LAOS (XX, p. 522; App. II, 11, p. 153; III, 1, p. 963)
Le caratteristiche economiche del L. nell'ultimo quindicennio sono state direttamente determinate dalle vicende politiche, assumendo connotati molto diversi nelle due zone contrapposte del paese: la zona controllata dal Fronte patriottico che, circoscritta inizialmente alle province settentrionali, si è progressivamente estesa seguendo l'avanzata del fronte della lotta partigiana nelle campagne, e la zona "governativa", che comprendeva tutte le città e le terre più fertili lungo il Mekong (v. oltre, Storia).
Attorno al 1960 tutto il L. era un paese agricolo molto arretrato (reddito medio annuo pro-capite sui 60 dollari), con ampie zone caratterizzate da un'economia di sussistenza (i nove decimi dei contadini). Non vi era mai stato tenuto un censimento; nelle città - di cui una sola cospicua, Vientiane, con circa 80.000 ab. - viveva il 5% della popolazione del paese. Oltre il 90% della popolazione attiva era occupato nel settore primario, nel quale predominavano aziende coltivatrici di 1,5-2 ha d'infimo livello tecnico (rendimenti pari al 20% dei paesi risicoli più avanzati). Il riso, principale coltura (quasi il 98% dei seminativi) e alimento di base del paese, non era sufficiente per i fabbisogni. Nell'insignificante settore secondario predominava la produzione artigianale, non di rado ancora svolta unitamente all'agricoltura. Gl'impianti industriali si riducevano ad alcune centrali idroelettriche, riserie e segherie di piccole dimensioni. L'unica attività estrattiva - in una sola miniera - era quella dello stagno (soltanto circa 400 t all'anno di concentrato di stagno), ad opera di una società mista franco-laotiana. Assenti le ferrovie; le strade percorribili tutto l'anno avevano una lunghezza di poco più di 1000 km, in un paese esteso come due terzi d'Italia. Nell'interscambio con l'estero le importazioni (destinate agli abitanti delle città: prodotti industriali di consumo, soprattutto automobili; generi alimentari; prodotti petroliferi) superavano di quasi dieci volte le esportazioni (per due terzi concentrati di stagno; prodotti forestali; cotone; caffè).
Nelle zone controllate dal Fronte patriottico - e in primo luogo nelle due regioni settentrionali, in gran parte montuose - a partire dal 1964, la popolazione è stata praticamente costretta a trasferirsi e a vivere in caverne (degli 8000 villaggi esistenti, ben 7000 sono stati distrutti); ma ha nello stesso tempo realizzato una tenace opera di miglioramento dell'attività economico-sociale (introduzione di forme cooperative elementari, allargamento e miglioramento tecnico della coltura del riso, perfezionamento delle attività artigianali, creazione di alcuni stabilimenti dell'industria leggera, ampliamento o creazione della rete commerciale, lotta contro l'analfabetismo, miglioramento dei servizi medici). Nonostante un cospicuo tasso d'incremento della popolazione (circa 2,5% annuo negli anni Sessanta per tutto il paese) i responsabili del Fronte patriottico sostenevano di aver raggiunto l'autosufficienza alimentare. Da non dimenticare quello che è stato l'incremento probabilmente più importante delle vie di comunicazione nel paese (anche se se ne ignorano la consistenza e le forme): la creazione delle piste del cosiddetto "sentiero di Ho Chi Minh" - linea di rifornimento dei partigiani sud-vietnamiti - lungo il confine orientale del Laos.
Nel settore "governativo" del paese l'"aiuto" soprattutto statunitense (il più elevato pro-capite del mondo: 140 dollari annui in media) si è risolto - forniture militari a parte - in un flusso di prodotti di consumo che hanno finito con il compromettere l'attività artigianale locale. Nel settore secondario - 2% della popolazione attiva, 3% del reddito nazionale - le uniche attività nuove sono state la realizzazione di alcune centrali idroelettriche, che peraltro servono per la vita quotidiana dei principali centri urbani; la creazione, prevalentemente a Vientiane, di pochi stabilimenti (due cementifici, una fabbrica di tessuti di cotone, alcuni impianti di prodotti alimentari: zucchero, bevande non alcooliche, birra, carne in scatola) e il rinnovamento tecnico della miniera di stagno, che ne ha triplicato la produzione. Se si eccettua un piccolo aumento delle superfici irrigue (oggi pari a poco più dell'i % dei seminativi), nessun progresso ha fatto l'agricoltura, della quale continuava a vivere praticamente in autosussistenza l'85% della popolazione attiva e che dava il 75% del reddito nazionale, all'inizio degli anni Settanta. Essa ha visto anzi, come conseguenza delle attività belliche, una cospicua diminuzione delle superfici lavorate e delle quantità prodotte, in primo luogo del riso (quasi un terzo), la cui importazione è così aumentata. Unica novità, l'aumento delle piccole superfici a tabacco, caffè, cotone e, soprattutto, mais (quest'ultimo determinato da un certo sviluppo commerciale dell'allevamento, chiamato a soddisfare le esigenze di carne delle città). Le città si sono infatti gonfiate (Vientiane ha raddoppiato la popolazione), con un tasso d'incremento più che doppio di quello generale della popolazione del paese. Ma si è trattato di un'urbanizzazione indotta da attività burocratiche (amministrazione pubblica, polizia, forze armate di poco inferiori ai 100.000 uomini per un paese di 3 milioni di abitanti). Il settore terziario risulta così notevolmente aumentato, ma con scarsi risultati economici. Nel campo dei trasporti, si è avuta principalmente una proliferazione di aerodromi militari e un raddoppio del numero delle autovetture, rimaste concentrate nelle città al servizio degli strati burocratici. I tre quarti delle importazioni sono costantemente entrati nel paese tramite la strada Bangkok-Vientiane. Il deficit della bilancia commerciale, sempre cospicuo, è stato colmato dall'"aiuto" straniero di parecchi paesi capitalisti sviluppati (in primo luogo - 75% - gli SUA). Da notare l'aumento delle importazioni di riso.
Dopo l'assunzione del potere da parte delle forze patriottiche è stata fra l'altro ribadita l'urgenza, oltre che di un rapido miglioramento della situazione agricola, della prospezione geologica della maggior parte del paese (finora mai effettuata) per accertare la consistenza e l'economicità dei giacimenti minerari che, si afferma, dovrebbero essere numerosi e cospicui.
Bibl.: Ch. A. Fisher, South-East Asia. A social economic and political geography, Londra 19662, pp. 567-80; P. Vongvichit, Archivio per il Laos (trad. it.), Milano 1970.
Storia. - Agl'inizi del 1961, mentre continuavano gli scontri armati, il capo dello stato cambogiano N. Sihanouk proponeva di convocare una conferenza internazionale di 14 potenze per risolvere il problema laotiano, caratterizzato dall'esistenza di due governi contrapposti riconosciuti e appoggiati dagli opposti blocchi, e reso più complesso dall'appoggio dei neutrali a un terzo governo presieduto da Souvanna Phouma. All'iniziativa cambogiana si opposero gli occidentali, mentre il governo di Londra proponeva di richiamare in vita la commissione di controllo indo-polacco-canadese. Dopo difficili negoziati condotti soprattutto a Londra e a Mosca, il 24 aprile fu chiesta alle parti la cessazione del fuoco, fu ripristinata la commissione neutrale e fu convocata una conferenza internazionale sulla base delle proposte formulate da Sihanouk.
La conferenza, riunitasi a Ginevra il 16 maggio, si arenò subito di fronte al contrasto sulle questioni di fondo tra Stati Uniti e Cina. La situazione fu sbloccata da un accordo raggiunto il 22 giugno a Zurigo, ai margini della conferenza, tra i tre principi laotiani. Esso prevedeva la formazione di un governo unico, l'integrazione dei vari eserciti, la neutralizzazione del regno. Dopo qualche resistenza opposta da Phoumi Nosavan e Boun Oum e superata per la pressione degli Stati Uniti che sospesero gli aiuti economici, le tre parti si accordavano sulla costituzione di un governo provvisorio di unità nazionale presieduto da Souvanna Phouma, e il 23 luglio 1962 un documento in tal senso fu firmato a Ginevra. Le prospettive di pacificazione furono tuttavia ancora una volta frustrate dalle reazioni della destra. Infatti il 10 aprile 1963 fu assassinato il ministro degli Esteri, il neutralista Quinim Pholsena, e gli esponenti politici della sinistra furono costretti ad abbandonare Vientiane. Il 19 aprile 1964 un gruppo di generali, contrari alla linea moderata di Phoumi Nosavan e appoggiati dagli americani, s'impadronì del potere. Souvanna Phouma, abbandonando la posizione neutralista, aderì alla formazione di un governo forte e alla fusione tra le forze della destra e quelle neutraliste. Ciò provocò l'immediata reazione del Pathet Lao, che riprese i combattimenti e occupò tutta la Piana delle Giare, di vitale importanza strategica. Per superare l'impasse fu convocata in agosto a Celle-St-Cloud una nuova conferenza tripartita interlaotiana; ma il 21 novembre, dopo che era stato faticosamente raggiunto un accordo sull'agenda, Souvanna Phouma abbandonò i lavori. Nel 1965 l'escalation aerea americana investì il L.; ma il Pathet Lao, con l'appoggio degli ex neutralisti di sinistra facenti capo a Kong Lê, continuò la sua espansione militare verso il sud, consolidando le zone sotto il suo controllo. Nell'agosto 1970 i guerriglieri circondarono la capitale regia di Luang Prabang e Souvanna Phouma accettò d'iniziare trattative; ma l'8 febbraio 1971 truppe di Saigon, con la copertura aerea americana, penetravano in forze nel L. per interrompere la pista di Ho Chi Minh e distruggere le basi nordvietnamite. L'operazione fallì totalmente. Le forze del Pathet Lao, nonostante i bombardamenti americani (in totale più di 2,5 milioni di tonnellate di bombe, pari a 130 atomiche di Hiroshima) ripresero l'iniziativa, rioccuparono la Piana delle Giare che avevano perduto e costrinsero gli Americani ad abbandonare le basi segrete di Lon Chen e Ban Yu. Il governo di Vientiane fu costretto ad accettare l'offerta più volte ripetuta dal Pathet Lao d'intavolare trattative e il 21 febbraio 1973 fu firmato a Vientiane un protocollo che poneva termine alle ostilità, prevedeva il ritiro dei militari stranieri (thailandesi, nordvietnamiti e consiglieri americani) entro 60 giomi e prospettava una soluzione politica basata su un governo di coalizione e su un Consiglio politico nazionale con la partecipazione paritetica degli elementi di destra e degli ex neutralisti di Souvanna Phouma da una parte, del Neo Lao Haksat, cioè del fronte delle sinistre guidato dal Pathet Lao dall'altra. Il 5 aprile 1974 veniva installato il governo di unità nazionale diretto da Souvanna Phouma, mentre il capo del Pathet Lao, principe Souphanouvong, assumeva la presidenza del Consiglio nazionale.
Bibl.: J. M. Halpern, Government, politics and social structure in Laos, New Haven 1964; A. J. Dommen, Conflict in Laos: the politics of neutralisation, New York 1964; F. Le Bar, A. Suddard, Laos: its poeple, its society, its culture, New Haven 1966; H. Toye, Laos, buffer state or battleground?, Londra 1968; N. S. Adams, A. W. McCoy, Laos: war and revolution, New York 1970.