lamento
La voce appare una volta nella Vita Nuova e sei nella Commedia, con esclusione dell'ultima cantica. Il significato dominante è quello di " grido di dolore ", in Vn XXXI 14 54 Poscia piangendo, sol nel mio lamento / chiamo Beatrice. Nell'Inferno le strida, il compianto, il lamento (If V 35) dominano incontrastati, dato che i peccatori " stridono per la pena, compiangonsi e lamentansi insieme, come insieme peccarono " (Buti).
La situazione si ripete in If IX 122, dove sono descritti i " tormenta haereticorum " (Benvenuto): fuor [dalle arche] ... uscivan sì duri lamenti, / che ben parean di miseri e d'offesi; e negli ultimi cerchi infernali donde lamenti saettaron me diversi, / che di pietà ferrati avean li strali (XXIX 43).
Persino nel Purgatorio, ricordando il mondo del peccato, D. lo caratterizza proprio con l.: cfr. Pg XII 114 quivi per canti / s'entra, e là giù per lamenti feroci. Anche il misterioso stridìo delle Arpie è avvicinato dal poeta a un mesto l.: esse fanno lamenti in su li alberi strani (If XIII 15). In Pg VII 29 Luogo è la giù non tristo di martìri, / ma di tenebre solo, ove i lamenti / non suonan come guai, ma son sospiri, si ricorda il Limbo, ove i l. " sono dolori mentali che hanno li parvoli d'aver perduto in perpetuo la faccia di Dio, e di questo hanno sì gran dolore che sempre sospirano " (Buti).