lampo
Secondo la metereologia aristotelica il l. era dovuto all'accensione di vapori esistenti nelle nubi. D. lo include fra le meteore prodotte dalle esalazioni umide che non arrivano all'altezza della porta del Purgatorio.
In Pg XXI 49-50, Stazio dice che all'altezza di tale porta nuvole spesse non paion né rade, / né coruscar, né figlia di Taumante; anche Matelda (XXVIII 97-102) afferma che le esalazioni dell'acqua e della terra non possono giungere al punto ove si serra (v. 102).
Secondo D. i l., le nubi, l'arcobaleno appartenevano alla regione più bassa dell'aria, che era calda, umida e agitata dai venti, e che si distingueva nettamente dalla regione compresa fra la porta e la sommità del Purgatorio, serena e in quiete assoluta. La regione superiore dell'atmosfera, avente inizio all'altezza del Paradiso terrestre, era serena e dotata del movimento rotatorio uniforme della prima volta (Pg XXVIII 104), ossia della sfera del fuoco, che produceva il soave vento (v. 9) della divina foresta.
In Pg V 37-40, D. descrive insieme le stelle filanti e i l. come fenomeni di celerissimo svolgimento dovuti a vapori accesi, i quali, però, si distinguono, perché le stelle filanti fendono di prima notte il cielo sereno, mentre i l. appaiono al tramonto nelle nuvole d'agosto. In contesti figurati, con riferimento alla celerità e vigoria del l., il termine occorre in Pd XXV 80 e XXX 46.