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LANCIA

di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto - Enciclopedia Italiana (1933)
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LANCIA

Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto

. Famiglia che discende dal marchese Guglielmo del Vasto conte di Loreto, cioè da uno dei rami in cui s'erano divisi gli Aleramici (v.). Il suo periodo di maggior fiore fu tra la fine del sec. XII e la metà del sec. XIII.

Manfredi I il Vecchio, che si dilettava anche, come altri signori del tempo, di poetare in provenzale, nella dura lotta contro il vicino comune di Asti fu vinto e rovinato. Ma il figlio di lui, Manfredi II, salì ad alti onori: soprattutto in grazia del favore dell'imperatore Federico II, che, invaghitosi di Bianca L., figlia di Bonifazio d'Agliano fratello di Manfredi, l'aveva recata con sé in Sicilia e ne aveva avuto un figlio, il celebre Manfredi, che nella giovinezza e anche da re portò il nome di L., e una figlia Costanza che andò sposa a Ducas Vatatze, imperatore greco di Nicea. Nel 1246, essendo Federico vedovo d'Isabella d'Inghilterra, sposò Bianca e legittimò Manfredi. Questo fatto pose i L. fra i primi personaggi del regno di Sicilia: numerosi e uniti, con l'aiuto dei potenti congiunti Maletta, Aquino, Abate, Alagona, Torniello, Landi, Pallavicini, Gherardesca, non solo mantennero per un ventennio la predominanza della parte ghibellina, conquistarono per Manfredi Puglie e Sicilia, gli permisero di mantenersi sul trono usurpato, ma, vinti con lui a Benevento, tornarono alla riscossa con Corradino di Svevia, attaccarono gli Angioini per terra e per mare, prepararono il Vespro Siciliano, e accompagnarono il ritorno dei re d'Aragona e difesero l'indipendenza dell'isola fino all'avvento di re Martino.

Galvano L., figlio di Manfredi II, già vicario imperiale in Toscana, alla morte dell'imperatore fu del giovane principe Manfredi consigliere, ambasciatore, condottiero contro il papa. Espugnò con lui le città ribelli della Puglia. Nel 1256 al parlamento di Barletta, fu nominato signore del principato di Taranto, conte del principato di Salerno, maresciallo e Gran Conestabile del regno. Federico conte di Squillace fu fatto vicario di Calabria, e, nominalmente, della indomata Sicilia. Ma presi Castrogiovanni, Sciacca, Piazza, saccheggiate Trapani ed Erice, espulso da Messina Pietro Ruffo, l'isola fu ridotta all'obbedienza di Manfredi.

Tutto il regno era pacificato, quando vi giunse e l'erede legittimo Corrado IV, ricevuto dal fratello Manfredi con feste. Ma Corrado, geloso del prestigio e della gloria di quest'ultimo e dei suoi, bandì dal regno tutti i L., che nel 1254, subentrato Manfredi nel potere, dopo la morte di Corrado, furono reintegrati nei beni e nelle cariche.

Durante il regno di Manfredi, Giordano L. d'Agliano, conte di Sanseverino, fratello di Bianca, fu mandato in soccorso dei Senesi minacciati dai guelfi di Firenze. Con 800 lance tedesche e 1000 altre da lui assoldate, condusse l'esercito senese alla vittoria di Montaperti. In quel tempo la fortuna dei L. toccò il culmine in Toscana, in Umbria e nelle Marche era vicario Giordano; nel Napoletano e nelle Puglie, Galvano; in Calabria, Federico. A Benevento (1256) tutti i L. si strinsero intorno al loro re: in prima fila Galvano con le lance tedesche, in seconda Giordano con i ghibellini toscani e lombardi. Dopo la sconfitta, Giordano, coperto di piaghe e di catene, fu trascinato a riconoscere il corpo del suo nipote e signore e dopo, gli occhi strappati, un pugno e un piede tagliato, morì di fame in prigione. Federico invece e Galvano, col figlio Galeotto, riuscirono a fuggire. Rifugiatisi presso Corradino di Svevia, tornarono con lui ed entrarono in Roma a bandiere spiegate; Galvano condusse l'esercito alla conquista del regno. Vinti a Tagliacozzo, furono presi e decapitati insieme. Federico intanto, armate 40 galere pisane scorrazzò vittoriosamente le coste della Sicilia, e tentò più volte lo sbarco. Vinto finalmente, si rifugiò in Oriente presso Costanza di Nicea. Figlio di lui (o forse di Manfredi suo fratello?) è Corrado di Castelmainardo, ammiraglio di Aragona e cancelliere del regno (v. lancia, corrado).

Nel Trecento i L. parteggiarono per l'indipendenza dell'isola e si opposero all'avvento di re Martino. Con Artale Alagona, loro parente, e col vescovo Dal Pozzo, resistettero a lungo in Catania. Vinti, finalmente vennero a patti: Bertrando L. detto Bertiramo. domicello di corte e corsaro, rimasto fedele e caro al re Aragonese, ottenne la loro grazia e la restituzione di tutti i loro feudi.

I L. di Sicilia discendono dal figlio di Galvano: Galeotto, e da Cubitosa d'Aquino, nipote di Federico II e germana del Santo. Ebbero figlio Pietro che fu a corte d'Aragona e diede una figlia in sposa all'infante Giovanni fratello del re. Fu ucciso a Collesano senza prole maschile; dei due fratelli suoi, uno: Ugo, diede nascita ai duchi Lancia di Brolo, l'altro, Niccolò ai baroni di Longi e del Mojo, dei quali un cadetto, Blasco, giureconsulto celebre fu creato barone di Trabia e fu stipite dei principi di questo nome (v. lanza).

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fèrro di lància
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