FRESCOBALDI, Lamberto
Mercante e uomo politico fiorentino attivo nel sec. XIII, fu tra i fondatori delle fortune della famiglia.
Forse originari della Val di Pesa e immigrati a Firenze alla fine del sec. XII, i Frescobaldi, anche se vennero successivamente ascritti ai magnati e anche se furono sempre tenacemente avversi al popolo, non erano di tradizioni signorili. Sebbene il Machiavelli abbia scritto di "castella" di cui sarebbero stati padroni, la critica storica moderna concorda con il Villani che li dice "di piccolo cominciamento". Il Salvemini afferma infatti che erano "mercatanti… e banchieri sollevati dai 'subiti guadagni' all'apice della scala sociale". Il Davidsohn li definisce "nuovi ricchi". Il Jones li qualifica addirittura come parvenus. Guelfi e, sotto il profilo economico, tra i più potenti in Firenze - con ricchezze più tardi incrementate, oltre che con le attività di banca e di mercatura, anche con gli investimenti nelle campagne -, nella seconda metà del Duecento i Frescobaldi ebbero parte in tutte le vicende politiche e militari della città, giungendo a rivestire il priorato (1285). Membri della famiglia, fra l'altro, combatterono sia a Montaperti sia a Campaldino. Esclusi dal governo in quanto magnati nel 1293 (esclusione in seguito rinnovata con la riforma di Baldo d'Aguglione del 1311), essi avrebbero conseguito di nuovo la massima magistratura, solo nel 1433. Per tutto questo lungo periodo si mantennero rigidamente attestati su posizioni di decisa ostilità nei confronti di qualsiasi tipo di regime popolare ed ebbero perciò sempre una parte in tutti i tentativi compiuti in quei centoquaranta anni per restituire, con un colpo di forza o con segreti maneggi, il potere al ceto magnatizio. Nel 1343, ad esempio, essi contribuirono alla cacciata del duca di Atene e, riavuto per breve tempo accesso al governo cittadino, si opposero invano al ritorno del "popolo grasso" ai vertici del Comune. Protagonista di questa lotta fu Berto di Stoldo Frescobaldi. Ripetutamente banditi o inviati al confino, si rifugiarono spesso a Pisa nonostante il loro guelfismo. A causa della loro irriducibile opposizione, alcuni esponenti della famiglia furono anche mandati al patibolo.
I Frescobaldi avevano le loro case sulla riva sinistra dell'Arno nei pressi della chiesa di S. Spirito degli Eremitani di S. Agostino e nei pressi di quella di S. Iacopo d'Oltrarno. Là furono ospitati Carlo d'Angiò nel 1273 e Carlo di Valois nel 1301: prova evidente dello splendore della famiglia.
Allo stato attuale delle ricerche, assai scarse sono le notizie relative al F. in nostro possesso. Probabilmente figlio o nipote di un Frescobaldo, sembra che egli sia da identificare con quel Lamberto Frescobaldi che nel 1235 fu immatricolato nell'arte di Calimala. Nel 1252, al tempo del "primo popolo", fece parte del Collegio degli anziani e fu tra i promotori della costruzione del ponte di S. Trinita, che venne eretto tra la chiesa omonima e le case dei Frescobaldi e che ancora nel 1281 era detto "pons de domo de Frescobaldis". Nel 1259 insieme con altri membri della famiglia risulta creditore del Comune per un ingente prestito che aveva effettuato in favore di quest'ultimo.
Il F. morì a Firenze prima del 1264.
È da presumere che quel Ranieri di Frescobaldo, che è ricordato tra i membri del Collegio degli anziani nel 1255, fosse non un figlio del F., come pure è stato affermato nella letteratura storica, ma un suo fratello. Suo stretto parente dovette essere anche quell'Ugolino del fu Ugolino Frescobaldi, che nel 1258 andò ambasciatore presso il papa Alessandro IV.
Il F. fu verosimilmente uno dei titolari della più antica delle società di cui la sua consorteria fu eponima: la "societas filiorum Frescobaldi de Florentia", citata dalle fonti già nel 1265. Da questa prima compagnia molte altre derivarono e non una sola come spesso superficialmente si asserisce. Si trattò di diverse compagnie, impegnate, a livello europeo, in un ampio ventaglio di attività. Purtroppo, data la scarsezza di ricerche finora condotte sulla famiglia Frescobaldi e sull'assetto societario delle diverse compagnie, cui vari esponenti della famiglia hanno dato origine e vita, non è sempre facile attribuire con sufficiente sicurezza a questa o a quella società e a questo o a quel ramo della famiglia le operazioni di cui ci è giunta notizia. È poi egualmente assai arduo distinguere con chiarezza dai membri veri e propri della famiglia i soci o i dipendenti delle diverse società gestite dai Frescobaldi, che appartenevano ad altri nuclei familiari. Ciò è dovuto alla circostanza che nei documenti coevi non redatti in Italia spesso dipendenti e soci sono anch'essi indicati con il loro nome proprio seguito dalla locuzione "de Frescobaldis".
Di quattro figli del F. conosciamo con certezza i nomi - Ruggieri, Ugolino (più noto sotto l'ipocoristico Ghino), Bardo e Jacopo - e a grandi linee la loro biografia.
Ruggieri (o Geri), che fu cappellano del cardinale Ottaviano Ubaldini, è attestato come priore di S. Lorenzo in Firenze tra il 1263 e il 1265. Fu poi studente di diritto presso l'università di Padova (1266). Tornato allo stato laicale nel 1270, si sposò e si dedicò alla avvocatura.
Bardo e Jacopo furono, come il padre, mercanti e banchieri, ma non ci è chiaro se abbiano fatto compagnia a parte o siano stati soci del fratello Ghino. Certo è che, diversamente - a quanto pare - da Ghino, soltanto nel 1264 essi si disposero all'obbedienza di Urbano IV: nell'agosto di quell'anno, infatti, la ditta della quale sembra fosse eponimo Bardo era presente in Francia con Jacopo a capo di una nutrita schiera di soci e "discipuli". Per il seguito non sappiamo più nulla di Jacopo, e siamo scarsamente informati su Bardo. Ci è noto che ottenne depositi da Azzo e da Francesco d'Este nell'ultimo decennio del sec. XIII e che la sua ditta operante nell'ambito dell'arte di Calimala era ancora attiva a Firenze il 22 febbr. 1301. A un figlio di Bardo, Jacopo, allora studente, Bonifacio VIII concesse il 24 luglio 1299 il priorato di S. Jacopo d'Oltrarno. Bardo era ancora vivo nel 1308, quando, insieme con il figlio Lamberto, minacciò di morte e ferì un popolano.
Ugolino (Ghino) operava nel 1258 a Rieti in società o in collegamento con Guido Montalbini. Negli anni successivi i rappresentanti della sua compagnia, che non avevano esitato, dopo il 1262, a schierarsi con Urbano IV, fecero parte della schiera dei "mercatores Romanam Curiam sequentes", impegnati in anticipi ai pontefici e nella riscossione delle decime. Nel 1264 è attestata a Firenze una "apotheca" dei Frescobaldi. A partire dal 1265, quando Ghino era alla testa della compagnia, che da loro prendeva nome, i Frescobaldi iniziarono la loro collaborazione con gli Angiò, cui concessero ripetutamente ingenti prestiti e di cui divennero depositari e cassieri. Avviarono in tal modo la loro espansione economica nell'Italia meridionale. Siamo informati che essi compirono nel 1268 servizi bancari per conto di operatori lucchesi alle fiere della Champagne e che nel 1270 noleggiarono a Genova una nave con un equipaggio di un centinaio di uomini, che avrebbe dovuto portare a Pisa merce caricata in Provenza. Indicato nel documento relativo a tale operazione con il nome di Ugolino Frescobaldi, nel 1273 Ghino esportò insieme con Giacomo Ardinghelli un carico di carne salata da Napoli. Almeno dallo stesso 1273 (e forse dall'anno precedente) la sua compagnia cominciò a operare anche in Inghilterra, prevalentemente nel settore dell'importazione della lana, ma non disdegnando in seguito l'attività di prestito a enti ecclesiastici e a prelati. Siamo informati che sempre nell'ottavo decennio del Duecento la compagnia agiva già a Ypres, nelle Fiandre, e che prima del 1281 importò e commercializzò a Bologna un rilevante quantitativo di panni francesi e fiamminghi. L'anno successivo i Frescobaldi cominciarono a operare anche in Scozia. Nel 1283 ottennero l'autorizzazione a esportare grano dalle Puglie ad Acri e a Venezia. La compagnia di Ghino giunse a contare dodici soci (uno dei quali, Cepparello Dietaiuti, che operava in Francia, è il "ser Cepparello" del Boccaccio); essa è attestata almeno fino al 1286, anche se è possibile che fin da prima di questa data alcune delle sue attività siano state assorbite dalle società commerciali dei figli di Ghino, Giovanni, detto Chiocciola, e Lambertuccio.
Ghino, oltre che in quella economica, ebbe anche una certa parte nella vita politica e amministrativa di Firenze. Fu console di Calimala nel 1274 e nel 1281. Il 31 dic. 1277 ottenne in affitto con altri concittadini, in vista della costruzione di mulini, la metà del fiume Arno prospiciente il borgo di San Frediano. Fu mallevadore per i Guelfi del sesto d'Oltrarno in occasione della pace del cardinal Latino (1280). Membro dei consigli fra il 1281 e il 1285 e del priorato nel 1285, sempre in quest'ultimo anno fu richiesto dal Comune di un ingente prestito per la riparazione dei ponti sull'Arno. Morì probabilmente prima del 1290. A lui si deve la costruzione del palazzo di famiglia in via di Maggio, nel "popolo" di S. Jacopo d'Oltrarno.
Aveva sposato una figlia di Lamberto Belfradelli. Da lei ebbe almeno tre figli: i già citati Lambertuccio e Giovanni detto Chiocciola, che proseguirono l'attività paterna, e Tommaso. Quest'ultimo, abbracciata la vita ecclesiastica, fu priore di S. Jacopo d'Oltrarno a Firenze, poi "operaio" del capitolo del duomo cittadino. Canonico di Arezzo e canonico di Orléans, nel 1299 venne privato "suis culpis et demeritis" di tutti i suoi benefici dal papa Bonifacio VIII.
Forse figlio del F. era anche quel messer Frescobaldo detto Fresco, che fu studente a Padova e poi podestà a Cremona nel 1279. Capitano di Prato, Fresco nel 1285 fu inviato dal governo di quella città in ambasceria a Firenze insieme con Convenevole da Prato, che in quella occasione recitò dinanzi al Consiglio fiorentino una orazione. Podestà di San Gimignano per il primo e il secondo semestre del 1291, fu per una seconda volta nel 1293 capitano di Prato e nel 1298 podestà di San Gimignano. Nel 1299 Fresco era capitano di Orvieto.
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