GRIMALDI, Lamberto
Secondogenito di Nicolò e di Sestarina Doria, dei signori di Oneglia, nacque probabilmente ad Antibes nel 1414.
Il padre aveva ereditato, insieme con i fratelli, i feudi provenzali di Antibes e Cagnes acquisiti, nella seconda metà del XIV secolo, dagli avi Luca e Marco Grimaldi, figli di un fratello di Raniero (II), signore di Mentone. Poco sappiamo di lui fino agli anni della maturità. Sembra però che sia stato educato presso la corte angioina di Provenza e, come il fratello Giovanni Andrea (futuro vescovo di Grasse), abbia frequentato lo Studio di Pavia, conseguendovi i gradi dottorali; del resto, nonostante sia stato in seguito uomo di guerra, mostrò sempre viva passione per la cultura, essendo di natura schiva, amante della solitudine e, soprattutto, permeata da un forte spirito religioso.
La vita del G. esce dall'ombra quando, nel 1457, Catalano Grimaldi lo chiamò nel suo testamento a succedergli nella signoria di Monaco, con l'espressa condizione di sposarne l'unica figlia Claudina, ancora bambina. Egli era infatti il più vicino, per grado di parentela, tra i suoi agnati, nonostante i rapporti tra i due rami dei Grimaldi, a causa del comune controllo da essi esercitato su Mentone, non fossero dei migliori. La scelta di Catalano non fu affatto indolore e, in particolare, non fu condivisa da sua madre, Pomellina Fregoso, la quale aspirava a trasmettere la signoria di Monaco alla figlia Bartolomea, moglie del doge di Genova Pietro Fregoso, ma che soprattutto non intendeva rinunciare a quel potere che, sotto Catalano, aveva potuto esercitare. Tuttavia, non potendo andare contro le ultime volontà del defunto, ella accettò, il 20 ottobre, di stipulare una convenzione con il G., in forza della quale, fino all'effettiva celebrazione del matrimonio (Claudina all'epoca aveva appena sei anni), le sarebbe spettata l'amministrazione della signoria, mentre la guarnigione dei castelli sarebbe dovuta essere alle dipendenze del Grimaldi. L'accordo ebbe una durata brevissima perché, sobillata dai parenti Fregoso, desiderosi di recuperare Monaco, Pomellina prese accordi segreti con i Grimaldi di Boglio, prospettando un matrimonio tra la nipote e Giorgio, figlio di Giacomo Grimaldi, allora capo di quel ramo della casata. Nel marzo 1458 essi, insieme con i Fregoso, tentarono di impadronirsi di sorpresa della rocca, ma il G., riuscito a sfuggire, poté raggiungere Mentone e di qui organizzare la riconquista di Monaco. Egli seppe servirsi della vittoria con moderazione perché, se contro i congiurati venne istruito un processo, Pomellina fu lasciata nel possesso delle sue rendite, imponendole solo di risiedere a Mentone. Sebbene ancora privo di un titolo legale (il matrimonio con Claudina venne celebrato solo nel 1465), il G. fu da allora il vero signore di Monaco e, per meglio consolidare la sua posizione, si legò strettamente alla casa d'Angiò che, nel maggio di quell'anno, si era assicurata il governo di Genova (sia pure in nome del re di Francia Carlo VII di Valois), nella persona del duca Giovanni di Lorena, figlio di Renato d'Angiò, pretendente al trono di Napoli e conte di Provenza. Con lui, il 19 settembre, stipulò un trattato di aderenza, ottenendo per il fratello Gaspare il vicariato di Porto Maurizio, nella Riviera di Ponente. L'alleanza con il partito angioino espose Monaco agli attacchi degli Aragonesi che, nel 1459, ne saccheggiarono i dintorni; inoltre, due anni dopo i Grimaldi di Boglio, segretamente appoggiati dal duca di Savoia, tentarono ancora una volta, con un colpo di mano, di impadronirsi della rocca. Sentendosi minacciato da più parti, quando nel marzo 1461 i Genovesi si ribellarono al dominio francese, il G. si mantenne fedele alla Francia; anzi, nell'autunno fece un viaggio fino a Tours, per incontrare il re e rinnovargli i suoi sentimenti di devozione; in cambio, Carlo VII gli riconobbe solennemente il diritto di imporre ai naviganti in transito il pedaggio del due per cento su tutte le merci trasportate, estendendo su tutti i suoi possedimenti la protezione regia. A dispetto di questi accordi, tuttavia, il G. non prese parte al conflitto che opponeva i Genovesi ribelli alla Francia e mantenne buone relazioni con Ludovico Fregoso, doge dal 1461. Quando questi venne però deposto dal cugino, l'arcivescovo Paolo (il quale agli occhi del G. era soprattutto fratello dell'ex doge Pietro, e zio del figlio di questo, Battista, anch'egli aspirante alla signoria di Monaco), egli si schierò decisamente contro il presule. Nell'estate del 1463, approfittando del disordine in cui era caduto lo Stato genovese, il G. occupò Ventimiglia e il 3 settembre ricevette il giuramento di fedeltà perpetuo dei cittadini, promettendo di rispettarne le franchigie e le libertà. Questo fatto suscitò in Genova, e non solo, grande perplessità, anche perché egli aveva operato in piena autonomia, senza apparenti collegamenti né con la Francia (o la Provenza angioina), né con il duca di Savoia.
L'occupazione di Ventimiglia era tuttavia un gesto che, in prospettiva, non poteva avere un futuro, e che era stato reso possibile soltanto dal caos istituzionale che regnava a Genova e nelle Riviere, dilaniate dalle fazioni cittadine e dalle ambizioni egemoni delle grandi famiglie. Per questa ragione, quando, nell'autunno di quell'anno, cominciò a prendere corpo la possibilità che Luigi XI trasferisse al duca di Milano Francesco Sforza, sotto forma di investitura, i suoi diritti su Genova, il G. si affrettò a offrire i suoi servizi allo Sforza. Il 3 marzo 1464 questi lo nominò commissario ducale nella Riviera di Ponente, incaricandolo di sottometterla al dominio milanese, il che portò a termine nel giro di poche settimane. In aprile, poi, una galea, 2 navi e 200 fanti monegaschi vennero inviati a Genova di rinforzo alle truppe sforzesche impegnate a debellare le ultime resistenze dei Fregoso. In compenso dell'aiuto prestato, il 15 giugno, il duca lo riconobbe signore di Monaco e, in cambio della rinuncia alla signoria di Ventimiglia, gliene diede il governo per cinque anni.
A dispetto dell'acquisito carattere di ufficiale ducale, egli continuò tuttavia a comportarsi come signore assoluto delle sue terre e ciò lo mise in serio contrasto con le autorità ducali di Genova, poco propense a tollerare i continui atti di pirateria commessi dai Monegaschi ai danni del naviglio genovese.
Con gli Sforza, però, i rapporti furono inizialmente buoni e la loro protezione si rivelò assolutamente indispensabile in occasione, nel febbraio 1466, della rivolta di Mentone e Roccabruna, sobillate dal governatore sabaudo di Nizza, conte d'Entremont e, ancora, dai Grimaldi di Boglio. Il G. ricorse infatti per aiuto al nuovo duca Galeazzo Maria, il quale inviò contro i ribelli un corpo di truppe che, sostenute da galee napoletane, il 29 maggio ripresero il possesso di Mentone. Scarsa fu tuttavia la riconoscenza del G. che, riottenute le due località, non solo rifiutò di riconoscerle in feudo da Milano, ma rinnovò l'omaggio vassallatico al duca di Savoia, a suo tempo prestato dai suoi predecessori. Lo sgarbo non fu però dimenticato dallo Sforza; così, quando nel 1468 Mentone si ribellò ancora una volta al G., egli intervenne nuovamente ma, una volta riconquistatala, non solo rifiutò di restituirla al G., ma la unì al proprio dominio diretto. Né fu tutto, perché il duca, incitato dagli Spinola e dal governatore di Genova, Sagramoro Visconti, decise di togliergli anche il governo di Ventimiglia, approfittando del fatto che stava approssimandosi la scadenza del mandato a suo tempo concessogli da Francesco Sforza. Il G. cercò di difendersi, ma nel settembre 1469 un esercito sforzesco strinse d'assedio la città, conquistandola dopo quasi due mesi di aspri combattimenti, nel corso dei quali restò ucciso Ludovico, fratello del G. e suo luogotenente.
La prova di forza voluta da Galeazzo Maria si esaurì qui, né questi, trattenuto dalle suppliche dei Grimaldi di Genova e di tutto il partito guelfo, tentò di proseguire la sua azione contro Monaco; del resto, la perdita di Mentone e Ventimiglia indusse il G. a scegliere una politica di basso profilo, attenta a non irritare la suscettibilità del duca di Milano, anche se non mancarono in seguito tensioni per la protezione che, nel porto di Monaco, continuava a essere accordata a pirati e corsari di ogni genere, nonché per la mancata assegnazione a uno dei fratelli del G., Giovanni Andrea, dell'episcopato di Ventimiglia.
Alla morte di Galeazzo Maria Sforza (26 dic. 1476) il G., sostenuto dall'intero suo "albergo", sollecitò la duchessa reggente, Bona di Savoia, ad acconsentire alla restituzione di Mentone, ma la richiesta fu respinta, per il fermo rifiuto degli abitanti. Così, alla notizia della ribellione dei Genovesi al dominio sforzesco, egli decise di recuperarne il possesso con la forza e, il 27 marzo 1477, riuscì a impadronirsene, tentando quindi, senza successo, di occupare Ventimiglia. In aprile la rivolta di Genova fu però stroncata grazie alla fazione degli Adorno, il cui capo, Prospero, venne nominato dagli Sforza governatore perpetuo della città. Contro Monaco gli Sforzeschi si apprestarono a organizzare una grande spedizione, ma le preghiere dell'"albergo" Grimaldi trattennero la duchessa dall'andare oltre. Il G., peraltro, si affrettò a sottomettersi e, il 17 luglio, stipulò con la duchessa un trattato di aderenza quinquennale, giurandole fedeltà. Rimasero in sospeso le sorti di Mentone, per la quale, poco tempo prima, egli aveva rinnovato l'omaggio feudale al duca di Savoia Filiberto I; questi però, per accontentare la duchessa di Milano, sua sorella, acconsentì nel novembre a trasferire a lei e al figlio Gian Galeazzo Maria i diritti sul feudo, senza però che in seguito il G. fosse obbligato a giurare a essi fedeltà. Nei successivi avvenimenti genovesi - culminati nella ribellione di Prospero Adorno e nella restaurazione al potere dei Fregoso (novembre 1478) - il G. si mantenne fedele agli Sforza, ma quando questi persero ogni controllo sulla Liguria egli si rivolse nuovamente alla Francia. Nella lotta apertasi in Provenza alla morte di Renato d'Angiò (luglio 1480) tra i nipoti Carlo (III), conte del Maine (figlio di un suo fratello) e Renato di Lorena, il G. si schierò risolutamente a favore del primo che, essendo privo di prole, era sostenuto da Luigi XI, nella prospettiva di unire la Provenza alla Francia. Nel 1481 egli occupò Antibes in nome del conte del Maine ottenendo da quest'ultimo il titolo di luogotenente generale nelle vicarie di Guillaumes, Draguignan e Grasse. L'unione della Provenza al Regno di Francia accrebbe il prestigio del G., prestigio che venne rafforzato ulteriormente nell'agosto 1483, quando riuscì a ottenere dalla moglie la donazione pura e semplice di Monaco, seguita (1489) dall'acquisto della residua parte di Mentone in possesso di Luca Grimaldi.
Ormai vecchio, trascorse in pace gli ultimi anni della sua vita, pur continuando le controversie con i Genovesi per la protezione da lui accordata a pirati catalani e francesi.
Il G. morì il 15 marzo 1494 a Mentone, nella cui parrocchiale fu sepolto.
Dalla moglie Claudina ebbe numerosa prole, tra cui Giovanni (II), designato suo erede universale e successore, Filiberto (protonotario apostolico e prevosto della cattedrale di Nizza), Luciano (succeduto nel 1505 al fratello Giovanni, da lui ucciso), Ludovico (cavaliere gerosolimitano) e quattro figlie femmine.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Registri ducali 169, pp. 344, 346 s., 378; Registri missive, 67, cc. 253v-254r; 70, cc. 324v, 340v-349r; 76, cc. 54r, 71v; Sforzesco 425 (25 febbr. 1466); 435 (1° e 7 ag. 1468); 438 (2, 7, 11, 13 e 21 sett., 22 ott. 1469); 439 (17 nov. 1469); 440 (13 e 29 apr. 1470); 441 (2 nov., 13 dic. 1470); 445 (10 febbr. 1472); 457 (20 marzo 1475); 458 (30 maggio 1478); 461 (8 ag. 1475); 968 (23 e 28 marzo 1477); 969 (7 e 28 apr. 1477); 970 (10 e 12 maggio 1477); 976 (5 genn. 1478); 977 (1° e 25 febbr. 1478); G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae… commentarii, a cura di G. Soranzo, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXI, 2, p. 469; E. Cais de Pierlas, Documents inédits sur les Grimaldi et Monaco, Turin 1885, pp. 63 s.; G. Rossi, Storia della città di Ventimiglia, Oneglia 1886, pp. 118-127; G. Saige, Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le quinzième siècle, I, Monaco 1891, pp. CLVI-CCLXXIX; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, II, Genova 1826, Famiglia Grimaldi, p. 18.