Lampedusa
– Piccola isola del Mediterraneo, più vicina all’Africa che all’Italia, divenuta il luogo simbolico delle ondate migratorie che periodicamente interessano il nostro Paese dalla fine degli anni Novanta del 20° secolo. Gli sbarchi sono del resto nell’immaginario collettivo l’emblema dell’immigrazione clandestina: non è possibile non ricordare le immagini e i racconti, spesso drammatici, dei circa 50.000 stranieri sbarcati sull’isola tra gennaio e luglio del 2011 e provenienti inizialmente soprattutto dalla Tunisia e poi dalla Libia, in concomitanza con le crisi politiche che hanno scosso i paesi del Maghreb (v. ). Prima di allora dalla Libia non si erano mai verificati fenomeni migratori: era un’area di immigrazione che aveva attirato flussi di stranieri dall’Africa subsahariana, in cerca di un lavoro e della possibilità di un transito verso l’Europa. Sono stati questi stranieri, e non i libici, che la guerra civile ha spinto verso L., luogo emblematico per gli italiani, preoccupati quando non impauriti da un fenomeno migratorio ridotto ma eccessivamente enfatizzato dai media e da alcune forze politiche, e anche porto di arrivo per coloro che, provenendo in maggioranza dall’Africa subsahariana, vi sono arrivati dopo aver percorso rotte lunghe e pericolose sotto il controllo dei trafficanti, aver attraversato il deserto, aver spesso subito la prigione o l’internamento nei campi che il governo libico ha costruito (a partire dal 2004-05 con l’accordo e l’aiuto del governo italiano), aver affrontato la traversata su imbarcazioni di fortuna, essersi salvati dai naufragi in cui a centinaia hanno trovato la morte. Al ruolo di avamposto europeo che la geografia politica attribuisce a L. non ha corrisposto nei periodi di crisi un’adeguata capacità di previsione e di gestione degli arrivi. L’isola è infatti salita più volte alla ribalta delle cronache per le rivolte nei suoi centri di accoglienza (uno dato alle fiamme e distrutto una prima volta nel 2009 e poi di nuovo, durante una rivolta di tunisini, proprio in occasione degli sbarchi del 2011); per le fughe; per le manifestazioni che nel 2009 vedevano sfilare insieme lampedusani e immigrati usciti dai centri; per le inchieste giornalistiche che ne documentavano le terribili condizioni abitative; per le dichiarazioni dei politici. Nel marzo 2011 il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dichiarava che avrebbe spostato tutti gli immigrati in due giorni facendo dell’isola una nuova Portofino. Dopo il primo centro di accoglienza (Centro di permanenza temporanea e assistenza) costruito nel 1998 vicino all’aeroporto, nel 2007 è stata inaugurata una nuova struttura in contrada Imbriacola, nei pressi del porto, con una capienza di 381 posti, estensibili fino a 804. Nel gennaio 2009 un decreto del Ministero dell’Interno ha trasformato provvisoriamente il centro di accoglienza in CIE (v. centri di identificazione ed espulsione), individuando la sede del nuovo CIE nella base Loran, da tempo dismessa dalla NATO. Nel 2011, dopo la rivolta, l’incendio e la chiusura del centro, la capitaneria ha dichiarato il porto di L. luogo non sicuro ed è stato stabilito il trasporto a Porto Empedocle dei migranti soccorsi nel canale di Sicilia (l’ordinanza è stata però più volte derogata). Nel maggio 2012, il governo presieduto da Mario Monti si è avviato a riaprire al più presto il centro.