CIPRIANI (de Ciprianis), Lamberto
Erede di una nobile famiglia fiorentina di parte ghibellina, nacque, presumibilmente a Firenze, nella seconda metà del XIII secolo, con ogni probabilità nell'anno 1268 se si dà fede alla notizia del cronista Guerino il quale, riportando avvenimenti del 1311, riferisce che il C. "erat nodritus XLIII annis in paupertate" (in Poggiali, Memorie..., p. 90).
Scarse e tutte ristrette al quadriennio 1311-1314 le notizie relative alla sua attività pubblica. Disceso nell'ottobre del 1310 Enrico VII in Italia, il C., come molti altri ghibellini esuli da Firenze, dovette porsi subito al servizio del re dei Romani, da cui ottenne nel febbraio dell'anno 1311 il vicariato di Piacenza, città non facile da governare per le tensioni interne che l'agitavano e per i tormentati rapporti con le terre dei contado. In queste terre aveva trovato rifugio colui che negli ultimi venti anni era stato, seppur con alterne fortune, l'effettivo tirannico signore di Piacenza e del suo territorio, Alberto Scoto, il quale, costretto ad abbandonare la città per il malcontento suscitato dalle sue vessazioni e violenze, dopo un fallito tentativo di ottenere da Enrico il vicariato, aveva fatto di Fiorenzuola e Castell'Arquato la base per i suoi tentativi di riappropriazione del potere.
Assunta la carica, il C. si impegnò nel tentativo di riappacificare, naturalmente sotto la bandiera imperiale, i castelli del contado. Vi inviò, pertanto, suoi collaboratori - tra cui a Fiorenzuola un figlio - perché provvedessero a far rientrare i fuorusciti e a ristabilire'la concordia tra la fazione scotesca di parte guelfa e quella ghibellina. Ma dopo i primi momentanei successi l'azione. fallì, il figlio del C. fu fatto prigioniero, i seguaci dello Scoto si rimpadronirono delle terre contese e il Comune piacentino si, trovò a dover sostenere non solo gli attacchi dell'antico signore, ma anche le malversazioni e prevaricazioni del nuovo vicario. Si ricorda, tra l'altro, la distruzione della statua di Carlo d'Angiò eretta in Piacenza quando la città era passata alla parte guelfa, l'appropriazione di più di 1.000 fiorini dalle casse del Comune le taglie spietatamente imposte alla popolazione e che, al di là del fine proclamato di combattere lo Scoto, che operava continue scorrerie nel contado e incursioni fino alle porte della città, nascondevano la mira dell'arricchimento personale. Grande dovette essere perciò il sollievo dei Piacentini quando, nel settembre di quello stesso anno, Enrico VII, impegnato nell'assedio di Brescia, provvide alla sostituzione del C. con il veronese Pietro del Menso.
Non sembra, però, probabile - dato il fallimento del suo governo - che il C., come vorrebbero alcune fonti (cfr. De Mussis, Chronicon..., col. 488), sia stato richiamato in carica nell'ottobre successivo quando l'imperatore, di ritorno dall'assedio, sostò a Piacenza. È invece certo che egli continuò a far parte di quella vasta schiera di fuorusciti ghibellini che seguivano il sovrano nel sogno di restaurazione imperiale e tra cui si distinguevano altri membri della famiglia Cipriani. Lo ritroviamo, infatti, ancora vicino a Enrico VII nel marzo del 1312 a Pisa. Da qui fu inviato insieme con un altro ghibellino di Firenze, Ubaldino degli Ubaldini, presso il re Federico di Sicilia per la conclusione di un accordo tra le due corone che doveva rafforzare la posizione politica ed economica di Enrico. Li accompagnava nella discesa al Sud un frate domenicano tal Peregrino, che era stato portavoce di messaggi di Federico al sovrano tedesco. Si trattava, con ogni probabilità, dei colloqui e dei sondaggi preliminari al patto, stipulato ai primi di luglio del 1312, che sanciva il fidanzamento di Beatrice figlia di Enrico, da poco incoronato imperatore, con Pedro figlio di re Federico e principe ereditario di Sicilia. Il patto fu propiziato e sostenuto da una serie di accordi politici e militari tra i due sovrani; in particolare si ricorda il trattato di alleanza, stipulato tra la fine di marzo e l'inizio di aprile del 1312, al quale, forse, non fu estraneo il Cipriani.
Nuova prova dell'attaccamento del C. all'imperatore e insieme, del grado in cui gli esuli ghibellini erano tenuti alla corte, si ebbe l'anno successivo in occasione della sentenza di bando dall'Impero emessa da Enrico VII il 16 maggio 1313 da Pisa contro Padova, rea di aver cacciato il vicario imperiale e di essersi proclamata città libera. li C. figura appunto insieme con molti altri nobili ghibellini tra i testimoni di quell'atto di eccezionale gravità che privava, tra l'altro, la città di tutti i privilegi, gli onori, le immunità, i diritti che le erano stati concessi da Enrico e dai suoi predecessori e che solo per il precipitare degli eventi non ebbe concreti effetti repressivi.
Il 24 ag. 1313, a Buonconvento presso Siena, Enrico VII moriva e tale morte dovette fortemente ripercuotersi anche sull'attività del C. tutta ruotante attorno alla persona dell'imperatore. Si può supporre che come altri sbandati ghibellini egli continuasse ad operare nell'orbita pisana, di quella città. cioè, che era stata il baluardo dell'imperatore e del ghibellinismo e che ora, sentendosi minacciata, aveva assoldato a sua protezione Uguccione della Faggiuola, L'ultimo avvenimento della sua vita di. cui abbiamo notizia è infatti la sua presenza in qualità di testimone "ultramontano" alla lega stipulata tra Pisa e Lucca il 13 luglio 1314, che segnava una grande vittoria della parte ghibellina e del suo capo Uguccione che, in effetti, estendeva la sua Signoria su ambedue i Comuni.
Si ignorano il luogo e la data di morte.
Come già ricordato, altri membri della famiglia Cipriani furono al seguito dell'imperatore; tra questi Scolaio e Cipriano che durante la marcia di Enrico verso Firenze approfittarono della presa di Sarzana per assassinare il concittadino guelfo Feo de' Minerbetti, impegnato colà in affari di banca e prestito su pegni, e per impadronirsi dei suoi averi.
Fonti e Bibl.:I. De Mussis, Chronicon Placentinum, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XVI, Mediolani 1730, col. 488; Chronica tria Placentina a Iohanne Codagnello ab Anonymo et a Guerino conscripta, a cura di B. Pallastrelli, Parmae 1859, pp. 364 s.; Constitutiones et acta publica imperat. et regum, in Monum. Germ. Hist., Legum sectio IV, IV, 1, a cura di J. Schwalm, Hannoverae et Lipsiae 1904-06, p. 534; 2, ibid. 1909-11, p. 1023; Nicholai Botrontinensis Relatio de itinere Italico Henrici VII imperatoris ad Clementem V papam, in Vitae paparum Aven., a cura di E.Baluze-G. Mollat, III, Paris 1921, p 530; P. M. Campi, Dell'historia ecclesiast. di Piacenza, III, Piacenza 1662, pp. 42, 45; C. Poggiali, Memorie stor. di Piacenza, VI, Piacenza 1759, pp. 88 ss.; G. V. Boselli, Delle storie piacentine libri XII, I, Piacenza 1793, pp. 235 ss., 245; P. Vigo, Uguccione della Faggiuola, Livorno 1879, pp. 158 ss., doc.n. 16; F. Giarelli, Storia di Piacenza, I, Piacenza 1889, p. 204; L. Cerri, Alberto Scoto signore di Piacenza, in Arch, stor. per le provincie Parmensi, n. 5, XII (1912), pp. 25 s.; E. Haber kem, Der Kampf wn Sizilien, Berlin-Leipzig 1921, p. 43; R. Davidsolm, Storia di Firenze, IV, Firenze 1960, pp. 571, 642, 776; W. M. Bowsky, Henry VII in Italy, Lincoln 1960, pp. 230 n. 126, 253 n. 103.