LAMBESI (Lambaesis)
Località dell'Algeria nord-occidentale (antica Numidia), ai piedi delle pendici settentrionali del monte Aurès (ant. Aurasius); non sembra fosse abitata prima che Tito nell'81 vi portasse un distaccamento della III Legione Augusta, non la legione tutta intera e la sede del comando militare dell'Africa, come invece avverrà più tardi, sotto Traiano o sotto Adriano. Del campo flavio, impiantato nel sito dove sorgerà poi la città, vicino ad una buona sorgente, si sono ritrovati recentemente, oltre ad un'iscrizione commemorativa, alcuni tratti del muro di recinzione che dànno un rettangolo di m 119,75 × 146,50.
Al tempo di Adriano, che visitò il luogo nel 128, la legione era in un secondo accampamento, tre km circa a N-O del primo: un quadrato di circa 200 m di lato, chiuso da un muro in scaglie di pietra dello spessore di m o,6o. Forse fu proprio in occasione di quella visita che l'imperatore dispose la costruzione di un terzo campo, più ampio e di carattere permanente, nel quale la legione rimase poi almeno fino al sec. IV d. C. Ma l'accampamento precedente restò, si può dire, come un ricordo di valore storico, conservando al centro il monumento commemorativo della visita imperiale: un basamento quadrangolare (m 4,55 di lato e circa 2 di altezza), inquadrato agli angoli da basse lesene, e sorreggente una colonna di m 9,25 di altezza: la fronte del basamento portava la dedica ad Adriano e sulle lesene era riprodotto il discorso tenuto dal principe ai vari reparti di truppe da lui ispezionati. Resti di nuclei quadrangolari di muratura, riconosciuti avanti al basamento, sorreggevano probabilmente statue o gruppi figurati di carattere onorario.
Dell'accampamento, che fu il definitivo, restano notevoli avanzi, per quanto di una parte di esso lo scavo sia stato compromesso dalla costruzione, al di sopra, di un penitenziario. Esso era un rettangolo di m 500 × 420, ad angoli stondati, circondato da un muro munito di ràre torri e bastioni all'interno, con quattro porte a doppio passaggio fiancheggiate pur esse da torri. La sua disposizione interna ripete quella degli accampamenti stabili romani, con ampie caserme per la truppa, stendentisi ai lati di lunghi cortili, alloggi per ufficiali, scuderie, magazzini, terme. Al centro era il pretorio. L'edificio cui oggi si dà questo nome, e che è l'elemento più grandioso ed appariscente di tutto il campo, non è invero che una parte del complesso che costituiva il vero pretorio: esso è un monumento singolare che, planimetricamente, potrebbe definirsi un arco a quattro fronti, racchiudente nel centro un vasto ambiente quadrangolare, probabilmente in antico coperto. Le fronti principali di N e di S hanno in basso tre fornici, uno più grande al centro e due minori ai lati del primo: le chiavi di questi fornici portano figurazioni di divinità o di carattere allegorico; tra i fornici sono colonne in avancorpo che reggono una trabeazione, al di sopra della quale si leva un secondo piano dell'edificio, con una sola ampia finestra arcuata al centro, e il resto della parete segnata da basse lesene. Le fronti di E e di O, ai tre fornici delle altre due, aggiungono un altro fornice che serviva di accesso alle camere del primo cortile di cui si dirà appresso. La costruzione attuale si riporta, per la iscrizione frammentata che ad essa si riferisce, alla seconda metà del III sec. d. C.: essa fu rifatta dopo il terremoto del 267: se la precedente avesse aspetto e pianta analoghi non possiamo dire. L'edificio costituiva come un monumentale propileo al complesso del pretorio, e trova il suo riscontro in un analogo elemento dell'accampamento dioclezianeo di Palmira. Il pretorio propriamente detto (principia), dietro il propileo, era costituito innanzi tutto da un ampio cortile, con portici su tre lati, dietro ai quali era una serie di piccole camere, verosimilmente utilizzate come sedi di collegi militari, depositi di armi, ecc. Sul quarto lato, quello di fondo, a 5, si distende, ad un livello più alto, la cui differenza era riscattata mediante tre scale, una sala rettangolare allungata (m 52 × 29,50) a tre navate divise da colonne, e cioè un'aula basilicale, del tipo che si ritrova sia nel pretorio di Vetera Castra in Germania sia in alcuni Fori dell'Africa, dell'Italia e delle province. Dietro la navata meridionale si aprono cinque stanze, quattro delle quali absidate e la centrale più ampia delle altre è fornita di sotterraneo: probabilmente erano tutte destinate a usi religiosi: in quella di mezzo doveva essere il sacrario principale, e, sotto la protezione di esso, nel sotterraneo, l'erario.
Col tempo, alla distanza di poco più di un chilometro dall'accampamento verso S-E, si formò un centro abitato che con M. Aurelio o Commodo fu municipio e probabilmente con Settimio Severo colonia: era congiunto al campo da una strada che nelle iscrizioni viene chiamata via Septimiana. Dove essa immetteva nella città sorgeva un arco a tre fornici, del tempo di Settimio Severo, con colonne in avancorpo avanti ai pilastri su ambedue le fronti; altri due archi a tre fornici stavano l'uno all'ingresso del Foro avanti al Campidoglio, l'altro, forse di bassa età, sulla via da L. a Verecunda; si debbono infine aggiungere due archi ad un solo fornice del tempo di Commodo, di linee architettoniche molto semplici, uno con rozze sculture nelle chiavi degli archivolti.
Degli edifici della città meritano di essere ricordati particolarmente il Campidoglio e il santuario di Esculapio. Il primo, costruito nel sec. III d. C., ha la singolarità di essere a due celle, o meglio ad una grande cella divisa in due sale da una parete a tre aperture: né sembra si possa considerare come terza cella una piccola stanza situata dietro tra le prime due. La fronte, unica, aveva una prima fila di otto colonne e altre quattro dietro a queste, ai lati degli ingressi delle due celle. Un secondo tempio, chiuso entro un recinto, si alzava attiguo al Campidoglio, perpendicolarmente ad esso.
Più singolare era il santuario di Esculapio costituito da una piccola cella absidata aperta al centro di un emiciclo, cui si accedeva mediante una scala a linee curve: la fronte della cella aveva quattro colonne doriche. Altre due celle o cappelle erano da una parte e dall'altra, alla base dell'emiciclo. Il quale a sua volta sorgeva al fondo di una specie di via sacra, riconosciuta per una lunghezza di un centinaio di metri (ma non se ne è visto l'ingresso), fiancheggiata sul lato destro per chi andava al tempio da una serie di molte altre piccole cappelle, dedicate a varie divinità. Un vasto complesso di altre costruzioni, bagni, portici, ospedali, come in generale in tutti gli asklepièia, si distendeva in immediata contiguità del santuario. Scavi recenti hanno rivelato nella stessa zona la presenza di un mitreo.
Possono altresì menzionarsi un edificio termale, una casa del Il sec., nella quale fu trovata una statua in bronzo rappresentante un fanciullo che stringe un aquilotto, e che era ornata di mosaici, tra cui uno firmato da un Aspasios, l'anfiteatro, dei mausolei; di un grande ninfeo, che aveva il nome di septizonium, non restano più che scarsissimi avanzi; era costituito da una grande abside, fiancheggiata da due ali, l'una e le altre ornate di colonne e di nicchie; in origine doveva essere decorato di mosaici.
I materiali recuperati negli scavi della città e delle adiacenze, sono raccolti in un piccolo museo locale.
Bibl.: Per l'accampamento: R. Cagnat, L'armée romaine d'Afrique, 2a ed., Parigi 1912, p. 433 ss.; L. Ireschi, Le camp de la IIIe légion Auguste à Lambèse (Algérie), in Études d'épigraphie, d'archéologie et d'histoire africaines, Parigi 1957, f. 189 ss. Per i monumenti della città: St. Gsell, Les monuments antiques de l'Algérie, Parigi 1901, passim; per l'Asklepièion in particolare: R. Cagnat, L'Asclepieium de Lambèse (Numidie), in Mem. Pont. Accad. Arch., I, i, 81 ss. Per il museo: R. Cagnat, Musée de Lambèse, Parigi 1895. Per le scoperte più recenti: Fasti Arch., VI, n. 4855; L. Leschi, in Libyca, I, 1953, p. 189 ss.