LAPITI (Δαπίϑαι, Lapĭthae)
Mitico popolo, di cui la dimora originaria fu il nord della Tessaglia, la regione detta posteriormente Perrebia, e la Pelasgiotide settentrionale. Omero nell'Iliade (XIII, 127 segg.) li chiama guerrieri e ne introduce due nella lotta: Polipete, figlio gagliardo di Piritoo, e Leonteo, pari ad Ares omicida, che respingono l'incursione di Asio. Ma la leggenda più nota relativa ai Lapiti è quella della loro lotta con i centauri (v. centauro, IX, p. 746). Secondo l'Odissea (XXI, 295 segg.), questa lotta ebbe origine dal fatto che il centauro Euritione, ospite di Piritoo, in stato di ubbriachezza, non si comportò in modo corretto. Ciò fece dispiacere ai Lapiti, che misero fuori della porta lo scostumato e gli mozzarono naso e orecchie.
Questo grave incidente condusse appunto alla lotta tra centauri e Lapiti, di cui il momento decisivo, nel quale i centauri furono cacciati dal Pelio, cadde proprio nel giorno in cui Ippodamia partoriva Polipete a Piritoo. La leggenda posteriore, che è ricordata in Pindaro (fr. 166 Schr. e che si afferma, nell'arte, nei vasi attici che risentono l'influenza di Polignoto e nel frontone orientale di Olimpia, leggenda la quale dovette essere cantata in qualche poema epico o in qualche canto lirico ora perduto, la lotta scoppia proprio nel giorno in cui Piritoo e Ippodamia celebravano le loro nozze. A queste nozze erano stati invitati anche i Centauri, come parenti, ma essi nell'ubbriachezza non seppero frenare i loro istinti e non esitarono a mettere le mani addosso alla sposa e alle vergini dei Lapiti. Ovidio nelle Metamorfosi (XII, 210 segg.) canta, forse troppo diffusamente, ma con tratti drammatici, questa leggenda, introducendo nella lotta molti personaggi che non sono menzionati nel brano relativo dello Scudo di Eracle, attribuito a Esiodo (v. 178 segg.).
Bibl.: C. Robert, Die griechische Heldensage, Berlino 1920; O. Höfer e W. Roscher, in Roscher, Lex. der griech. u. Röm. Mythol., II, ii, col. 1851, segg.; M. Schmidt, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, coll. 784 segg.