DECIO, Lancellotto
Nacque a Milano nel 1444, come si ricava da una lettera indirizzata a Lorenzo il Magnifico dal padre Tristano il 29 maggio 1474 (Verde, 113 p. 418). Nel 1462, iniziando gli studi a Pavia, vi recitò nella cattedrale una solenne Oratio de laudibus scientie (Bibl. Apost. Vaticana, ms. Ottob. lat. 1834, cc. 54v-63v) nella quale, attraverso una congerie di citazioni classiche e di esempi eruditi, tesseva un elogio delle discipline liberali e delle virtù che una perfetta dedizione al sapere al tempo stesso richiede e promuove.
Condetta sull'esempio dei modelli retorici più celebrati e ricca di numerosi echi piatonici, l'orazione testimoniava di un'istruzione storica e letteraria già solida, capace di adoperare con disinvoltura temi e ornamenti propri della recente cultura umanistica. Con ambienti umanistici, infatti, egli ebbe familiarità fin dall'infanzia: in una lettera a Pier Candido Decembrio, senza data, esprimeva la propria trepidazione nel rivolgere un ringraziamento a tanto maestro - "adolescens ego, humanarumque rerum pene ignarus" - per l'affettuosa amicizia dimostrata verso suo padre e gli innumerevoli "merita" nei confronti suoi e della sua famiglia (Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. J. 235 inf, n. 42).
Nel 1464, suoito dopo la laurea, ottenne a Pavia la cattedra di istituzioni, e dal 1467 quella straordinaria di diritto civile, che ricoprì ininterrottamente sino al 1473, raggiungendo il consistente stipendio di 500 ducati. Nell'insegnamento si conquistò fama di buon legista: venne infatti scelto per la cattedra di ragion civile de mane alla riapertura dell'università di Pisa, promossa con personali cure da Lorenzo il Magnifico. Le autorità del ducato tentarono d'impedire la partenza minacciandolo "aspramente" (Pulci, p. 989) e nel novembre 1473, avendolo ormai perduto, inviarono una misurata, ma ferma protesta ai "Domini Florentini" (Archivio di Stato di Milano, Autografi. Letterati, cart. 125, fasc. 19). Egli comunque si era adoperato fin dal maggio presso il consigliere Nicodemo Tranchedino "quo a Florentinis lectio mea conducatur, quos intelligo Pisis novam Academiam brevi ordinaturos" (Firenze, Bibl. Riccardiana, ms. 834, cc. 233v-234r).
Dalla nuova sistemazione si attendeva prospettive più favorevoli e più durature che nel dominio sforzesco: a Pisa infatti si trasferì con il padre e il fratello Filippo, che doveva in seguito giovarsi non poco del suo appoggio per la propria carriera, e vi accettò lo stipendio di 385 fiorini per la lettura ordinaria di diritto civile, che tenne sino al 1483, raggiungendo 1500 fiorini nel 1480. Il mutamento di sede s'intrecciò con una vicenda familiare ampiamente documentata dal carteggio con Lorenzo il Magnifico (Verde, II, pp. 414-18).
Nel corso del 1474, infatti, egli si rivolse ripetutamente a lui perché lo aiutasse a ottenere dalla Rota romana lo scioglimento dei matrimonio contratto a Milano nel 1467 con Angelina Bosso, allora settenne, dalla quale aveva ricevuto 400 ducati di dote. Per un intervento di segno contrario insisteva invece il padre presso lo stesso Lorenzo, preoccupandosi per l'onere che comportava l'obbligo di restituire la dote con gli interessi (almeno 700 ducati, egli calcolava) e giudicando frutto di "inordinato appetito" la passione del figlio per una "poverissima ... questa popolare s'è cazata in capo".
A Pisa il D. si pose in luce tra i maestri più autorevoli. Nel 1480. spostatasi temporaneamente l'università a Pistoia per causa di una pestilenza, fu tra coloro che ricevettero la cittadinanza; nel 1481 sedeva tra i priori dell'importante confraternita pisana di S. Maria coronata; agli inizi del 1490, infine, quando aveva lasciato da tempo ornai la città, si tentò senza successo di farlo rientrare.
Il 9 gennaio il notaio dello Studio, Giacorno Antonio Ginio, dava notizia circostanziata agli ufficiali della missione compiuta a Pavia per ottener la condotta di Giason Del Maino o di qualche altro celebrato giurista. Giasone aveva declinato l'invito e per di più aveva parlato assai male del D., che aveva allora duecento scolari, riceveva 480 ducati, ma che tuttavia, "tentato, verrebbe", come "di già per le mani del fratello costì ne viene dato avviso". Ginio ne aveva discusso personalmente con lui "a lungo più di dua ore ... solum che verrebbe quando avessi il salario che vuole, et inanzi che mi volessi dire questo prezzo, mi mostrò una lettera di M. Bacellieri da Bologna, cognato di Mess. Campezzo, che legge a Padova, che se lui vuole andare, che gli farebbe dare ducati 700 venetiani; non so se sia vero; in somma spingendolo al prezzo lui vuole fiorini I.200 di studio" (Fabroni, pp. 193-194 n.).
Il D. aveva abbandonato Pisa nel 1484 prima per Siena, dove figura come promotore in due lauree del 6 marzo e del 2 ott. 1485 (Minnucci, pp. 10, 20, 271, poi per Milano o Pavia, dove risulta nei rottili come ordinario di diritto civile a partire dal 1487. Nel corso degli anni ricevette anche diversi incarichi, soprattutto di natura giudiziaria (Arch. di Stato di Milano, Autografi, cit.; e Missive ducali. regg. 189 e 193). Il 1° sett. 1497 fu nominato console di Giustizia del Comune di Milano e poco dopo senatore.
Il 7 novembre infatti, riferendosi alla promozione concessa "superioribus diebus", il duca consentiva in deroga "quod nominatus Dominus Lancellotus libere et impune non modo consulere et iudicare, verum etiam ea omnia que doctoris sunt muneris facere et exequi possit et valeat" (Arch. di Stato di Milano, Autografi, cit.).
L'anno successivo, probabilmente, il D. pubblicò una breve Oratio de sapientia, con altre tre egualmente recitate "in comitiis doctoralibus" (Venezia, Bern. Stagnino, s.d.; esemplare alla Bibl. Marciana), in cui ritornano le medesime autorit.- della prova giovanile: Platone, l'Etica Nicomachea, Cicerone, s. Agostino, Marsilio Ficino. Nel frattempo, erano apparse a stampa anche le sue lecturae sul Corpus iuris, tutte svolte nei modì tipici, ed ormai stanchi, dei tardo commento. Le aveva impresse, in rari incunaboli, il suo allievo e tipografo pavese Cristoforo de Canis: Inprimam Codicis partem e In primam Infortiati partem (1495: riproducevano il corso dell'anno); In secundam Infortiati partem (1496); In secundam Codicis partem (1499: il corso risaliva al 1492); In primam Digesti veteris partem (1499); In secundam Digesti veteris partem (1499). Di lui inoltre rimangono manoscritti numerosi consilia (Pisa, Bibl. univers., mss. 701, 704; Siena, Arch. dell'Univ. degli studi, ms. senza segn., ff. 25-225, 270-300, 320-29), e repetitiones (Parigi, Bibl. nat., ms. Lat. 4554). mentre forse potrebbero attribuirglisi delle Additiones ad primam partem Lecturae Dig. veteris Bartoli (Bologna, Bibl. d. Collegio di Spagna, ms. 2.65) e un Tractatus de fideiussoribus (Cambridge [Mass.], Harvard Law School Library, ms. 150, ff. 124-127).
Il D. morì a Pavia il 4 febbr. 1500 e fu sepolto in S. Giacomo.
Fonti e Bibl.: I documenti toscani risalenti al periodo pisano sono riassunti o citati da A. F. Verde, Lo Studio fiorentino 1473-1503. Ricerche e documenti, Firenze 1973, I, ad Indicem; II, pp. 412-421. Altri se ne conservano nell'Arch. di Stato di Milano, Autografi. Letterati, cart. 125, fasc. 19; e Missive ducali, regg. 189, ff. 68, 161, 167, 202; 193, ff. 89, 133, 188, 192, 229. Tre lettere al consigliere Nicodemo Tranchedino sono a Firenze, Bibl. Riccardiana, ms. 834, cc. 233-34; una a Lorenzo il Magnifico, a Forlì, Bibl. comunale, Autogr. Piancastelli, 548; una a Pier Candido Decembrio, e la risposta dei Decembrio, a Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. J. 235 inf., nn. 42 e 43 (altra copia a Genova, Bibl. universitaria, ms. C.VII.46, cc. 23-24). Le opere, cui va aggiunta l'inedita Oratio de laudibus scientie del 1462 (Bibl. Apost. Vaticana, ms. Ottob. lat. 1834, cc. 54v-63v), sono elencate nel Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VII,Leipzig 1938, coll. 355-359. Vedi inoltre: Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia, I, Pavia 1877, pp. 55-56; L. Pulci, Morgante e Lettere, a cura di D. De Robertis, Firenze 1962, p. 989; Ph. Argelati Bibliotheca Script. Mediolanensium, Mediolani 1745, I, 2, coll. 548-549; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, I, Pisis 1791, pp. 192-195; F. C. von Savigny, Geschichte des rönischen Rechts im Mittelalter, VI,Heidelberg 1850, pp. 373-374; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, pp. 30, 177; G. Minnucci, Le lauree dello Studio senese alla fine del sec. XV, Milano 1981, pp. 10, 20, 27; M. G. di Renzo Villata, Scienza giuridica e legislazione nell'età sforzesca, in Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati ital. ed europei (1450-1530), Milano 1983, pp. 89-90nota.