GUINIGI, Ladislao
Figlio di Paolo di Francesco, signore di Lucca, e di Ilaria Del Carretto, nacque a Lucca il 24 sett. 1404.
Il suo nome, completamente estraneo all'onomastica familiare, fu effetto del comparatico del re di Napoli, Ladislao d'Angiò Durazzo: data l'inimicizia manifesta tra il sovrano di Napoli e il Comune di Firenze, il nome dato al G. dall'emissario del re che lo tenne a battesimo alludeva in modo particolarmente significativo alla dedizione di Paolo allo schieramento degli avversari del Comune di Firenze.
L'infanzia e l'adolescenza del G. si svolsero a Lucca, dove ricevette un'educazione consona allo status principesco ambito dal padre; il cronista Giovanni Sercambi ricorda che, in occasione di una visita a Firenze nel 1419, il G., allora non ancora quindicenne, ebbe modo di distinguersi presso i Priori fiorentini e il papa Martino V che si trovava in quella città. Nel luglio del 1420 fu concluso anche un accordo matrimoniale con i da Varano, signori di Camerino, già legati ai Guinigi da un precedente matrimonio di Paolo con Piacentina di Rodolfo: il 7 agosto furono celebrate le doppie nozze di Paolo Guinigi con Iacopa Trinci, dei signori di Foligno, e del G. con Maria di Gentile di Rodolfo da Camerino, nipote della defunta Piacentina. Le ambizioni personali e le precarie vicende della politica lucchese portarono ben presto il G. lontano da Lucca; egli, infatti, per vocazione propria o per assecondare la politica paterna, si avviò per tempo alla carriera delle armi: la prima condotta che di lui si ricorda risale al 1425, quando i Fiorentini lo avrebbero assoldato con 700 lance; già nel corso dello stesso anno sarebbe passato al servizio di Filippo Maria Visconti: nel gennaio del 1426 il padre del G. scrisse alla Repubblica di Venezia e ai Dieci di balia di Firenze che il giovane si era dato alla milizia con un'armata pagata a spese proprie. Si trattava in realtà del primo di una teoria di maldestri tentativi di sottrarsi alle responsabilità derivanti dagli accordi culminati nella lega stipulata il 31 ag. 1422 con Firenze, in onore della quale il signore di Lucca avrebbe dovuto astenersi da relazioni con i nemici di quella città; l'alleanza con Filippo Maria risultava inoltre sgradita alla Repubblica veneziana: a Venezia Paolo Guinigi aveva depositato da tempo un'ingente somma di denaro; tuttavia l'accordo tra Lucca e Firenze non si era protratto oltre l'anno 1425 e le relazioni tra i due governi si erano fatte tese e complicate da un clima di reciproci sospetti già alla fine del 1424.
Non è possibile accertare se il G. fu mandato al Visconti dal padre o se militasse a spese proprie; né peraltro è certo quando ebbe inizio la ferma: pare che nella primavera del 1426 fosse al soldo di Giacomo Caldora, capitano al servizio di Martino V; ma già alla fine di marzo si trattava la sua condotta da parte del duca di Milano, alle cui dipendenze risulterà per circa due anni in modo sempre più continuativo a partire da quell'epoca. Racconta un testimone lucchese che il 2 luglio 1426 G. "uscìo di Lucha a ore 23 sonate per Porta di Borgho con suo stendardo e con sua giente a chavallo et a piedi per andare in Lonbardia al soldo del dugha di Milano" (Libro di ricordi di Andrea Stefani, c. 24r). Quanto alla condizione in cui il G. militò al servizio del Visconti e alle forze che capitanava, alcuni documenti fanno cenno a una compagnia pagata a spese proprie, della cui composizione non si forniscono però indicazioni; in una missiva ai Dieci di balia Paolo Guinigi ricordava di aver più volte offerto i servizi del figlio ai Fiorentini, ma di fronte al loro rifiuto questi aveva dovuto imboccare la via del servizio milanese; secondo il fiorentino Neri Capponi egli avrebbe anche aggiunto che "il figliuolo era manceppato […], e co' suoi propri danari lo mandò a' servigi del duca" (Commentari, col. 1165); un altro testimone fiorentino, Giovanni Cavalcanti, attesta che Niccolò da Uzzano, legato al signore di Lucca da antica familiarità, difendeva con efficaci ragioni la causa guinigiana, ricordando che Paolo aveva più volte offerto loro i servizi militari del figlio che i Fiorentini avevano rifiutato dubitando della sua esperienza.
Il pretesto per una definitiva crisi fu forse fornito proprio dal passaggio del G. al soldo di Filippo Maria: la sua spedizione fu considerata una violazione dei patti della lega del 1422. Da questo momento le mosse del signore di Lucca e di suo figlio sono sempre più sfuggenti e difficili da interpretare: il disegno lucchese era di trovare un equilibrio vivendo attimo per attimo le fasi del conflitto tra Milano da una parte, Firenze e Venezia dall'altra, nell'arduo quanto vano tentativo di ritagliarsi un margine di autonomia. Al servizio del duca il G. si distinse nel comando di alcune schiere impegnate nella parte occidentale del Ducato, soprattutto contro Amedeo VIII di Savoia, rendendosi protagonista, nel 1427, di imprese che danneggiarono i domini di quest'ultimo; Paolo Guinigi dovette prendere le difese del figlio senza trascurare nel contempo di scindere ancora una volta la propria personale responsabilità. Ancora nel marzo di quell'anno, inoltre, il signore di Lucca dava istruzione a Gregorio Arrighi, ambasciatore a Venezia, di rassicurare il doge sulla buona fede del governo lucchese. Non è certo quanto tempo il G. rimanesse presso il Visconti, né se fosse sempre presente sul campo con le sue schiere; certamente era a Milano il 5 apr. 1428 e anche nel maggio seguente, quando fu raggiunto da una lettera del padre che lo esortava a curare la riscossione di un credito. Il suo servizio si protrasse fino alla tarda primavera del 1428, ma l'ambiguo atteggiamento perseguito dal G. aveva forse guastato le relazioni con il Visconti, se è vero che questi il 30 maggio 1428 lamentava in una lettera all'imperatore Sigismondo di Lussemburgo che anche il già fidatissimo figlio del signore di Lucca gli aveva chiesto licenza di allontanarsi per ingiunzione paterna, mentre in realtà sarebbe passato dalla parte dei nemici, pronto a volgersi contro Genova con il favore dei congiunti Fregoso (una sorella del G., Ilaria, era andata sposa a Battista Fregoso). Il 23 giugno di quell'anno fece ritorno a Lucca, dove fu accolto con onore da alcuni concittadini.
Da quel momento rimase verosimilmente in città a fianco del padre nel precipitare degli eventi: l'elezione in Firenze dei Dieci di balia per l'impresa di Lucca risale al 15 dic. 1429. Benché formalmente il signore di Milano non potesse intervenire in soccorso dei Guinigi, fin dall'inizio del 1430 egli si adoperò per far loro ottenere l'aiuto di Francesco Sforza. L'arrivo del condottiero provocò la ritirata dell'esercito fiorentino e in breve tempo scongiurò il pericolo che Lucca cadesse in mano ai Fiorentini; tuttavia lo Sforza si accordò in seguito con alcuni notabili cittadini per rovesciare la signoria di Paolo (14 ag. 1430); il G. stesso, che militava a fianco dello Sforza, fu catturato e inviato prigioniero con il padre e con i fratelli al duca di Milano. Presso la corte viscontea egli trascorse qualche tempo, separato dalla propria famiglia; i suoi figli, infatti, ancora nel gennaio del 1431, risultavano sotto la custodia degli Anziani, che crearono un consiglio di amministrazione e tutela; è verosimile che il duca di Milano lo trattenesse inizialmente in una sorta di confino; già nel maggio del 1433, comunque, gli Anziani si lamentavano con il Visconti per la sua scelta chiedendo, a quanto è dato di capire, di rilasciarlo. Il G. non si rassegnò all'esilio; il suo temperamento irruente gli suggerì più volte piani per rientrare in Lucca. L'episodio che ebbe maggior risonanza si verificò tra l'autunno del 1443 e l'estate del 1444: con l'appoggio di Spinetta Fregoso signore di Sarzana egli avrebbe tramato dal chiuso di una cella del convento dei frati predicatori di Sarzana per rientrare in città "et ripigliare l'antica tirannia", sostenuto nel suo disegno da un congiunto, Azzo di Dino Guinigi, e da alcuni complici che gli avrebbero garantito il sostegno di genti d'arme provenienti dalla Lombardia. Gli Anziani, sventata la congiura, si affrettarono a darne notizia. Dopo quella data si perdono le tracce del Guinigi. Non è nota la data della sua morte.
Dalla moglie Maria aveva avuto Francesco, Filippo, Bartolomeo e Susanna, che nel 1457 erano tutti viventi e non avevano contratto matrimonio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Archivio Guinigi, 151, c. 61v; Fregionaia, 40 (Libro di ricordi di Andrea Stefani), c. 24; Governo di Paolo Guinigi, 6, cc. 203, 211v; N. Capponi, Commentari, in Rer. Ital. Script., XVIII, Mediolani 1731, coll. 1165 s., 1168, 1170; A. Biglia, Historiae patriae librorum IX sommaria, ibid., XIX, ibid. 1731, coll. 100, 124-131; P.C. Decembrio, Vita Philippi Mariae Vicecomitis Mediolanensium ducis tertii, a cura di G. Petraglione, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XX, 1, pp. 84, 117-120; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis commentarii, a cura di G. Soranzo, ibid., XXI, 2, p. 30; Regesti del R. Archivio di Stato in Lucca, III, 1, Carteggio di Paolo Guinigi, a cura di L. Fumi - E. Lazzareschi, Lucca 1925, ad ind.; III, 2, Carteggio di Guido da Pietrasanta, a cura di E. Lazzareschi, Pescia 1933, ad ind.; V, Carteggio degli Anziani dall'anno 1473 all'anno 1492, a cura di E. Lazzareschi, Pescia 1943, ad ind.; S. Ammirato, Istorie fiorentine, V, Torino 1853, p. 111; G. Sercambi, Croniche, a cura di S. Bongi, III, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXI, Roma 1893, ad ind.; M.A. Sabellico, Le historie Vinitiane, Venezia 1554, p. 146; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, I, Firenze 1838, pp. 302 s.; Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, a cura di L. Osio, II, Milano 1869, p. 376; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi, a cura di C. Guasti, III, Firenze 1873, pp. 15, 121, 188, 308 s.; A. Pezzana, Storia della città di Parma, II, Parma 1842, p. 264; S. Bongi, Di Paolo Guinigi e delle sue ricchezze, Lucca 1871, pp. 22, 24, 52 s., 55, 109 s.; F. Mucciaccia - A. Pellegrini, Documenti inediti relativi alla caduta di Paolo Guinigi signore di Lucca, in Studi storici, III (1894), pp. 230, 244-246, 258 s.; E. Lazzareschi, Francesco Sforza e Paolo Guinigi, in Miscellanea di studi storici in onore di G. Sforza, Torino 1923, pp. 406 s.; Storia di Milano, VI, Roma 1955, pp. 226, 259, 264; M. Raffaelli Cammarota, Caldora, Giacomo, in Diz. biogr. degli Italiani, XVI, Roma 1973, p. 639; R. Manselli, La Repubblica di Lucca, Torino 1986, pp. 81 s.; F. Ragone, Le spose del signore. Scelte politiche e cerimonie alla corte di Paolo Guinigi, in Ilaria Del Carretto e il suo monumento… Atti del Convegno… 1994, a cura di S. Toussaint, Lucca 1995, pp. 132 s.; A. Menniti Ippolito, Francesco I Sforza, in Diz. biogr. degli Italiani, L, Roma 1998, p. 3.