LACUNARE (lacunar)
I lacunari, o "cassettoni" dell'architettura greca ci sono particolarmente noti attraverso gli edifici classici di Atene: Partenone, Propilei, tempietto di Atena Nike, Eretteo, Hephaisteion, tempio di Ares. In tutti questi monumenti i soffitti a cassettone fanno parte dell'architettura esterna, specie della peristasi, mentre possiamo ritenere che la copertura degli ambienti interni della cella fosse in legno. Gli avanzi trovati non ci consentono di stabilire se anche la cella fosse a cassettoni, salvo per la cella dell'Eretteo, attestata da una iscrizione (I. G., i2, 372-74) e per l'Artemision di Efeso, su cui abbiamo una notizia di Vitruvio (ii, 9, 13). Il soffitto a cassettoni posa su travi o sostegni (στρωτῆρες), con conseguente divisione in campi (χῶραι). Questi spazi intermedi rettangolari, formati dall'incrocio delle travi, si chiamano ϕάτνωμα oppure ϕάτνη (greppia, o mangiatoia). Nell'intento di ottenere una tensione minima, le travi vengono poste nello spazio più breve, cioè nella peristasi sull'ala (pterà) più corta, nei lati orientali e occidentali e nell'ala maggiore sino all'anta, perpendicolarmente all'asse longitudinale del tempio; tuttavia nel Partenone l'ala maggiore predomina sulla minore, cioè il soffitto a cassettoni va da un timpano dell'edificio all'altro. I listelli (travicelli) posano sulla fascia, che chiude l'epistilio dall'interno. I sostegni più lunghi che si siano conservati, sono quelli dell'atrio occidentale dei Propilei con una campata veramente sorprendente di m 5,8o. Nella loggia occidentale dei Propilei, sulle potenti travi portanti, si stende un graticcio dalle solette relativamente leggere, i cui incavi sono ricoperti di lastre quadrate, i veri e proprî cassettoni. Questi constano di tre parti, che vanno restringendosi in alto: due telai (πλαίσια) e il coperchio del cassettone (κάλυμα).
Si ha l'impressione che il modello ligneo sia ancora visibile nella copertura a cassettoni dei Propilei. Il tipo arcaico di costruzione lignea è particolarmente ben riprodotto in pietra nelle coperture dei sepolcri lici (v. trysa): un doppio intreccio di travi e di solette, i cui vuoti sono chiusi da modeste tavolette, allo stesso modo come nelle impalcature dei peristilî le aperture tra le originarie testate di travi erano chiuse da metope.
La semplice copertura costituita da una serie di tronchi d'albero o di travi o di solette con canne o canne palustri e intonaco d'argilla fu sostituita da queste artistiche costruzioni in legno (v. Benndoff-Niemann). Nessun altro edificio classico di Atene ha una copertura così specificamente funzionale quale il soffitto a cassettoni dei Propilei. Negli stessi Propilei la copertura del vestibolo orientale mostra solo le travi di sostegno e immediatamente su queste cassettoni a uno o due scomparti. Le travi portanti mancano sull'ala maggiore del Partenone, sicché i cassettoni non articolati si susseguono in fitta serie. Il vestibolo delle Korai dell'Eretteo ha un soffitto a cassettoni senza travi portanti visibili. Questo tipo assume la massima importanza per l'evoluzione successiva del soffitto nell'architettura ellenistica e romana.
Il soffitto dello Hephaisteion offre una particolarità: gli spazi tra le travi portanti sono completamente chiusi da grandi lastre piatte con una doppia serie di fori quadrati, entro i quali sono inseriti i piccoli cassettoni. I termini tecnici relativi alle singole parti di questi soffitti a cassettoni non sono sempre chiari e non è facile interpretarli in modo definitivo. Oltre ai termini già citati rileviamo da un'iscrizione dell'Eretteo il termine σελίς per indicare una lastra da cassettone composta da vari elementi e πλαίσια usato per la cornice del cassettone vero e proprio.
I cassettoni quadrati degli edifici classici di Atene sono quasi senza eccezione decorati con pittura ad encausto, salvo la consueta cornice ad ovoli o a perle modellati o dipinti: nei Propilei, nell'Hephaisteion e nel tempio di Ares la decorazione consta di stelle disposte in campi quadrati, nel Partenone di meravigliose palmette e boccioli di loto a forma di stelle. I fori nei fondi dei cassettoni dell'Eretteo fanno presumere una decorazione a rosette metalliche.
Non sono attestati soffitti a cassettoni precedenti quelli degli edifici classici ateniesi. Vanno tuttavia ricordati i grandi lacunari quadrati (c. 500 a. C.) nel geison orizzontale e nel geison obliquo del tempio di Atena a Paestum; i fondi in arenaria inseriti nell'interno del campo sono decorati da stelle e da rosette modellate plasticamente. Per quanto il tipo sia affine ai cassettoni attici classici, non è possibile stabilire una immediata derivazione dell'uno dall'altro; tuttavia si potrebbero far derivare tanto il geison a cassettoni del tempio di Atena in Paestum quanto il soffitto a cassettoni marmorei degli edifici di Atene da un modello originario in legno, cioè tavole in legno quadrate fra travi o travicelli del tetto. (Per l'evoluzione storica di questa forma di geison ispirata alle costruzioni lignee etrusche si veda Vitruvio, iv, 7, 5 e gli studî del Dyggve e del Naumann).
Dopo il periodo classico i soffitti a cassettoni sono frequenti. Interessante per la metà circa del IV sec. a. C. una notizia di Plinio (Nat. hist., xxxv, 124), secondo la quale il pittore Pausias avrebbe inventato la decorazione pittorica dei cassettoni (lacunaria). Essendo però i cassettoni da tempo decorati a colori, è probabile che si tratti di pitture a figure, simili a quelle scoperte nel cosiddetto Monumento delle Nereidi, a Xanthos: una testa vista di tre quarti. Accanto a cassettoni dipinti troviamo, durante il sec. IV, cassettoni con decorazione plastica di alto valore artistico, quali quelli della thòlos di Epidauro (v.): nel campo interno quadrato sono inseriti grandi fiori modellati, sul tipo di quelli dell' Eretteo, dove si trovavano in forma più moderata.
Verso la metà del sec. IV il cassettone raggiunge la sua piena evoluzione. I soffitti a cassettoni diventano così correnti da venir, per esempio, riprodotti nelle rappresentazioni architettoniche della pittura vascolare. La struttura funzionale del cassettone non può venir perfezionata oltre, bensì solo falsata. La stessa architettura greca inizia questa involuzione, per esempio nella peristasi della thòlos di Delfi (v.), i cui cassettoni sono formati da segmenti di arco disposti a romboide.
Poco vi è da dire sull'arte etrusca; qualche volta vengono ripresi i cassettoni greci, modestamente usati, come nella tomba dei Volumni presso Perugia. D'altra parte si trovano in tombe etrusche di epoca abbastanza arcaica soffitti con travicelli e lacunari a gradini, a fondo centrale rettangolare o quadrato (Chiusi: Tomba della Scimmia, Tomba del Colle).
Nell'architettura romana di età imperiale furono talvolta usati cassettoni secondo i modelli classici, così nella peristasi del tempio di Marte Ultore in Roma, dove però all'intercolumnio corrisponde un unico cassettone con una rosetta a rilievo, oppure nel passaggio dell'Arco degli Argentari, in Roma, dove il cassettone è usato secondo lo schema consueto, ma ha un'eccessiva decorazione plastica. In altri casi il cassettone, trasformato in un elemento ornamentale, deformato ed eccessivamente decorato, perde completamente la sua struttura architettonica, sicché si può solo parlare di lastre di copertura "cassettate", per esempio nell'aula di Nîmes o negli ambulacri del cosiddetto tempio di Bacco a Baalbek (v. heliopolis), dove la forma fondamentale quadrata del cassettone venne trasformata in esagoni e in rombi.
Tipicamente romano è l'uso di singoli cassettoni, riccamente decorati, posti tra le mensole a volute sotto il geison, il cui prototipo si trova già nell'architettura ellenistica, nella Torre dei Venti in Atene, dove è usato nel cornicione interno. Finalmente in edifici di età imperiale i cassettoni si sono decisamente staccati dall'intento originario, diventando una decorazione delle superfici di vòlte a botte e di cupole (v. la Basilica di Massenzio in Roma), nelle vòlte a botte degli archi trionfali romani, nel Pantheon di Roma o nella cupola monolitica dell'àdyton settentrionale del tempio di Bēl presso Palmira. Si potrebbero considerare un'ultima eco della "invenzione" di Pausias i campi quadrati dipinti a figure del soffitto scoperto sotto il duomo di Treviri. Attesta la diffusione del soffitto a cassettoni nell'architettura privata romana l'uso diffuso del termine lacunar al posto di contignatio, che è il termine indicante il semplice soffitto a travi.
Monumenti considerati. - Partenone: M. Collignon, Le Parthenon, Parigi 1909-12; W. Züchner, in Arch. Anz., 1936, C. 319 ss., figg. 6, 8, 9. Propilei: W. Dörpfeld, Erechtheion, a cura di H. Schleiff, Berlino 1942, p. 74, tav. 30. Tempietto di Atena Nike: W. Dörpfeld, op. cit., p. 74, tav. 29 d. Eretteo: W. Dörpfeld, op. cit., p. 72 ss., figg. 13-18, tavv. 8, 11, 16, 17, 19, 26 c, 29 a; J. M. Paton e altri, The Erechtheion, Cambridge, Mass. 1927, pp. 27 ss.; 87 ss.; 115 ss.; 362 ss., figg. 19, 57, 63, 69, 189, 192, 193. Hephaisteion: W. Dörpfeld, op. cit., p. 74, tav. 29 b, c; H. Koch, Studien zum Theseustempel in Athen (Abh. Akad. Leipzig, xlvii, 2), 1955, pp. 62 ss., figg. 46, 48, 49, 50, 56, 92, tavv. 14, 15, 42-52. Tempio di Ares: M. Hilland-Mc. Allister, in Hesperia, xxviii, 1959, pp. 38 ss., figg. 21, 22, tavv. 5, 6. Licia, tombe: O. Benndorf-G. Niemann, Das Heroon von Gjölbaschi-Trysa, Vienna 1889, fig. 144, tav. 31; id., Reisen in Lykien und Karien, Vienna 1884, p. 137, fig. 80. Paestum, templi: F. Krauss, Die Tempel von Paestum, i, i, Der Athenatempel, Berlino 1959, p. 24 ss., tavv. 25-27. Epidauro, thòlos: A. W. Lawrence, Greek Architecture, Harmondsworth 1957, tav. 88. Per il cosiddetto Monumento delle Nereidi a Xanthos: J. Six, in Jahrbuch, xx, 1905, p. 157 ss., fig 3. Delfi, thòlos: Fouilles de Delphes, ii, 4, 2, Parigi 1925, fig. 19. L. nella arte etrusca: R. Bianchi Bandinelli, Le pitture delle tombe arcaiche. Clusium, fasc. i, p. 5 ss., figg. 1, 8, 10; p. 16, figg. 16, 18; A. v. Gerkan, in Röm. Mitt., lvii, 1942, p. 136 ss., figg. 7, 8, 10, suppl. 4 e 5. L. nell'arte romana: J. Durm, Die Baukunst der Römer, Stoccarda 1905. Arco degli Argentari: M. Pallottino, L'arco degli Argentari, Roma 1946, p. 65 ss., figg. 18, 30, 31, tav. 15. Nîmes: R. Naumann, Der Quellbezirk von Nîmes, Berlino-Lipsia 1937, p. 7, tavv. 20, 35. Baalbek, tempio di Bacco: Th. Wiegand, Baalbek, ii, Berlino-Lipsia 1923, p. 67 ss.; tavv. 23, 40-48. Palmira, tempio di Bēl: Th. Wiegand, Palmyra, Berlino 1932, p. 67, tav. 71; J. Fink, Die Kuppel über dem Viereck, Monaco 1958, p. 67, fig. 45. Treviri: Th. Kempf, in Spätantike und Byzanz, 1952, p. 5 ss.; F. W. Deichmann, Untersuchungen zu Dach und Decke der Basilika, in Charites, Bonn 1957, p. 249 ss.
Bibl.: H. Thedenat, in Dict. Ant., III, 2, p. 903, s. v. Lacunar; F. Ebert, Fachausdrücke des griechischen Bauhandwerks, I, Der Tempel, Würzburg 1910; id., in Pauly-Wissowa, XII, 1924, c. 369 ss.; F. W. Deichmann, in Reall. Ant. u. Christ., III, p. 629 ss. Sull'origine del l.: E. Dyggve, Das Laphrion, Copenaghen 1943. Per i l. riprodotti nella pittura vascolare: H. Bulle, in 94. Winckelmannsprogr., Berlino 1934; R. Naumann, Architektur Kleinasiens, Tubinga 1955, p. 147, figg. 165-6; A. v. Gerkan, Von antiker Architektur und Topographie, Stoccada 1959, p. 282 ss.