LAMPADEDROMIE (gr. λαμπαδηρομίαι)
Erano, nell'antica Grecia, gare di corsa tra varie squadre i cui componenti si trasmettevano una fiaccola accesa a un altare per accenderne un altro alla meta. In Atene ogni tribù, di regola, forniva una squadra e eleggeva a questo scopo un ginnasiarca che scegliesse i corridori e li allenasse. La vittoria della squadra era vittoria della tribù. Le divinità onorate di questo culto, che alcuni ritengono connesso in origine al culto del fuoco, erano Efesto, Prometeo, Atena, Bendis (dea tracia), Hermes, Teseo e Pan. Se la lampada si spegneva, tutta la squadra era posta fuori gara. Vinceva la squadra di cui l'ultimo corridore arrivasse per primo con la lampada accesa. La presidenza dello spettacolo spettava agli ieropei o all'arconte. Le modalità della corsa risultano diverse a seconda dei tempi e delle città: correvano anche corridori isolati o squadre a cavallo; si ha menzione di lampadedromie di fanciulli. I corridori cingevano una corona e talvolta portavano uno scudo. Premio per i vincitori era di solito un'anfora d'olio, per la tribù la menzione su una stele e anche nel bando dell'araldo.
Bibl.: Daremberg e Saglio, Dictionn. d. ant. gr. et rom., III, p. 909 segg.; J. Jüthner, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., XII, col. 569 segg.