma nelle grandi linee il panorama offerto dalla documentazione archeologica, attestando sia culti con epiclesi derivata da toponimi (Afrodite Migonìtis dal promontorio a S del Ghythion; Atena Asías, a Las, da uno dei tre monti su cui sorgeva la città), sia culti a carattere poliadico (Zeus Krokeàtas di Krokeai; Atena Hippolaìtis di Hippola), sia, infine, di tipo eroico (tomba di Las presso il villaggio di Araino nelle vicinanze della omonima città antica). Essi si legano e intrecciano a molti altri culti, noti solo dalle fonti, tra i quali spiccano quelli più propriamente spartani di Apollo Karnèios (venerato a Ghythion, a Las, Oitylos, Leuttra, Kardamyle) e dei Dioscuri (Krokeai, Pephno).
Indagini topografiche, nella maggioranza dei casi non suffragate da esplorazioni archeologiche, documentano numerose fortificazioni tra Skiritis, Kynouria, Malea e penisola del Taigeto, la cui realizzazione rimanda a un organico piano di difesa diretto da Sparta. Per la cronologia ci si basa, oltre che sulle generiche indicazioni della tecnica costruttiva, su elementi esterni forniti dalla tradizione letteraria. La costruzione si svolse tra la fine del V e l'inizio del II sec. a.C. in maniera differenziata secondo i settori geografici e può con buona approssimazione essere posta in relazione con la guerra del Peloponneso, la guerra corinzia/invasione tebána e la ripresa spartana sotto Nabide.
Periodo romano. - Per quanto riguarda il periodo tardo-ellenistico e imperiale il generale spopolamento della regione menzionato dalle fonti letterarie è stato troppo affrettatamente accettato da taluni studiosi. Il quadro della L. e delle sue campagne dalla tradizione letteraria infatti risulta non solo largamente incompleto, ma anche vario e nulla affatto univoco. Così, accanto alla riduzione numerica delle polìchnai di cui parla Strabone (VIII, 4,11, 363) e alle rovine di città abbandonate viste da Pausania, che le definisce erèipia, vanno considerati i cambiamenti di sede di alcune di esse, le nuove fondazioni e i centri secondari, polìsmata, kòmai e chorià, menzionati dallo stesso Pausania, che suggeriscono una situazione articolata e complessa.
Nella valle dell'Eurota, nella Thyreatis e forse nel Mani tra II e III sec. d.C. appaiono quale elemento nuovo del paesaggio rurale, connesso al dominio romano e probabilmente con precedenti ellenistici, grandi e sontuose dimore di campagna (vere e proprie villae), nonché tombe monumentali relative ai possedimenti di personaggi di rango, legati alla chòra da profondi interessi non solo di natura economica.
Sono questi stessi maggiorenti, dei quali conosciamo solo pochi nomi (C. Iulius Eurykles con la sua discendenza è il più noto), che giocano un ruolo della massima importanza come mediatori del nuovo rapporto tra le città, la cui struttura urbanistica e la cui centralità sono fortemente potenziate, e il territorio, nel quale l'agricoltura continua a costituire una delle principali risorse economiche accanto allo sfruttamento delle cave di marmo di Krokeai e del Tenaro, riaperte da Augusto (Strab., VIII, 367), e alla raccolta e lavorazione del murice (Paus., III, 21, 6).
Una grande villa identificata da K. A. Rhomaios nel 1906 con quella di Erode Attico (iscrizione votiva per Polemokrates di Ipparchos padre di Erode, PIR, C889, e iscrizione menzionante Polydeukes) è stata parzialmente esplorata dal Servizio Archeologico Greco (saggi inediti 1977; 1984; 1990; 1991) a c.a 200 m a Ν del monastero di Loukou in Thyreatis (loc. Kolones). Sono stati ritrovati finora un ninfeo con relativo condotto idrico, un criptoportico (di cui sono in luce i lati Ν ed E), una vasta sala di pianta basilicale con colonne e accesso monumentale corinzio, tutti appartenenti a un grandioso impianto più volte rimaneggiato (costruzione dopo il 155 d.C.). Numerose le statue che adornavano la dimora tra cui un'amazzone, una sfinge acefala, una testa ideale maschile, un nudo efebico (al Museo Nazionale di Atene). Il Leake vide un gruppo di Menelao e Patroclo oggi perduto; di altri gruppi statuari parla il Curtius. Tra i ritratti, tutti della seconda metà del II d.C., sono da annoverare quelli di Lucio Vero, di Commodo, di Polydeukes, di Antinoo, di Memnon (Staatliche Museen, Berlino). Una testa efebica e una grande stele tombale a naìskos, prodotti attici del terzo quarto del IV a.C., provengono invece da una collezione privata.
Nella Vardounia sono state localizzate nella zona di Psephi cave di lapis lacedaemonius di Krokeai, dove sono accertate tracce di frequentazione e scarsi resti monumentali romani. Proprietà della famiglia di Iulius Eurykles (Paus., II, 3, 5) passarono forse all'imperatore nell'età di Domiziano (IG, V, I, 1569).
La penisola del Taigeto per la sua posizione strategica, per la presenza delle importanti cave di marmo (Vathy Aulaki: verde scuro del Tenaro; Kyprianon: rosso antico) e per le risorse delle sue coste (murice: Paus., III, 21,6) riceve a partire dall'età augustea una particolare attenzione culminata nella designazione a sede del koinòn degli Eleutherolakònes del Santuario di Posidone Tenario.
Per quanto riguarda gli abitati, Dichova (territorio di Làs) ha restituito materiali architettonici ellenistici (scavi 1968) e probabilmente il sito di una villa imperiale. A Kotronas (Teuthròne) sono segnalate terme, un edificio basilicale e numerose epigrafi.
Nella valle dell'Eurota le zone in prossimità di Sparta presentano un'interessante serie di insediamenti, da intendersi probabilmente come ville suburbane.
Abitazioni sono localizzate presso il villaggio di Magoula: in proprietà Psichoghios fu rinvenuto nel 1915 un grande mosaico (7 x 6,5 m) a tessere irregolari policrome con tritoni e scene dionisiache pertinente certamente a una ricca dimora tardo-ellenistica (fine del I sec. a.C.); in località Pandelemonos (fondo Tsaroucha) è stata scavata nel 1980 una casa romana con atrio e peristilio a sei colonne su cui si aprono due ambienti, uno dei quali pavimentato a mosaici figurati policromi; infine, presso la strada Sparta-Kalamata, furono scoperte nel 1971 due case del III e del IV sec. d.C., la prima delle quali forse distrutta dagli Eruli. Nella zona di Kokkinorachi (a Ν di Sparta) sono state messe in luce due piccole terme (frigidarium a due vasche e calidarium) e relative canalizzazioni databili tra IV e V sec. d.C.
L'attenzione degli evergeti locali non ignora tuttavia i piccoli villaggi rurali, ma si esercita ricoprendo per esempio il sacerdozio di santuari particolarmente venerati e noti presenti nella regione.
Il sacerdozio di Demetra e Kore e di Asclepio Schoinàtas a Helos, assunti rispettivamente dal nipote e dalla pronipote del senatore romano Brasidas sono particolarmente indicativi (IG, V, I, 497; 602). La pronipote, Pomponia Callistonice, ricoprì anche il sacerdozio di Artemide Patriòtis a Pleiai.
Il mantenimento da parte di membri della medesima famiglia di Brasidas del sacerdozio di Demetra e Kore all’Eleusìnion di Sparta, al quale veniva recata annualmente in processione una statua di Demetra conservata a Helos (Paus., III, 20,7), attesta la vitalità e l'importanza delle campagne e dei riti ivi praticati.
L'azione dei benefattori si combina inoltre alla benevolenza imperiale nel caso delle maggiori città (Sparta, Ghythion, Asopos, Kainoupolis) il cui sviluppo fu particolarmente favorito dagli imperatori che realizzarono opere di grande prestigio e utilità a vantaggio principalmente di Sparta (oracolo di Inò Pasiphae a Thalamae, età traianea) e Ghythion, quali teatri, acquedotti, ponti, strade, ma che non mancarono di istituire culti anche in centri minori della chòra e favorire la rinascita dei principali santuari regionali.
Secondo la tipica politica augustea del consensus e della restauratio l'intervento imperiale si svolse in maniera sia diretta (visite di Sparta: Augusto nel 21, poi Agrippa nel 16 a.C.) sia indiretta, attraverso personaggi locali particolarmente vicini all'imperatore quali C. Iulius Eurykles che in onore di Augusto e Agrippa coniò monete, istituì il primo sacerdozio imperiale (legato alla costruzione nell'agorà di Sparta di un tempio di Cesare e Augusto: Paus., III, II, 4) e l'associazione degli Agrippistae.
In un edificio termale di Plytra (Asopòs) fu rinvenuto nel 1986 un importante documento epigrafico del I-II sec. d.C. attestante la ricostruzione completa del balanèion per la città di Asopos a spese di una non meglio identificabile Lepouskla in onore degli imperatori divinizzati (cfr. Paus., III, 22, 9).
La visita di Adriano (nel 124/5 e 128/9) lasciò probabilmente come segno tangibile un acquedotto lungo 12 km.
A partire dal III sec. le campagne Iaconi furono devastate dal passaggio di Eruli e Goti, benché sino a tutto il IV sec. si riscontri continuità sia nei siti minori sia nei centri maggiori, che conobbero in questo secolo un notevole revival monumentale.
Tra IV e V sec. d.C. si datano le prime basiliche nella valle dell'Eurota in Thyreatis, Malea e nella penisola del Taigeto, tra le quali quella rinvenuta a Molaoi (Malea) si segnala per la presenza di mosaici figurati.
Dal VI-VII sec. d.C. vediamo favorito lo sviluppo di insediamenti in luoghi interni o di difficile accesso e il progressivo spopolamento del territorio che in età bizantina conoscerà una nuova ripresa, principalmente nella piana dell'Eurota e nelle regioni meridionali costiere.
Di grande rilevanza per la cronologia e la posizione piuttosto interna è la basilica scoperta a Chrysapha (Haghios Ioannis Prodromos, IV sec. d.C.?). Scavi nel 1990 a Geraki (Gerònthrai) hanno portato alla luce, sotto la chiesa di Haghios Sozon (XIII sec.), l'abside di una basilica paleocristiana a tre navate.
Tra gli insediamenti paleocristiani della Thyreatis si distinguono Kourmeki, Kato Doliana e Kastraki che presentano resti monumentali del V-VI sec. d.C. Di particolare importanza sembra essere il sito di Paliostolos (a NE di Loukou), donde provengono epigrafi del VI sec. d.C. e sono riconoscibili numerose fondazioni di edifici. Interessante il restringimento e l'arroccamento del sito di Leonidion (Prasiai) tra tardoantico ed età bizantina.
Nella Malea furono rinvenute basiliche paleocristiane a Molai (loc. Chalasmata, 1979) e a Talanta (10 km a S di Monemvasìa, 1982).
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Delivorrias, Εικονογραφικοί δυσχετισμοι και νοηματικες συναρτησεις με αφορμη ενα πηλινο ειδωλιο της Αφροδιτης και καποιες αλλες ελληνιστικες παραστασεις της θεας, in θησαυρισμα εις Δ. Βαγιακακον (Λακωνικαι Σπουδαι, XI), Atene 1992, ρ. 58 ss. - Neapolis (Malea): ADelt, XXVm, 1973, Chron., pp. 173-175; ARepLondon, 25, 1978-79, p. 20. - Nisi Η. Andreas: P. Β. Phaklares, Αρχαία Κυνουρία, cit., pp. 47-55. - Nisi Paralion Astrous: ibid., pp. 56-78. - Paralia Polithron: ibid., pp. 141-142. - Paralion Leonidion: ibid., pp. 129- 137. - Pavlopetri: A. F. Harding, Pavlopetri. A Mycenean Town Underwater, in Archaeology, XXIII, 1970, p. 242 ss. - Pellana: ARepLondon, 28, 1981-82, p. 24; 29, 1982-83, p. 29; 37, 1990-91, p. 27; Αρχαιολογία, IV, 1982, p. 84; ADelt, XXXVII, 1982 (1989), p. 112 s.; BCH, CVII, 1983, p. 761; CXVI, 1990, p. 733. - V. inoltre: Th. P. 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C. from Laconia, in BSA, LXVI, 1971, p. 65 ss. - Spartia (Arna): ADelt, XXXVII, 1982 (1989), B' Chron., pp. 111-112; BCH, CXIV, 1990, p. 734; ARepLondon, 37, 1990-91, pp. 27-28. - Sykea: ARepLondon, 26, 1979-80, p. 32; BCH, CIV, 1980, p. 605. - Tesoro dell'Antico Elladico dalla Thyreatis: A. Greifenhagen, Schmuckarbeiten in Edelmetall, Berlino 1970, pp. 17-18, tavv. Ι-ΙΙ. - Tainaron: N. D. Papachatzis, Ποσειδων Ταιναριος, in AEphem, 1976, p. 102 ss.; W. Cummer, The Sanctuary of Poseidon at Tainaron, Lakonia, in AM, XCIII, 1976, p. 35 ss.; R. W. M. Schumacher, Three Related Sanctuaries of Poseidon: Geraistos, Kalaureia and Tainaron, in N. Marinatos, R. Hägg (ed.), Greek Sanctuaries. New Approaches, Londra-New York 1993, P· 62 ss., in part. pp. 72-74. - Tigani: ARepLondon, 25, 1978-79, p. 20; 27, 1980-81, p. 20; 29, 1982-83, p. 29; 31, 1984-85, p. 25; 32 1985-86, p. 30; BCH, CIV, 1980, p. 607; CV, 1981 p. 794; CVIII, 1984, p. 764; CIX, 1985, p. 783; Ergon, 1984, pp. 66-67. - Trypi: ARepLondon, 31, 1984-85, p. 24; Αρχαιολογια, XV, 1985, p. 55 ss.; BCH, CIX, 1985, p. 780. V. inoltre: P. Themelis, Καιαδας in AAA, XV, 1982, p. 183 ss.; G. A. Pikoulas, Καιαδας II, in Horos, VI, 1988, p. 85 ss. - Tsakona (Aphyssou): ARepLondon, 34, 1987-88, p. 26; 36, 1989-90, pp. 22-24, figg. 15-16; BCH, CXIV, 1990, ρ 734. - V. inoltre: R. W. Catling, D. G. Shipley, Messapian Zeus: an Early Sixth-Century Inscribed Cup from Lakvnia, in BSA, LXXXIV, 1989, p. 187 ss.; H. W. Catling, Zeus Messapeus near Sparta: an Interim Report, in Λακωνικαι Σπουδαι, Χ, 1990, p. 276 ss.; id., Excavation at Aphyssou, Tsakona 1989, in BSA, LXXXV, 1990, p. 13 ss. - Tyros: P. B. Phaklares, Αρχαία Κυνουρία, cit., pp. 142-145. - Vaphiò-Paleopyrghi: ADelt, XXXVII, 1982 (1989), Β' Chron., p. 112; BCH, CXIV, 1990, p. 736; ARepLondon, 37, 1990-91, p. 27. V. inoltre: Ε. Ν. Davis, The Vapheio Cups and Aegean Gold and Silver Ware (diss., New York 1973), Ann Arbor 1975; J. Younger, The Mycenae-Vapheio Lion Group, in AJA, LXXXII, 1978, pp. 285-299; id., The Mycenae-Vapheio Lion Workshop III, in Shaft Graves in Bronze Age Greece. Temple University Aeagean Symposium, VI, Filadelfia 1981, pp. 67-71; id., Aegean Seal of the Late Bronze Age: Master and Workshop III. The First-Generation Mycenean Masters, in Kadmos, XXIII, 1984, pp. 38-64; I. Kilian Dirlmeier, Das Kuppelgrab von Vapheiò. Die Beigabenausstattung in der Steinkiste. Untersuchungen zur Sozialstruktur in späthelladischer Zeit, in JbZMusMainz, XXXIV, 1987, pp. 197-212. - Voitylos: ARepLondon, 31, 1984-85, p. 25. V. inoltre: A. Avramea, Ιστορικες μαρτυριες και αρχαιολογικα τεκμερια απο το Ουτυλο της Μανης, in Λακωνικαι Σπουδαι, VII, 1983, p. Ι ss.