BRANCACCIO, Landolfo
Di nobile famiglia napoletana, il B. fu eletto vescovo di Aversa verso il 1293. Nulla si sa di lui prima di questa data, ma dovette la sua elezione sicuramente ai suoi legami con la corte angioina. Per questi stessi motivi fu anche eletto il 18 sett. 1294 cardinale con il titolo di S. Angelo da Celestino V, notoriamente condizionato durante il suo breve pontificato in quasi tutte le sue decisioni da Carlo II d'Angiò. Fu sicuramente ancora per desiderio del re che Bonifacio VIII lo nominò il 5 apr. 1295 legato pontificio nel Regno di Sicilia.
La sua legazione, che si protrasse fino al 1298 e della quale non si hanno molte notizie (dopo la morte di Carlo Martello nell'agosto del 1295 il B. ricoprì per pochissimo tempo la carica di vicario generale del Regno insieme con Filippo di Taranto), si dovette svolgere in condizioni piuttosto tranquille dati gli amichevoli rapporti tra il B. e il re. Quando esplose il grave conflitto tra Bonifacio VIII e i cardinali Colonna che divise profondamente il collegio cardinalizio, il B. si trovava ancora nel Regno e rimase perciò estraneo a tutta la vicenda. Ma, come si può arguire dagli avvenimenti successivi, non poteva essere considerato certamente un partigiano di Bonifacio VIII. Da lui fu nominato tuttavia il 7 ag. 1299 nuovamente legato nel regno di Sicilia, insieme con il cardinale di Sabina, G. Bianchi, in considerazione della sua profonda conoscenza del "negotium Siciliae". I due cardinali erano incaricati di recarsi nell'isola di Sicilia per sostenere anche con i mezzi spirituali la campagna militare che in quel momento Roberto d'Angiò e Giacomo II d'Aragona conducevano contro Federico III d'Aragona. Il B. si trovava nel Regno già all'inizio dell'anno e pare abbia seguito da vicino le vicende della guerra. Da quel tempo datano i suoi buoni rapporti con Giacomo II d'Aragona che provocarono sicuramente già all'inizio del settembre la sua revoca dalla legazione siciliana. Poco prima infatti Giacomo II aveva deciso di abbandonare la guerra contro il fratello, suscitando la più grande irritazione di Bonifacio VIII, che il B., rientrato a Roma verso la fine di settembre, tentò invano di placare.
Come attestano numerosi dispacci degli ambasciatori aragonesi, il B. restò sempre in seguito uno dei più fedeli sostenitori degli interessi del re Giacomo nella Curia, appoggiando con particolare calore le sue rivendicazioni sulla Sardegna. Nel settembre del 1301, al culmine del conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, fece gravissime confidenze al procuratore regio Gerardo de Albalato sul conto del pontefice: "meglio morire che vivere in compagnia di un tale uomo, ridotto ormai solo lingua e occhi in un corpo già putrefatto" gli disse, esprimendo quindi la convinzione che "cum dyabolo enim habemus facere".
Non può dunque sorprendere la circostanza che dopo la morte di Bonifacio VIII si sia schierato subito dalla parte dei cardinali filofrancesi, firmando l'8 aprile 1304 una dichiarazione notarile, sollecitata dagli agenti di Filippo il Bello, nella quale si dichiarava favorevole, insieme ad altri sei cardinali, alla convocazione di un concilio per giudicare l'operato del defunto pontefice. Alla stessa linea politica si attenne in una sua deposizione rilasciata il 16 apr. 1311, nel corso del processo contro la memoria di Bonifacio VIII.
Trasferitosi ad Avignone con la Curia, dopo l'elezione di Clemente V che aveva appoggiato, il B. andò perdendo progressivamente ogni influenza sulla politica pontificia. Assai indicativa a questo proposito la testimonianza dell'agente aragonese Giovanni Burgundi, il quale, riferendo della buona disponibilità del B. verso il re d'Aragona, precisò: "omnia regia negocia... ad effectum perduceret, si equaret voluntati potestas". Nel corso del processo contro i templari, fu chiamato, nell'agosto del 1308, insieme a Berengario Fredoli cardinale dei SS. Nereo e Achilleo e Stefano de Suissy cardinale di S. Ciriaco, nella commissione incaricata di interrogare i superiori dell'Ordine. L'interrogatorio ebbe luogo l'8 agosto a Chinon. Due anni dopo, nel 1310, fu inviato dal pontefice, insieme al cardinale de Suissy, alla corte francese per comporre una vertenza tra Filippo il Bello e la città di Lione.
Morì il 29 ott. 1312 ad Avignone e fu sepolto nella cappella di S. Angelo che egli stesso aveva fatto erigere nella chiesa di Notre Dame des Doms.
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