Lancio
Il lancio è l'azione con la quale si conferisce a un oggetto l'accelerazione iniziale necessaria a fargli acquistare rapidamente velocità per fargli compiere una traiettoria nello spazio. In ambito sportivo, il lancio è riferito alle prove atletiche consistenti nello scagliare un attrezzo alla maggiore distanza possibile. In tutte e quattro le discipline di lancio, e cioè peso, martello, disco e giavellotto, sulla base degli eventi biomeccanici e dei tipi di forza in gioco, nonché della rilevanza metabolica di queste forze, si possono riconoscere due fasi distinte: la fase di lancio e la fase di volo dell'attrezzo.
Nella prima fase (di lancio), che termina con il rilascio dell'attrezzo, l'atleta impartisce allo stesso le condizioni di stacco ottimali per la prestazione in termini di velocità e di direzione, tramite l'azione di differenti gruppi muscolari coordinati nell'esecuzione di un gesto atletico, specifico per ognuna delle discipline di lancio. In questa prima fase, l'atleta utilizza due momenti per imprimere energia cinetica al sistema costituito dal proprio corpo più l'attrezzo: la preparazione (o la rincorsa nel lancio del giavellotto) e la spinta, attuata impiegando potenza muscolare esplosiva, reclutata in un periodo relativamente molto più breve rispetto a quello della preparazione o della rincorsa. Gli aspetti meccanici di questo momento di spinta di un lancio possono essere ricondotti sostanzialmente al teorema dell'impulso di forza, che descrive l'uguaglianza tra impulso di forza (dato dal prodotto di una forza F per il tempo t in cui essa è applicata, nel caso di una forza costante) e quantità di moto (data dal prodotto della massa di un corpo m per la velocità v raggiunta dal corpo sul quale è applicata la forza) e, in termini matematici, può essere espressa come Ft = mv o, più in generale, da:
con
la velocità al tempo t=0.
La velocità di stacco del baricentro dell'attrezzo risulta, quindi, dipendente dalla forza sviluppata in maniera combinata per la durata del momento di rincorsa, o di preparazione, e di quello di spinta. Le elevate forze in gioco, sviluppate in tempi molto ridotti, rendono le discipline di lancio ascrivibili agli sport di potenza, nei quali la prestazione è sostenuta in modo prevalente da fonti energetiche anaerobiche alattacide, a differenza di altri gesti sportivi di media e lunga durata, nei quali la prestazione si basa in modo prevalente su fonti energetiche aerobiche. Infatti, durante una contrazione muscolare esplosiva e massimale, come avviene durante il momento di spinta della fase di lancio, la potenza erogata dal muscolo supera largamente la capacità energetica dell'ossigeno veicolato alla macchina muscolare dal sistema cardiocircolatorio, sviluppandosi in un arco temporale molto più breve rispetto alla cinetica della glicolisi (scissione degli zuccheri) aerobica. In tali condizioni, il flusso di adenosintrifosfato (ATP) - il fornitore ultimo dell'energia chimica che risulta necessaria allo scorrimento delle fibrille muscolari e allo sviluppo della forza - viene mantenuto dalla dissociazione anaerobica della fosfocreatina direttamente a livello endomuscolare.
Questo processo avviene molto rapidamente e consente, entro i primi 4 secondi di una contrazione muscolare anche massimale, di mantenere, a un valore pressoché costante attorno ai valori massimi, la concentrazione di ATP endomuscolare. La seconda fase (di volo) consiste nel tragitto aereo dell'attrezzo, durante il quale agiscono e sono determinanti forze di tipo aerodinamico e gravitazionale. È proprio l'insieme di questi due tipi di forze, e soprattutto la loro grandezza relativa in ogni momento del volo, che determina le caratteristiche della traiettoria aerea dell'attrezzo e contraddistingue il tipo di lancio. La prestazione sportiva, in termini di distanza coperta dal lancio, viene determinata sia dalla velocità di stacco sia dall'orientazione rispetto al terreno della traiettoria di stacco dell'attrezzo medesimo. L'importanza di queste variabili può essere chiaramente compresa dalle relazioni che esprimono il massimo percorso (l) e la massima altezza (h) teoriche che il baricentro di un corpo mobile può raggiungere in volo libero, trascurando la resistenza dell'aria e non tenendo conto della quota di partenza:
l = (v2 sen 2α) / g [1]
e
h = (v2 sen2 α) / 2g [2]
laddove v rappresenta la velocità di stacco del baricentro dell'attrezzo, α è l'angolo della traiettoria di stacco dell'attrezzo rispetto al terreno e, infine, g indica l'accelerazione gravitazionale, che sulla Terra ha un valore di 9,81 m/s2. Risulta quindi che, in tali condizioni teoriche di volo parabolico, l'angolo ottimale per rendere massima la distanza alla quale l'attrezzo viene lanciato è di 45°, indipendentemente dalla velocità di stacco. In tabella vengono prese in considerazione e messe a confronto le caratteristiche fisiche dei quattro attrezzi di lancio. Anche se gli attrezzi subiscono in eguale misura l'effetto della forza di gravità, il giavellotto risulta di gran lunga il più aerodinamico (v. oltre). La prima e la terza riga della tabella mostrano le ampie differenze in termini di massa e densità tra i vari attrezzi. Queste differenze di massa, unitamente al divario insito nella tecnica specifica di lancio degli attrezzi, sono alla base delle differenti velocità al momento dello stacco, osservabili nella quarta riga della tabella stessa. Un indice dell'aerodinamicità dell'attrezzo (bmax), osservabile nell'ultima riga, è costituito dal rapporto tra le forze aerodinamiche massime possibili in gioco durante la fase di volo e le forze gravitazionali costanti e può essere espresso come:
bmax = (Faero/Fgrav) = [(rv2/2) A C] / (m g) [3]
dove: r = densità dell'aria (1,23 kg/m3), v = velocità dell'attrezzo, A = area totale dell'attrezzo, C = coefficiente di resistenza aerodinamica, m = massa dell'attrezzo e g = accelerazione gravitazionale. L'aerodinamicità può essere anche intesa come la massima accelerazione in g, possibilmente derivabile dalle forze aerodinamiche durante il volo. L'equazione [3] può anche essere scomposta differentemente, in modo tale da apparire come il prodotto di cinque fattori:
bmax = (r/2) (v2/g) A (1/m) C [4]
che, nell'ordine in cui compaiono nell'equazione [4], rappresentano, rispettivamente, il contributo della densità dell'aria, l'energia cinetica iniziale specifica per unità di massa, la dimensione, il reciproco della massa e un fattore dipendente dalla forma geometrica. Per i tre fattori area, massa inversa e coefficiente di drag, evidenziati dall'equazione [4], come si può apprezzare dalla tabella, il giavellotto è superiore al disco che, a sua volta, è superiore a martello e peso. La riga finale della tabella mostra che il giavellotto è circa sette volte più aerodinamico del disco che risulta essere, per contro, dieci volte più aerodinamico del martello; quest'ultimo, a sua volta, è circa una decina di volte più aerodinamico del peso. Quando l'aerodinamicità b è zero, la traiettoria è parabolica. Pertanto, bmax costituisce un indice di quanto la traiettoria dell'attrezzo si discosti da un modello prevedibile sulla base della sola forza gravitazionale. Quando l'attrezzo è sferico (peso), b è minima e la direzione della forza aerodinamica è esattamente opposta alla direzione del vettore della velocità; la resistenza aerodinamica agisce diminuendo il percorso compiuto in volo, anche se in modo quantitativamente trascurabile, dal momento che la forza gravitazionale risulta largamente preponderante. Nel caso invece di attrezzi non sferici, come il disco e il giavellotto, la forza aerodinamica può avere una componente perpendicolare al vettore della velocità (portanza), che può essere sfruttata vantaggiosamente per contrastare gli effetti della resistenza aerodinamica ed estendere il percorso compiuto in volo oltre il valore teoricamente prevedibile nel vuoto. Quindi, dato che l'aerodinamicità varia di quasi tre ordini di grandezza da 0,0086 a 5,53, come indicato nella tabella, le forze aerodinamiche possono comportare una trascurabile perturbazione, come nel peso, o costituire un fattore determinante del moto, come nel giavellotto. Dalla tabella possono essere dedotte anche alcune implicazioni che possono avere un risvolto eminentemente pratico. La distanza in volo del peso appare alterata dalla resistenza aerodinamica in maniera irrilevante e quindi la traiettoria del peso può essere descritta in maniera accettabilmente accurata a opera di un modello che ignori la resistenza aerodinamica. Al contrario, questa assunzione risulta meno accurata per il volo del martello, mentre diventa strettamente necessario considerare anche le forze aerodinamiche in qualsiasi modello, il quale riguardi le traiettorie del disco e del giavellotto.
Nel getto del peso, la tecnica di lancio comunemente praticata prevede che l'atleta inizi il movimento con le spalle rivolte alla direzione di tiro e con la mano che sostiene l'attrezzo appoggiata nell'incavo tra la spalla e il collo, e che quindi, compiendo la cosiddetta traslocazione, ossia il momento di preparazione, si giri verso il campo di lancio e proietti il peso con l'estensione del braccio per la spinta finale. La traslocazione è stata analizzata in modo approfondito per identificare la migliore traiettoria del peso, al fine di raggiungere un'elevata velocità di stacco. Nei lanci in cui si siano superati i 21 m di gittata, al termine della traslocazione sono state misurate velocità del peso di 3,5-3,7 m/s, che rappresentano valori pari al 25% circa della velocità finale. L'esame della traiettoria del peso dimostra che le più alte velocità si raggiungono quando l'attrezzo segue lo stesso percorso rettilineo sia nel momento della traslocazione, sia in quello della spinta finale. Quando invece il movimento dell'atleta determina variazioni di traiettoria del peso nel passaggio tra traslocazione e spinta, si verificano diminuzioni del 60-70% della velocità alla fine della traslocazione. Analizzando i lanci di atleti di valore mondiale, si è potuto verificare che i massimi risultati vengono ottenuti quando i tempi della spinta finale sono molto brevi (0,18-0,22 s) e la traiettoria del peso, dal punto di partenza della traslocazione al punto di stacco dalla mano, è relativamente lunga (1,70-1,78 m). L'angolo ottimale della traiettoria di stacco dell'attrezzo rispetto al terreno, al fine di ottimizzare la lunghezza della gittata, è inferiore ai 45° previsti dal modello teorico delle equazioni [1] e [2], quando si tenga in considerazione la distanza da terra del punto iniziale della traiettoria di volo. La fig. 2 illustra la traiettoria di un peso in assenza di resistenza aerodinamica e gli angoli significativi per l'ottimizzazione della gittata. Si può osservare che la deviazione dall'angolo di 45° è conseguenza geometrica del fatto che il punto di rilascio dell'attrezzo non avviene alla quota del suolo. Questa deviazione (ε) è esattamente la metà dell'angolo γ che si viene a formare tra il piano del suolo e la retta congiungente i punti di stacco (hr) e di contatto (C) al suolo del peso. Nel gruppo di atleti di livello mondiale in precedenza menzionati, si trovano altezze dal suolo, al momento dello stacco, nell'ambito di 2,20-2,27 m per lanci superiori ai 19 m di gittata, e angoli di rilascio di 39°-42°. Questo valore combacia con il valore di 40°, il quale può essere teoricamente calcolato assumendo altezze di stacco di 2,0-2,5 m. A fini pratici, va tenuto quindi presente che l'altezza dell'atleta è un elemento importante nel determinare la lunghezza del lancio. La deviazione è inoltre influenzata dalla velocità iniziale dell'attrezzo, dal momento che sono necessari angoli di deviazione tanto maggiori quanto minore sia la velocità. L'energia totale del peso subito dopo lo stacco è data dalla somma del lavoro compiuto per sollevarlo dal punto iniziale alla quota di rilascio più l'energia cinetica corrispondente alla sua velocità di stacco. Si può calcolare che, in un lancio di 18,2 m, tale lavoro corrisponde a 732 J, di cui l'80% è dovuto all'energia cinetica. Tenendo conto del lavoro muscolare necessario per accelerare e sollevare anche il baricentro del corpo dell'atleta nel momento finale di spinta e della durata di tale lavoro, si può calcolare che la potenza meccanica generata dal lanciatore in queste condizioni è di 5 kW, pari a 6,9 HP, corrispondente ai massimi valori di potenza meccanica istantanea determinati nel soggetto umano con tecniche di misura basate sull'uso della piattaforma dinamometrica.
La tecnica di esecuzione del lancio è mirata al rilascio dell'attrezzo alla più alta velocità possibile e a un angolo di poco inferiore ai 45°. Il movimento rotatorio del martello inizia durante una fase di oscillazioni preliminari (generalmente due) compiute dall'atleta, il quale mantiene una postura con piedi fermi sul terreno a una distanza leggermente superiore alla larghezza delle spalle, gambe flesse, assecondando la rotazione dell'attrezzo attorno a sé con torsioni del tronco e spostamenti del baricentro per controbilanciare con il proprio peso il momento della forza centrifuga. Quindi la velocità dell'attrezzo viene accelerata rapidamente e il piano di rotazione si inclina progressivamente durante la fase delle rotazioni (generalmente tre) nelle quali il lanciatore, facendo alternativamente perno sulla punta e sul tallone del piede sinistro (per gli atleti destrimani), mantiene le braccia passivamente estese come un prolungamento dell'attrezzo, seguendone il movimento. Il sistema costituito da attrezzo e atleta ruota attorno a un asse che passa attraverso il punto di contatto del lanciatore con il suolo. Al momento del distacco, alla fine della terza rotazione, viene impartito un ulteriore aumento di velocità al martello sollevandolo potentemente con l'azione delle gambe e del tronco: da una posizione nella quale le anche e le ginocchia si trovano ben flesse, entrambe le gambe - e soprattutto la sinistra - si estendono spingendo verticalmente, mentre testa e tronco s'inarcano all'indietro. L'accelerazione finale del martello viene così impartita dall'atleta tramite il brusco sollevamento dell'attrezzo nell'orbita di uscita ed esercitando una forza centripeta tale da ridurre il raggio del movimento. Infatti, assumendo che non avvenga alcun cambiamento nel momento angolare dell'attrezzo, una riduzione di raggio è necessariamente accompagnata da un aumento di velocità. Può essere stimato un aumento del 2% della velocità angolare per riduzioni di soli 5 cm del raggio della traiettoria del martello. La resistenza aerodinamica risulta considerevolmente più importante nel volo del martello di quanto non lo sia nel volo del peso. Ciò è principalmente dovuto alla velocità del martello, che è circa doppia rispetto a quella del peso; tuttavia, nel martello, hanno un valore circa doppio anche la superficie dell'attrezzo e il coefficiente di resistenza aerodinamica, in virtù della presenza del cavo e della maniglia che hanno forma cilindrica. Infatti, quando, nella fase di volo, la maniglia si dispone nella scia aerodinamica della testa, probabilmente essa contribuisce scarsamente alla resistenza aerodinamica totale dell'attrezzo, mentre quando la maniglia oscilla disordinatamente, girando attorno alla testa, la resistenza aerodinamica varia fino a un fattore di 2. In considerazione della maggiore gittata e della minor altezza dal suolo dell'attrezzo al momento del rilascio (circa 1,60 m), l'angolo ottimale di rilascio è più vicino al valore di 45° rispetto al peso: determinazioni analitiche forniscono, infatti, valori attorno a 43,5°. Al fine di ottenere una prestazione ottimale, i fattori di maggiore importanza sembrano essere l'alta velocità al momento del rilascio e una tecnica di lancio che consenta all'attrezzo di volare con la maniglia nella scia della testa.
Anche nel lancio del disco la prestazione ottimale dipende sia dalla velocità di stacco dell'attrezzo sia da un adeguato angolo di rilascio. Quest'ultimo risulta influenzato dagli specifici fattori che sono legati alla considerevole aerodinamicità dell'attrezzo stesso. Da un punto arretrato della pedana circolare adibita al lancio, l'atleta compie alcuni (generalmente non più di tre) movimenti oscillatori preliminari con l'intero corpo e non solamente con le braccia. Questi movimenti lo aiutano nella preparazione emotiva al lancio e nella ricerca del coordinamento motorio, importante per l'efficienza dei movimenti di rotazione e di lancio che stanno per essere compiuti. Il lanciatore, quindi, sposta il proprio peso sul piede sinistro con funzione di perno e, ruotando, attraversa la pedana. È importante dosare accuratamente la velocità rotatoria sul piede perno e mantenere una corretta relazione tra il piede perno e il centro di massa del corpo, per non creare squilibri nel movimento i quali inevitabilmente comportano effetti negativi sul conseguente lancio. In questa fase, le spalle del lanciatore compiono una rotazione di circa 450° e vengono sviluppate le massime velocità angolari e lineari dei segmenti corporei: la rotazione viene effettuata sia con l'uso del piede perno, sia con movimenti di salto e di corsa. La mano che lancia compie quindi un ampio arco, il più lontano possibile dal corpo per impartire la massima velocità al disco che sta per essere lanciato: infatti, per una data velocità angolare, la velocità lineare del disco sarà proporzionale alla distanza dall'asse di rotazione. Durante questo movimento finale di lancio, la traiettoria del disco compie un percorso spiraliforme, dapprima discendente e poi rapidamente ascendente, attuato tramite una salda presa della mano, la quale può esercitare una forza quasi verticale sull'attrezzo, coadiuvata da un rapido innalzamento del tronco e delle gambe.
Come si è detto, la velocità di stacco è il principale fattore nella determinazione della gittata: moderati incrementi di velocità comportano infatti comparativamente maggiori incrementi di distanza, poiché la portanza sull'attrezzo è proporzionale al quadrato della sua velocità. Per una data velocità, il fattore più importante è costituito dall'angolo di lancio, che risulta ottimale tra 35° e 40° per i lanciatori di alto livello, mentre angoli leggermente maggiori, ma sempre inferiori a 45°, sono meglio indicati per i lanciatori di minore abilità. Un altro fattore di grande importanza è l'assetto del disco al momento dello stacco: l'angolo ideale rispetto al suolo è compreso tra 25° e 35°, comportando quindi un angolo di incidenza negativo sulla traiettoria di rilascio di 5°-10°. Anche se, con un tale angolo, la pressione aerodinamica tende ad abbassare il bordo d'entrata del disco, la traiettoria ascendente automaticamente tende a un effetto contrario, riportando l'attrezzo in allineamento con la tangente alla traiettoria del centro di gravità e consentendo di presentare un'ampia superficie verso il suolo durante la fase discendente del volo; questo fatto rende possibile beneficiare di un effetto cuscinetto e guadagnare distanza a causa di un assetto planante. Un angolo di assetto positivo al momento dello stacco, per contro, è destinato ad aumentare durante la fase ascendente del volo, favorito dalla pressione aerodinamica che costituisce anche una considerevole resistenza alla progressione fino allo stallo dell'attrezzo. L'angolo di stallo del disco è valutato attorno ai 45°.
In questa specialità la tecnica ideale deve combinare la massima velocità durante la fase di rincorsa con una posizione di lancio che consenta di sviluppare la massima forza sul giavellotto e di rilasciarlo a un angolo ottimale. Durante la rincorsa, costituita da 14-17 passi, il lanciatore mantiene l'attrezzo in equilibrio sulla spalla, in una posizione che gli consenta un'andatura sciolta e naturale, e dopo 10-12 passi ritrae il giavellotto ruotando e inclinando il tronco all'indietro per assumere una posizione di lancio che consenta il massimo sviluppo di potenza possibile. Il cambiamento di angolo del tronco è particolarmente marcato durante l'ultimo passo della rincorsa (detto passo incrociato), nel quale l'atleta contrae un saldo appoggio con il piede destro (per i destrimani) prima di portare il proprio baricentro in avanti per il lancio: l'impugnatura dell'attrezzo si trova, in tale fase, circa 1,2 m dietro al centro di gravità corporeo che, a sua volta, è in posizione arretrata rispetto all'appoggio del piede, mentre l'asse gamba anteriore-tronco ha un'angolazione di circa 25° rispetto alla verticale. Tale angolo è comunque in funzione della velocità della rincorsa, essendo tanto maggiore quanto maggiore è la velocità. Lo specifico gesto del lancio consiste in una potente trazione sul giavellotto, seguita da un movimento di sollevamento nel quale il lanciatore spinge con la gamba posteriore contro la resistenza di quella anteriore. Dal momento del contatto a terra del piede destro, all'inizio del passo incrociato, quando il braccio del lancio è ancora disteso e rilasciato, comincia una decisa spinta della spalla, mentre il peso del corpo si proietta in avanti raggiungendo il punto di appoggio del piede anteriore (sinistro). Mentre il peso oltrepassa il piede d'appoggio, la gamba destra esercita una forte spinta che aggiunge forza a tutto il lancio e coinvolge l'anca destra nel movimento. La rotazione del tronco avviene prevalentemente a causa della resistenza opposta dal piede anteriore al moto orizzontale del corpo e coincide con una rotazione esterna e un innalzamento del gomito dell'arto che lancia, entrambi essenziali all'azione finale a colpo di frusta attuata dal braccio. Se il tronco è troppo eretto e la base d'appoggio durante il lancio è troppo stretta in relazione alla velocità di rincorsa, l'atleta disporrà di uno scarso ambito spaziale e temporale nel quale applicare la forza all'attrezzo e tenderà a ruotare sagittalmente in avanti oltre l'appoggio anteriore, lanciando il giavellotto verso il basso. Se invece il lanciatore avrà il tronco eccessivamente inclinato posteriormente e i piedi troppo distanti, la velocità orizzontale del centro di gravità corporeo dell'atleta subirà un eccessivo rallentamento, le anche non supereranno l'appoggio anteriore e il tronco si troverà a ruotare attorno a un fulcro costituito dalle anche, con una conseguente riduzione del raggio del movimento di lancio e, di nuovo, si avrà una tendenza a lanciare il giavellotto verso il basso.
La spinta dell'attrezzo può avere luogo in uno spazio di oltre 4 m - dal momento del contatto al suolo del piede destro all'inizio del passo incrociato fino al momento del rilascio - e produrre velocità di stacco di oltre 95 km/h. Nel movimento del rilascio il lanciatore impartisce automaticamente una rotazione attorno all'asse maggiore dell'attrezzo, come risultato della rotazione esterna della spalla e della sequenza con la quale le dita abbandonano il contatto con il giavellotto. Se questa rotazione (in senso orario se vista da dietro, per i destrimani) è di sufficiente intensità, può conferire stabilità giroscopica all'attrezzo durante il volo. Tuttavia, come in tutti gli eventi di lancio, anche nel caso del giavellotto la velocità di stacco rimane il fattore di maggior importanza, in considerazione anche del fatto che la spinta aerodinamica verticale è proporzionale al quadrato della velocità. Entro certi limiti si possono impiegare giavellotti più sottili per ridurne la resistenza aerodinamica, ma generalmente attrezzi con maggior superficie consentono la generazione di una maggiore portanza. La portanza del giavellotto aumenta proporzionalmente all'angolo di attacco (rispetto allo scorrimento dell'aria) fino a valori di circa 45°; portanza e resistenza aerodinamica si equivalgono in un ambito di 42°-46°, mentre il valore massimo del rapporto portanza/resistenza aerodinamica si osserva ad angoli di attacco di 10°-16°. L'angolo di rilascio risulta generalmente inferiore ai 35° e tende a diminuire al crescere della velocità.
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