LANCIABOMBE (fr. mortier de tranchée; ted. Minenwerfer; ingl. trench mortar)
Arma per il lancio di bombe ad alto esplosivo usata dalla fanteria nella guerra mondiale non appena lo stabilizzarsi del fronte richiese l'uso di un'arma semplice, robusta, di agevole trasporto, di pronto impiego e di facile manovrabilità per battere a breve distanza con tiro rapido ed efficace le antistanti trincee nemiche, le postazioni di mitragliatrici, i posti di osservazione, per difendere l'accesso ai varchi dei reticolati, per preparare ed accompagnare l'assalto. Fu usata per la prima volta dai Tedeschi nella battaglia dell'Aisne nel settembre 1914 e quindi dagli altri eserciti che si valsero di tipi diversissimi, via via perfezionati nel rendimento e nella sicurezza d'impiego. L'esercito italiano ebbe dapprima la racchetta-granata Poma, poi nel 1916-17 il lanciabombe francese Thévenot e il lanciatorpedini Bettica, sostituito all'inizio del 1918 col lanciabombe inglese Stokes.
È questo un tubo di acciaio, del calibro dí 76 mm. e della lunghezza di m. 1,10, montato su cavalletto con semplici congegni per la direzione e l'elevazione e munito di una piastra di sostegno posteriore. Il proiettile, del peso di kg. 4,250-4,850 con 650 gr. di alto esplosivo, è introdotto nella bocca dell'arma e la sua caduta provoca il funzionamento del percussore (ottenibile anche a mano); è lanciato alla distanza di 565-750 m., con raggio di azione di 200 m., con celerità massima di tiro di 18 colpi al minuto; il peso complessivo dell'arma è di 50 kg.
Come piccolo lanciabombe fu usato anche il fucile e nel dopoguerra il moschetto per armi speciali, applicando al lato destro di esso il tromboncino mod. 28 costituito di una camera con culatta chiusa dallo stesso otturatore dell'arma; si adopera come carica di lancio la cartuccia ordinaria priva di pallottole e si ottengono tiri fino alla distanza di 300 m.
Per l'esercito italiano, v. mortaio, App.