LANTERNA
. Architettura. - Le aperture circolari lasciate dai Romani nella sommità delle cupole per illuminare l'interno dell'edificio (Pantheon e Sala ottagona della Domus aurea neroniana) diedero origine alla lanterna propriamente detta la quale non è altro che una piccola costruzione, per lo più circolare, che termina la cupola e facilita, con le sue aperture verticali, l'adozione degl'infissi.
Il San Marco di Venezia ce ne tramanda cinque esemplari d'influsso indubbiamente orientale, ma difficilmente databili, certamente però anteriori a quelli dei battisteri di Cremona, di Firenze e di Pisa, della cattedrale di Pisa e della basilica di S. Antonio a Padova.
Al sorgere dello stile ogivale in Italia gli architetti cisterciensi non abbandonarono questo elemento architettonico, il quale, in Fossanova, si distingue chiaramente a coronamento della cupola-campanile che ricopre il transetto.
Ma soltanto con il Rinascimento la lanterna entra nell'uso comune dell'architettura; fra le tante cupole che ne sono adorne rammenteremo quelle di S. Maria del Fiore a Firenze, di S. Bernardino a Urbino, di S. Andrea a Mantova, di S. Maria di S. Satiro con la prossima cappella della Pietà e S. Maria delle Grazie a Milano, e infine quella della cappella Colleoni a Bergamo.
L'uso delle lanterne allo scopo di servire da completamento delle cupole si perpetuò attraverso tutto il Cinquecento e il Barocco gli diede nuovo impulso. Gli architetti di quel periodo foggiarono generalmente le lanterne a mo' delle cupole stesse che sormontavano, rendendole un completamento indispensabile di quelle.
Fra le tante lanterne barocche giova qui ricordare quelle dei Ss. Luca e Martina, di S. Carlo al Corso, di S. Andrea della Valle a Roma; delle chiese berniniane dell'Ariccia e di Castel Gandolfo (Roma) e della Chiesa della Salute a Venezia. Leggiadrissima fra tutte quella che nel 1582 Giacomo del Duca innalzò sulla cupola della Madonna di Loreto in Piazza del Foro Traiano a Roma, nota con la denominazione di "gabbia dei grilli" e quella capricciosa del Borromini sulla cappella di S. Ivo alla Sapienza, pure a Roma, ripresa, poi, con lievi varianti dal Guarini nelle sue fabbriche torinesi.
V. tavv. LXVII e LXVIII.