lai
Due sole occorrenze, in rima con guai, di questa voce - un francesismo recepito come plurale (da lai, " canto lamentevole ") - nella Commedia, dove è impiegata per designare l'insistente monotono e sconsolante verso di certi volatili. Così in If V 46 come i gru van cantando lor lai / ... così vid'io venir, traendo guai, / ombre..., in un famoso paragone di remota matrice classica (Stat. Theb. V 11 ss.): " Como le grue fanno de sí lunga schiera in l'aere e vanno cantando e lor lai, zoè lor suni, cossì quelle anime molestade da la divina iustitia andavan cridando li lor guai " (Lana). " Cioè lor versi. Ed è questo vocabolo preso... dal parlar francesco, nel quale si chiamano ‛ lai ' certi versi in forma di lamentazione nel lor volgare composti " (Boccaccio).
Analogamente in Pg IX 13 comincia i tristi lai / la rondinella presso a la mattina, / forse a memorie de' suo' primi guai, ove nondimeno, per via del referente mitologico (cfr. Ovid. Met. VI 412 ss.), bisogna ricordare che quando " hirundo incipit canere " (Pietro), " li tristi lai " sono " lamenti ", anzi " si sono canti o lamenti quilli ch'intendono tal lenguaço lo sano ", annota argutamente il Lana. La voce, tra le più fortunate risemantizzazioni del poeta sulla base dell'antico francese, come " lamenti ", ricorre anche nel pseudodantesco Credo 63 " pianti, strida e infiniti lai ", ancora in rima con " guai ", e di nuovo (con identico giuoco di rima) nell'ultima terzina dei versi interpolati tra If XXXIII 90 e 91 (cfr. Petrocchi, ad l.).
Bibl. - F. Neri, La voce " lai " nei testi italiani, in " Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino " LXXII (1936-37), 105-119. Precisa postilla in B. Migliorini, D. nella storia della lingua italiana, in D. nella critica d'oggi, Firenze 1965, 142.