lagrimoso
Con l'usuale significato di " bagnato di lagrime ", in Rime CIV 25 l'altra man tiene ascosa / la faccia lagrimosa, e in Pg I 127 porsi ver' lui le guance lagrimose. Un non facile problema offre invece l'occorrenza di If III 133 La terra lagrimosa diede vento, / che balenò una luce vermiglia / la qual mi vinse ciascun sentimento, che vede la descrizione del misterioso e terribile terremoto infernale.
Le interpretazioni possibili sono quelle già a suo tempo ben delineate dal Boccaccio, secondo cui la terra lagrimosa è " quella valle d'inferno, o per li molti pianti che in quella si fanno o per l'umidità, la quale è nella concavità della terra generata dal freddo, il quale ha l'essalazioni della terra calde e umide risolute in acqua, la quale, primieramente acostata alla terra fredda, è fatta in forma di lacrime, e così si può dire il ninferno essere lacrimoso ". In favore della prima ipotesi, che ci vede consenzienti con la maggioranza dei commentatori, testimoniano, oltre alla presenza delle ‛ lagrime ', quasi parola-chiave del canto, nei vv. 68 e 107, il ricordo del liturgico ‛ lacrimarum vallis ' (recuperato dal Boccaccio stesso in sede di commento allegorico, per cui la terra lagrimosa è anche " la presente vita, la quale è piena di lagrime e di miserie "), e una probabile eco dei " lugentes campi " inferi di Virgilio (Aen. VI 441). Si tratterebbe quindi di una semplice estensione del termine, usualmente attributo di un volto umano addolorato, al terreno infernale " intriso di lagrime " per il poeta. Dubbi restano comunque, se si ricorda che, per la scienza medievale, " l'umidità stillante dalla terra " (la terra lagrimosa, e sarebbe ancora giro metaforico) era ritenuta una delle componenti essenziali del fenomeno del terremoto. Per rendersene conto, oltre ad " Aristotele nel secondo della Meteora " (Boccaccio), o a s. Tommaso (In Metereorum librum II lect. XIII e XV), basterebbe citare un passo di Ristoro d'Arezzo (Composizione del mondo VII VI 6, Milano 1864, 216): " entrando lo calore del sole entro per lo corpo, lo quale ha a risolvere l'umidità in vapore, risolve l'umidità della terra e diventane vapore ventoso, lo quale è racchiuso nella concavità della terra; e multiplica per lo calore del sole: vi cresce entro, sì che non vi può stare; e anche può essere mosso dalla virtù del cielo; onde, non potendovi istare combatte con la terra per uscire fuori, e se truova la terra dura e soda, levala su e giù, e falla tremare, e insolliscela ed escene fuore... ".
Bibl. - Pagliaro, Ulisse 720 ss.; F. Mazzoni, Saggio di un nuovo commento alla D. C., Firenze 1967, 448 ss.