LANDI, Lamberto
Nacque il 2 sett. 1882 a Lucca da Alessandro e Mery Lippi. Fu avviato agli studi musicali da C. Giorgi presso l'istituto musicale G. Pacini di Lucca. Si trasferì in seguito a Milano, frequentando il conservatorio quale allievo di M. Saladino e di G. Coronaro con cui si diplomò in composizione nel 1908. Nel 1909 diresse il Lohengrin di R. Wagner al teatro del Giglio di Lucca, dove il 20 genn. 1910 venne rappresentata la sua prima opera, Bianca.
"Scene liriche in un atto", composte a Milano nel 1907, vennero abbinate a Cavalleria rusticana, e totalizzarono così ben tredici recite (dirette dallo stesso autore), in cui il pubblico ebbe modo di apprezzare la delicatezza della vicenda portata in scena dal L., in forte contrasto con la sanguinolenta opera mascagnana: una vedova (la protagonista eponima) e la figlia amano lo stesso uomo, ma sarà la rinuncia di Bianca a far sì che sua figlia possa unirsi all'uomo anelato. Cori interni di contadini che tornano dai campi e l'inserto di una Ave Maria, una processione che si avvicina, costituiscono l'omaggio dell'esordiente ai luoghi topici dell'opera italiana di fine secolo.
Tornato nella natia Lucca, intraprese la carriera di insegnante, risultando stimato didatta della scuola di musica S. Michele nella vicina Pescia, ove dal 1923 al 1943 fu docente di canto corale; dal 1931 insegnò armonia principale all'istituto musicale G. Pacini di Lucca, parificato ai conservatori di Stato nel 1924.
Al contempo egli tentò di affermarsi come operista, cosa che nell'ambito agone teatrale italiano del primo Novecento gli riuscì solo in parte. Nel 1914 l'editore Sonzogno acquisì Il Pergolese, tre atti su libretto di C. Marsili, terminati nel maggio 1913. La prima rappresentazione assoluta si ebbe però solamente dopo la fine della Grande Guerra, e cioè il 7 giugno 1919 al teatro Carcano di Milano, diretta da U. Tansini. In seguito l'opera venne acquistata da Ricordi, che pubblicò lo spartito per canto e pianoforte nel 1922, anno in cui Il Pergolese venne ripreso al teatro del Giglio di Lucca, diretto dallo stesso autore (il 13 settembre). Il 30 giugno 1935 (con replica il 4 luglio) l'opera venne eseguita alla stazione di Torino dell'EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), ancora diretta da Tansini, con una compagnia formata da Anna Sassone Soster, P. Menescaldi e I. Zangheri; da allora non è stata più ripresa.
Già il suo maestro G. Coronaro aveva reso omaggio al Settecento con l'opera Un curioso accidente (Torino 1903), messa in ombra dai fortunati adattamenti goldoniani di Ermanno Wolf-Ferrari. Anche il L. volge la sua attenzione al secolo dei lumi: Il Pergolese si inscrive in una lunga tradizione di opere aventi per protagonista un personaggio storico, Giovanni Battista Pergolesi, musicista napoletano tanto celebre quanto sfortunato, scomparso a soli ventisei anni.
Dopo i melodrammi dedicatigli da Pascual Arrieta y Corera (1851) e Stefano Ronchetti-Monteviti (Milano 1857), ambedue su libretto del verdiano Temistocle Solera, da Paolo Serrao (Napoli 1857), Pierantonio Tasca (Berlino 1898) e Filippo Guglielmi (Berlino 1905), anche il librettista C. Marsili, figlio di Nitteti Puccini, sorella del celebre Giacomo, ha immaginato una vicenda incentrata sull'amore tra l'artista e una donna irraggiungibile. Qui non si tratta della figlia dell'ambasciatore d'Alemagna come in Solera, che porterà Pergolesi a Vienna, bensì della nobildonna Maria Spinelli dei principi di Cariati, il cui fratello Enzo intende impedire con ogni mezzo l'unione considerata sconveniente, tanto che ella prenderà il velo nel secondo atto. Eppure il primo atto aveva visto il trionfo di Pergolesi al termine della rappresentazione de Laserva padrona nel teatro della famiglia Spinelli, mentre nel terzo atto si accomiata dal mondo sulle note del suo Stabat Mater. Citazioni da questo capolavoro puntellano la partitura, nella quale il L. inserisce anche la celebre "siciliana" Tre giorni son che Nina (attribuita talvolta anche a V. Legrenzio Ciampi), e che proprio nello stesso 1919 della prima del Pergolese venne incisa da E. Caruso, fatto che contribuì assai alla sua notorietà.
Romanticamente i tre atti recano sottotitoli - "L'amore", "Il dolore", "La morte" - come nel Trovatore verdiano, che evidenziano il radicamento del L. nell'estetica del melodramma ottocentesco, mai rinnegato: ciò ne fa forse l'ultimo rappresentante di quella "malinconia lucchese" in cui egli si trova associato agli illustri concittadini A. Catalani, G. Puccini e G. Luporini (cfr. Magri, in Rivista di archeologia…, 1982, p. 24).
Fu proprio Puccini ad apprezzare Il Pergolese e a caldeggiare la premiazione dell'opera successiva, Laurette, al Concorso governativo del 1922, peraltro senza successo. Edita da Ricordi nel 1926, l'opera, diretta da P. Fabbroni, andò in scena il 5 apr. 1927 al teatro Verdi di Pisa, con Ottavia Giordano, E. Cunego e M. Albanese nei ruoli principali, ed ebbe quattro repliche; nel febbraio 1928 venne ripresa con successo al teatro Petruzzelli di Bari.
Tratta da Laurette ou Le cachet rouge, il primo dei tre racconti di Servitude et grandeur militaires di A. de Vigny, articolata in tre atti su libretto di G. Adami, narra la vicenda di un condannato dal Direttorio che viene deportato con la giovane sposa nella Guyana da un ufficiale di marina; solo al passaggio dell'Equatore questi apprende l'ordine di fucilare il prigioniero appena giunti a destinazione. Paolo, il protagonista tenorile, a Cayenne si rassegna al suo destino, ma sua moglie Laurette, ignara fino all'ultimo, disperata, sviene al momento dell'esecuzione capitale, raccolta dal vecchio Moreau, l'ufficiale che nel frattempo si era affezionato alla sfortunata coppia.
Il L. in Laurette si muove ancora sulle orme di Puccini, non solo per quanto riguarda le evidenti analogie della trama (la deportazione in America, l'appello dei condannati) e della struttura (l'intermezzo orchestrale prima del terzo atto) con Manon Lescaut e Tosca (la fucilazione dell'eroe, l'eroina all'oscuro della situazione reale), ma anche sul piano musicale, quanto all'uso di temi ricorrenti, l'orchestrazione raffinata, il flusso continuo tra passaggi cantabili e recitativi, fino ad arrivare al parlato vero e proprio, utilizzato specialmente nella tensione massima del finale.
La scelta di un argomento legato alla Rivoluzione francese certo colloca il L. nel solco di U. Giordano (Andrea Chénier) e P. Mascagni (Il piccolo Marat), ma a distanza di un anno dalla morte di Puccini egli riaffermò la sua devozione a questo: in occasione della commemorazione, avvenuta il 6 dic. 1925 al teatro del Giglio di Lucca, venne eseguito il suo Poema sinfonico per la glorificazione di G. Puccini, costruito anche su citazioni da Suor Angelica e Manon Lescaut (il 6 giugno 2003 esso è stato nuovamente eseguito a Lucca e inciso in CD dall'editore Bongiovanni di Bologna, CD GB.2349-2.)
Tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Quaranta il L. intraprese la composizione di altre due opere liriche, rimaste inedite e mai rappresentate. La prima, scritta tra il 1929 e il 1933 circa, è tratta da La Gorgona di Sem Benelli, intonata direttamente sul testo originale, senza interventi di un librettista, procedimento in auge dai tempi del Guglielmo Ratcliff di Mascagni e della Salome di R. Strauss, il cui risultato, la cosiddetta "Literaturoper", pur aderente alle intenzioni dell'autore, non risulta però sempre il più adatto al teatro musicale. La sequela interminabile di endecasillabi e l'azione ambientata a Pisa nel 1100 sembrano meno avvincenti di quel che poteva essere stata la suggestione iniziale del L., ovvero L'amore dei tre re di I. Montemezzi (1913) e La cena delle beffe di Giordano (1924), ambedue opere di successo tratte da testi benelliani. Né il Medioevo di Benelli né il mito antico affrontato in Nausica, melodramma eroico in tre atti e un prologo, su libretto di M. Lombardi Lotti (composta tra il 1938 e il 1942), avrebbero trovato, nella reinterpretazione del L., un riscontro presso l'editore Ricordi, che rifiutò ambedue le opere.
Nel 1914-16 il L. aveva musicato un libretto di R. Simoni ed E. Cavacchioli, tratto dal romanzo The old curiosity shop di Ch. Dickens; la partitura che ne derivò, l'opera in tre atti Nelly, venne tuttavia portata in scena solo trent'anni più tardi, il 29 maggio 1947, al teatro del Giglio di Lucca. Con le riprese di Milano (1948) e Piacenza (1949), Nelly fu l'ultimo successo del L.: morì a Lucca il 6 luglio 1950.
Il lascito, consistente in un centinaio di composizioni manoscritte (alcuni brani per orchestra, musica sacra e da camera e una quarantina di liriche per canto e pianoforte, di cui alcune edite presso Forlivesi a Firenze e A. Lippi a Lucca) e catalogate da L. Damarati nel 1982, è conservato dalla famiglia Landi a Lucca.
Fonti e Bibl.: A. Damerini, L'istituto musicale "G. Pacini" di Lucca, Firenze 1942, pp. 45, 56, 58; I cento anni del teatro Verdi di Pisa (1867-1967), a cura di A. Monnosi, Pisa 1967, p. 103; M. Lombardi Lotti, Il maestro L. L., in Riv. di archeologia, storia, economia, costume, III (1975), 3, pp. 3-8; G. Arrighi, L. L., in La Provincia di Lucca, XV (1975), 4; G. Gualerzi - C. Marinelli Roscioni, 50 anni di opera lirica alla Rai 1931-1980, Torino 1981, p. 57; Riv. di archeologia, storia e costume, X (1982), 4, pp. 2-99 (numero monografico dedicato al L. con contributi di G. Arrighi, R. Papini, G. Magri, C. Orselli, G. Biagi Ravenni, G. Salvetti, L. Damarati); A. Giovine, Il teatro Petruzzelli di Bari. Stagioni liriche dal 1903 al 1982, Bari 1983, p. 64; M.G. Forlani, Il teatro Municipale di Piacenza (1804-1984), Varese-Piacenza 1985, p. 320; G. Dell'Ira, I teatri di Pisa (1773-1986), Pisa 1987, p. 192; D. Rubboli, Le prime al teatro del Giglio (1675-1987), Lucca 1987, p. 54; L. Ciancio, Libretti per musica manoscritti e a stampa del fondo Shapiro nella collezione Giorgio Fanan. Catalogo e indici, Lucca 1992, p. 204; B. Donin-Janz, Zwischen Tradition und Neuerung: das italienische Opernlibretto der Nachkriegsjahren (1946-1960), Frankfurt a.M. 1994, p. 173; G. Luporini (1865-1948). Atti del Convegno di studi… 1998, Lucca 2002, p. 145; A. De Angelis, L'Italia musicale d'oggi. Diz. dei musicisti, Roma 1918, p. 180; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 806; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 264; The New Grove Dict. of opera, II, p. 1094.