LANDOLFO
ANDOLFO Fu figlio del gastaldo di Capua Landolfo, che resse il potere dall'815 all'843; non è noto il nome della madre. Anche la data di nascita è sconosciuta, ma la notizia riferita dal cronista Erchemperto (cap. 21), secondo la quale quando morì il padre L. era un adolescente, induce a ipotizzare che fosse nato verso l'825. L. aveva tre fratelli: Landone (I), che succedette al padre nel governo di Capua, Pandone e Landonolfo. Poco dopo la morte del gastaldo Landolfo, spirò anche il vescovo di Capua Paolino, e Landone approfittò di questo evento per fare eleggere L. presule della città campana. Non si dispone di alcuna notizia a proposito dell'episcopato di L. nel periodo di governo di suo fratello (843-860). È noto solo il fatto che verso l'856, nonostante il parere contrario di Landone, L. e Landonolfo decisero di ingrandire e fortificare l'abitato posto su un'ansa del fiume Volturno e corrispondente all'odierna Capua, perché ritenevano che il centro fortificato sul colle Triflisco, dove i Capuani si erano trasferiti a causa delle distruzioni subite dall'antica Capua a opera dei musulmani, non era degno di ospitare la sede della contea. Questa decisione evidenzia un notevole spirito d'iniziativa da parte di Landolfo. La tenacia con cui L. e Landonolfo perseguirono il loro progetto convinse successivamente il conte di Capua, Landone, ad appoggiare la loro iniziativa.
Il desiderio di L. di assumere un ruolo di primaria importanza a Capua emerse chiaramente alla morte di suo fratello Landone, quando insieme con Pandone, non rispettando il giuramento fatto a Landone, cacciarono da Capua l'erede, Landone (II), la moglie e gli altri figli del conte. Il successivo passo di L. nell'ascesa al potere avvenne in occasione della scomparsa nell'863 di Pandone, conte di Capua dopo la rimozione del nipote. Il vescovo infatti espulse i figli di Pandone e si impossessò del potere comitale.
Al pari dei suoi predecessori L. agì sempre in modo tale da mantenere Capua indipendente da Salerno, al cui Principato in teoria la contea capuana apparteneva dopo la divisione in due parti del Principato di Benevento nell'849. La sua volontà di indipendenza lo portò a rifiutare l'appoggio all'imperatore Ludovico II che, a partire dall'866, risiedette nell'Italia meridionale con il fine di eliminare la presenza dei musulmani in quell'area; il vescovo-conte di Capua, infatti, temeva che il reale obiettivo del sovrano fosse la sottomissione del Meridione d'Italia. La ferma reazione di Ludovico II, che pose sotto assedio Capua e poi obbligò i Capuani a riconoscere l'autorità del duca di Spoleto, indusse L. a mutare politica e ad appoggiare l'imperatore, probabilmente con la speranza di rendere Capua il principale centro di potere di un'Italia meridionale controllata da Ludovico II. Forse per tale motivo nell'871 L. non partecipò al complotto contro l'imperatore organizzato dai Beneventani, dai Salernitani e presumibilmente anche dai Napoletani, che, dopo l'eliminazione dell'Emirato di Bari, consideravano Ludovico II il loro più pericoloso avversario. Per tale motivo l'imperatore fu imprigionato a Benevento e liberato soltanto dopo aver giurato che non si sarebbe recato nell'Italia meridionale se non invitato dagli stessi principi longobardi (settembre 871). Il rinnovarsi della minaccia musulmana in Campania (Salerno stessa fu posta sotto assedio dai Saraceni) diede a L. l'opportunità di ergersi a difensore sia dei Longobardi sia degli interessi imperiali nell'Italia meridionale. La sua estraneità alla congiura lo rese infatti la persona più adatta, profilandosi di nuovo la minaccia musulmana, a sollecitare l'intervento di Ludovico II, il quale accettò e sconfisse l'esercito saraceno in Campania (maggio 872). Secondo Erchemperto, Ludovico II ricompensò L., rendendolo "tertium in regno suo" (cap. 36); secondo questa fonte, L. mirava a trasformare l'area beneventana in un arcivescovado con Capua come sede metropolitana. Se ciò è vero, il vescovo-conte di Capua non poté attuare il suo piano, perché Ludovico II non riuscì a imporre la propria autorità sui Longobardi dell'Italia meridionale e poco dopo, nell'875, morì.
Il persistere dello stato di conflittualità tra Capua e i vari potentati confinanti obbligò L. a un atteggiamento estremamente pragmatico; seguendo l'esempio di altri signori dell'Italia meridionale, si alleò con i Saraceni contro i propri nemici. A causa della scomunica comminatagli da papa Giovanni VIII, il vescovo-conte di Capua decise tuttavia di non perseguire nell'utilizzo di questi alleati e successivamente si schierò a favore della politica antimusulmana del pontefice. Pare che, proprio grazie alla mediazione di L., nell'877 Giovanni VIII fosse riuscito a organizzare a Traetto una riunione dei signori dell'Italia meridionale, che aveva come scopo un'azione comune contro i Saraceni. Il progetto pontificio fallì, ma L. continuò ad appoggiarlo; infatti, l'anno successivo agì da mediatore tra il pontefice e il prefetto di Amalfi al quale, in cambio di una consistente somma di denaro, fu chiesto di proteggere con le sue navi una parte della costa tirrenica dalle incursioni musulmane.
L. morì nell'879.
Il monaco cassinese Erchemperto, la maggiore fonte su L., ne dà una pessima descrizione dipingendolo come l'antieroe della sua cronaca; tale visione è probabilmente dovuta ai tentativi di L. di esercitare la sua autorità sull'abbazia di Montecassino. Particolarmente evocativo è il punto in cui il padre di L., interpretando un terribile sogno della moglie quando era incinta di L., predice le innumerevoli disgrazie e vittime che il figlio avrebbe provocato (cap. 21).
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