lagrimare (lacrimare)
Ricorre nella Vita Nuova, nella Commedia (mai nel Paradiso), una volta nelle Rime e una nel Fiore, sempre nel senso di " piangere ", " manifestare con lagrime un dolore ". Questo coincide con l'affanno amoroso in Rime LXXII 11 Amore... lacrimava pur di vero, e in tredici delle attestazioni della Vita Nuova (XII 2 [due volte; la prima è sostantivato], XXX 1, XXXI 1 e 8 2, XXXVI 2 e 4 14, XXXVII 6 1 [v. anche al § 3] e 6 3, XXXIX 4 e 8 6, XL 10 11), in cui il verbo, non diversamente dal sostantivo ‛ lagrima ' (v.), pare quasi costituire una delle parole-chiave del libello, divenendo segno del ripiegarsi dolente del poeta di fronte a un amore non attuabile in una dimensione terrena.
Esterni a questa situazione solo Vn XXIII 23 47 esser mi parea non so in qual loco, / e veder donne andar per via disciolte, / qual lagrimando, e qual traendo guai, in cui la forma verbale è impiegata a caratterizzare drammaticamente una delle visioni preannuncianti la morte di Beatrice, e XXXV 3 quando li miseri veggiono di loro compassione altrui, più tosto si muovono a lagrimare, locuzione sentenziosa nel gusto della prosa d'arte medievale. Nell'Inferno la voce è spesso attribuita a D. ‛ personaggio ', ora pellegrino smarrito nella selva (" A te convien tenere altro vïaggio ", / rispuose [Virgilio], poi che lagrimar mi vide, I 92), ora colpito dai tormenti dei dannati: alti guai / risonavan per l'aere... / perch'io al cominciar ne lagrimai (III 24) o compartecipe della loro sorte: Francesca, i tuoi martìri / a lagrimar mi fanno tristo e pio (V 117); Ciacco, il tuo affanno / ... a lagrimar mi 'nvita (VI 59). Altrove, invece, il verbo delinea il volto di Beatrice mossa dal traviamento di D. (li occhi lucenti lagrimando volse, II 116, ripreso in Pg XXVII 137) e il tormento di peccatori, siano essi la massa degl'indovini (If XX 8); la disperazione (XXXIII 9 parlare e lagrimar vedrai insieme) o il cupo silenzio di Ugolino: non lagrimai né rispuos'io / tutto quel giorno (v. 52). Assai varia la situazione del Purgatorio, dove, accanto al significato più tradizionale (il dolore di D. per Forese, in XXIII 55), sono da rilevare tipiche sfumature liturgiche e purificatorie connesse al verbo (XXVI 47, XXX 54, XXXIII 3). Di tutt'altro genere - un pianto falso, consigliato da Amico per impietosire le donne - è il lagrimare di Fiore LIII 9. Ulteriori connotazioni in Pg X 35 la molt'anni lagrimata pace, e XIII 108, nelle parole di Sapia: rimendo qui la vita ria, / lagrimando a colui che sé ne presti, in cui il verbo vale " invocare, pregare con lagrime ", con audace scorcio semantico. In XXII 84 la forma lagrimar pare infinito sostantivato in luogo di un più tradizionale " lagrime ".