Lady in the Dark
(USA 1942-43, 1944, Schiave della città, colore, 100m); regia: Mitchell Leisen; produzione: Buddy G. De Sylva per Paramount; soggetto: Moss Hart, dalla sua omonima commedia musicale; sceneggiatura: Frances Goodrich, Albert Hackett, Mitchell Leisen; fotografia: Ray Rennahan; montaggio: Alma Macrorie; scenografia: Hans Dreier, Raul Pene DuBois; costumi: Raul Pene DuBois, Edith Head, Mitchell Leisen, Babs Wilomez; coreografie: Bill Daniels; musica: Robert Emmett Dolan.
Liza Elliott è direttrice di una importante rivista di moda a New York. Protetta dal ricco Kendall Nesbitt, che continua a prometterle di divorziare dalla moglie per unirsi ufficialmente a lei, la donna è provocata con insistenza da un suo collaboratore, Charley Johnson, che aspira a salire di grado e che ne sottolinea l'efficienza, sì, ma anche la mancanza di femminilità. Liza ha dato tutto alla professione, ma da tempo è torturata da un motivo musicale che le ritorna in mente e per il quale non sa trovare spiegazione. Convinta a recarsi da uno psicanalista, la donna è molto scettica, e quando incomincia a emergere la sua carenza di femminilità decide di abbandonare l'analisi. A complicare le cose arriva nei locali della rivista per un servizio fotografico un adone di Hollywood, Randy Curtis, che subito corteggia la donna. Liza tuttavia ritorna alla terapia e giunge a comprendere le ragioni dei suoi scompensi e delle sue insicurezze: un episodio dell'infanzia in cui il padre, rimasto vedovo della moglie amatissima, rimprovera aspramente la bambina per avere indossato un certo vestito blu della madre (con l'evidente intento di rendersi interessante agli occhi del genitore). E anche un altro nel quale, al ballo scolastico, ella verrà scaricata dal ragazzo più corteggiato che nel frattempo si è riconciliato con la propria ragazza. Desiderata da Kendall e da Randy, che la vogliono sposare (il primo anzi sta davvero divorziando), Liza capisce che nel primo caso si unirebbe a un surrogato del padre e nel secondo a un pupazzo bello, adorante e vuoto. Sceglie quindi di dividere la responsabilità della direzione con Charley, l'unico che l'ha trattata senza accondiscendenza e che, pur in modo provocatorio, ha compreso i suoi veri bisogni sia di donna che di professionista.
Lady in the Dark ha sofferto per gli scontri fra produttore e regista che portarono a un drastico taglio dello spartito broadwayano originale: brani come My Ship, il cui motivo la donna sente per tutto il film (e che non trova spazio per essere finalmente cantata) e lo scioglilingua Tschaikowsky, che fu scritto per uno degli interpreti teatrali del lavoro, Danny Kaye, furono espunti da Buddy G. De Sylva contro la volontà di Mitchell Leisen, cosa che nocque non poco alla riuscita del film. Per di più, a sentire il regista, Ginger Rogers fu alquanto trascurata sul set, facendo perdere alla produzione e alle maestranze giorni preziosi. Infine, il confronto con Gertrude Lawrence, l'interprete originale a Broadway e stella inarrivabile, va a scapito della Rogers, ottima nelle scene di canto e danza, ma meno in parte nel resto.
Eppure il film emana un fascino inusitato, in parte dovuto agli straordinari costumi delle sequenze musicali, in parte al fatto che si tratta del primo musical hollywoodiano direttamente ispirato alla terapia psicanalitica. Le due cose sono del resto connesse, ché i numeri musicali sono tutti concepiti come sogni, o piuttosto fantasticherie memoriali della protagonista che, seduta sul sofà, le riporta alla mente: quella del matrimonio rifiutato, quella con i genitori e soprattutto quelle del circo e del processo brillano del lusso sfavillante a cui il musical americano ci ha abituato, ma al tempo stesso fluttuano in una terra di nessuno ben diversa dai teatri o anche dalle strade metropolitane diventate scena di tante pellicole del genere. Nel sogno del processo, in particolare, la componente grottesca inchioda lo spettatore proprio perché estranea alla tradizione del musical hollywoodiano: si sente infatti che la mano di Kurt Weill, autore delle musiche della commedia originale, esule tedesco e collaboratore ai migliori lavori di Bertolt Brecht, è ancorata alla musica europea del teatro fra le due guerre. Ma al tempo stesso si sente anche come il genio del musicista riesce a sposarsi con i modelli della spontaneità ritmica americana: il brano The Saga of Jenny è una perfetta combinazione di quelle due tradizioni, dispiegando una paradossalità inaudita nel mondo in genere ovattato del musical, ma anche una felicità di fraseggio che fa pensare a una parte scritta per uno strumento più che per una voce.
È però vero che nella versione teatrale i quattro sogni di Liza venivano mostrati su quattro scene concentriche e rotanti, e ogni sogno era concepito come un lungo finale di operetta: questo evidentemente manca nel film, che ha preferito ridurre i sogni a brani più corti e meno concentrati. In certa misura, la storia del film può ricordare una commedia come Tom, Dick and Harry (Tom, Dick e Harry) di Garson Kanin, interpretato proprio dalla Rogers tre anni prima. C'è anzi addirittura chi ha visto nella pellicola un'opera che precorre All That Jazz (All That Jazz ‒ Lo spettacolo continua, 1979) di Bob Fosse, altro film in cui le esperienze oniriche del protagonista diventano numeri musicali.
A sentir Leisen, la sceneggiatura della coppia Good-rich/Hackett non fu affatto utilizzata e sarebbe anzi stato lui a porvi radicalmente mano. Inoltre, sembra che il fotografo Ray Rennahan tentasse in tutti i modi di imporre il proprio modo di vedere e girare questa o quella scena. L'atmosfera sul set insomma non era ideale. E tuttavia, Lady in the Dark segnò un ottimo successo al box office. Ma segnò anche uno scacco per Ginger Rogers che, da premio Oscar nel 1940, si trovò allora a percorrere una china discendente nella popolarità presso il grande pubblico.
Interpreti e personaggi: Ginger Rogers (Liza Elliott), Ray Milland (Charley Johnson), Warner Baxter (Kendall Nesbitt), Jon Hall (Randy Curtis), Barry Sullivan (Dr. Brooks), Mischa Auer (Russell Paxton), Phyllis Brooks (Allison DuBois), Mary Phillips (Maggie Grant), Edward Fielding (Dr. Carlton), Frances Robinson (ragazza con Randy), Don Loper (Adams), Mary Parker (Miss Parker), Catherine Craig (Miss Foster), Marietta Canty (Martha), Virginia Farmer (Miss Edwards), Fay Helm (Miss Bowers), Gail Russell (Barbara), Marian Hall (Miss Stevens), Kay Linaker (madre di Liza), Harvey Stephens (padre di Liza), Billy Daniels (fattorino), Georgia Backus (Miss Sullivan), Rand Brooks (Ben), Pepito Pérez (clown).
Char., Lady in the Dark, in "Variety", February 16, 1941.
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