laparoscopia
Indagine diagnostica consistente nella visione diretta del peritoneo parietale e viscerale e di numerosi organi intraperitoneali per mezzo di un particolare strumento (laparoscopio) che viene introdotto nella cavità addominale previamente distesa mediante pneumoperitoneo. Si attua in anestesia generale o, più raramente, in anestesia locale novocainica, introducendo nel cavo addominale 3.000÷4.000 cm3 di gas (anidride carbonica o protossido di azoto) e, attraverso una piccola incisione cutanea in sede paraombelicale destra, l’estremità, munita di mandrino, del laparoscopio. Si sostituisce poi al mandrino l’apparato ottico (lenti e sistema d’illuminazione) e si procede all’osservazione degli organi esplorabili: peritoneo parietale e viscerale, fegato, colecisti, stomaco, milza, intestino tenue e crasso, organi genitali interni femminili, vescica. È una metodica abbastanza semplice ma non scevra di pericoli (perforazioni, emorragie), utilissima per la diagnosi di tumori endoaddominali e specie endopelvici non sempre definibili con altri mezzi d’indagine, compresi quelli radiologici. Alla l. si può utilmente associare una particolare tecnica di prelievo bioptico, l’agobiopsia mirata, che consente di prelevare frammenti di organo direttamente dalla zona interessata dal processo morboso, sotto il diretto controllo visivo. Ciò permette di evitare quasi completamente i possibili incidenti della biopsia ‘a cielo coperto’. La l. può anche avere una finalità terapeutica, nel caso in cui vengano eseguiti per via laparoscopica veri e propri interventi chirurgici: in questo caso si parla di l. operativa.