LARI, Antonio Maria, detto il Tozzo
Nacque a Siena da Paolo e Alessandra di Giovanni Antonio Ballerino. La data di nascita, non documentata, è di consueto stabilita intorno al 1503 (Milanesi).
Le notizie documentarie sul L. provengono prevalentemente dall'opera manoscritta dedicata da Romagnoli agli artisti senesi sulla base dei documenti da lui reperiti a Siena e donati nel 1835 alla Biblioteca di Siena.
Il primo documento riferibile al L. è un pagamento del 1521, riportato nelle polizze del camerlengo di Biccherna di Siena, per aver dipinto un "pennone" per le trombe dei donzelli (Romagnoli, p. 24). Nel 1527, sempre nei registri di Biccherna, risulta che il L. fu pagato per aver dipinto la bandiera che la città di Siena donò ai fanti di Lucignano in Valdichiana, per il valoroso comportamento nella battaglia di Camollia nel 1526 (Milanesi). Nel 1531 il L. venne ancora pagato dalla Repubblica senese per aver approntato alcuni archi trionfali destinati all'ingresso di Carlo V, ingresso che fu poi rimandato ad altra data. Nello stesso anno egli sposò Caterina di Bartolemeio e nel 1532 fu eletto tra i Quattro deputati di giustizia della Repubblica senese, carica che gli fu confermata anche l'anno seguente.
Nel 1533 il L. fu rettore dell'arte dei pittori, incarico che lascia supporre una iniziale attività pittorica non trascurabile. Ma in realtà, oltre alle opere citate, non è stato possibile a tutt'oggi ricostruire tale attività su una base documentaria certa. Un gruppo di opere, dapprima legate al nome del L. e a quello, ugualmente problematico di Marco Bigio, collocabili nell'ambito stilistico di pittori come Domenico Beccafumi, il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi) e il Riccio (Bartolomeo Neroni), sono ancora oggetto di discussione da parte della più recente storiografia (Ciampolini).
Può darsi che quando Baldassarre Peruzzi, tornato a Siena nel 1527, divenne l'architetto della Repubblica senese, il L. si sia messo in contatto con lui e abbia optato per una prevalente attività architettonica, poiché Vasari (p. 607) asserisce che il L. ebbe da Peruzzi "i primi principii d'architettura".
La sua prima opera architettonica documentata fu la ricostruzione del convento e della chiesa di S. Marta a Siena, iniziata nel 1535.
Il rifacimento del complesso di origine medioevale comprende le nuove facciate del convento e della chiesa, prospicienti la via di S. Marco, nonché forse anche la corte che si apre sulla valle. Una sobria linearità caratterizza la semplice facciata a due ordini della chiesa, coronata da un timpano triangolare e decorata da un elegante portale ionico di ascendenza peruzziana (Ricci). L'interno, pur riflettendo nella impostazione planimetrica la chiara articolazione spaziale rinascimentale, risulta molto alterato dalle decorazioni aggiunte nel Seicento e Settecento.
Nel 1536 il L. eseguì la decorazione della porta Nuova di Siena per l'ingresso trionfale di Carlo V, in collaborazione con Beccafumi e Lorenzo Donati, artisti anch'essi vicini a Peruzzi (Vasari).
Nell'ottobre del 1537 il L. venne inviato dalla Repubblica senese a Cetona per eseguire il disegno del girone, quindi a Sarteano per ispezionare la rocca e a Chiusi, per verificare lo stato delle fortificazioni (Romagnoli). Il 20 dic. 1537 fu assunto come architetto della Repubblica senese, succedendo a Peruzzi, morto l'anno precedente. Il suo compito principale consisteva nell'ispezionare e migliorare, dove necessario, le fortificazioni costiere della Repubblica, costantemente minacciate dalle incursioni barbaresche. Tra il 1538 e il 1539 il L. ispezionò anche le fortificazioni di Asinalunga, Cetona, Chiusi, Sarteano e Sovana, fornendo quindi i disegni per le necessarie migliorie e ripercorrendo così alcune tappe dei sopralluoghi già effettuati da Peruzzi.
Il 17 giugno 1539 s'iniziò la costruzione, secondo il disegno del L., del convento e della chiesa di S. Maria Maddalena a Siena. La fabbrica proseguì per più di un decennio e venne inoltre profondamente alterata dalle trasformazioni operate nel Settecento e Ottocento. Da una descrizione che precede le trasformazioni ottocentesche si può dedurre che l'aspetto della facciata della chiesa ideata dal L. doveva essere della stessa semplicità di linee riscontrata nella facciata di S. Marta (Ricci).
Nel mese di luglio dello stesso 1539, il L. ispezionò insieme con Caterino Marescotti la porta Ovile di Siena e altre parti della cinta muraria cittadina; mentre il 5 dicembre seguente venne inviato a Orbetello per ispezionare la torre delle Saline e il ponte della Farma; il 19 dicembre infine effettuò un intervento alla rocca di Asinalunga e quindi si recò a Montoro.
Una lettera del 10 dic. 1540, inviata dalla Repubblica di Siena al podestà di Grosseto, testimonia che la ricostruzione del duomo di Grosseto stava avvenendo in base a un disegno del L., fornito forse fin dal 1538 (Garzelli).
Del duomo, fondato nel 1294, furono già riscontrati nel 1532 i notevoli danni e conseguentemente decisa una riedificazione. Oggi, dopo i profondi rimaneggiamenti ottocenteschi, è difficile ricostruire con esattezza la fisionomia dell'intervento cinquecentesco del Lari. Lo si può ravvisare forse nella razionalizzazione spaziale dell'interno, dove la concentrazione nella zona della crociera sembra voler ristabilire un impianto centrico (Ricci). Vengono inoltre attribuiti al L. alcuni elementi della facciata di aspetto nettamente rinascimentale, come i due "chioschi" circolari disposti sui contrafforti angolari, simili ai tanti piccoli edifici a pianta centrale presenti nella cultura senese, da Francesco di Giorgio a Peruzzi (Garzelli). Di ascendenza peruzziana sono anche i due piccoli obelischi di coronamento del timpano.
Nel 1541, sempre a Grosseto, il L. sovrintese al restauro delle mura cittadine, coadiuvato da Giorgio di Pietro di Val Lugana. L'anno seguente egli visitò le fortificazioni di Sovana insieme con il deputato Andrea Trecerchi. Una lettera che il L. inviò da Pitigliano alla Repubblica di Siena nel maggio 1542 consente di ipotizzare che già a quella data egli aveva stabilito un contatto con il conte Giovan Francesco Orsini, signore del luogo. Il L. quindi proseguì nei mesi successivi i sopralluoghi alle fortificazioni di Sorano e Pitigliano nonché, come testimonia una lettera del 6 giugno alla Repubblica senese, alla rocca di Sovana "rovinata" poco tempo prima.
L'estate del 1542 fu dedicata dal L. soprattutto alla verifica delle fortificazioni costiere ancora minacciate dalle scorrerie turche: visitò infatti Talamone, Massa e Montepescali, alternando soggiorni a Pitigliano, questi ultimi non sempre graditi dalla Repubblica senese. Nel gennaio del 1543 la Balia di Siena lo incaricò di eseguire un disegno per le fortificazioni di Port'Ercole, dopo averne effettuata l'ispezione, lavoro per il quale ottenne il pagamento nell'aprile dello stesso anno. Nel 1543 verificò anche le mura di Grosseto e di altre fortezze della Maremma.
A partire dal mese di gennaio del 1544 il L. soggiornò spesso a Orbetello dove seguì i lavori di consolidamento delle mura, della rocca, delle porte cittadine e la costruzione del cavaliere. Il 4 marzo la Repubblica gli scrisse ordinandogli di recarsi a Saturnia e a Port'Ercole per sottoporre al commissario cittadino Paolo Gherardi i suoi disegni per le fortificazioni. Poté tornare a Siena nel mese di maggio; ma già in luglio era di ritorno a Orbetello e riprendeva quindi le verifiche delle fortificazioni maremmane.
Dei numerosi interventi eseguiti dal L. alle fortificazioni di Orbetello, è difficile oggi valutare la reale portata, sia rispetto ai precedenti interventi progettuali di Peruzzi sia rispetto alle successive modifiche e restauri (Garzelli). Si può ascrivere al L. la porta a Terreno, detta anche di "Moedina Coeli"; benché ampliata e ristrutturata a più riprese, infatti, essa mantiene ancora qualche traccia della costruzione cinquecentesca. Caratteristiche del L. sono pure alcune "troniere", torrette di avvistamento, poste lungo il perimetro delle fortificazioni cittadine sul bastione d'Arcos e su quello di fronte al fosso reale. La loro forma cilindrica richiama infatti quella dei "chioschi" posti sulla facciata del duomo di Grosseto (Ricci).
Sempre nel 1544, il L. ebbe alcune richieste di lavori di fortificazioni per il castello Ottieri, da parte di Sinolfo Ottieri, che forse non poté soddisfare a causa delle pressanti richieste della Repubblica senese (Milanesi).
Il 26 ott. 1546, in una lettera scritta da Sorano alla Repubblica senese, il L. faceva riferimento a un incarico non precisato, avuto da Giovan Francesco Orsini, conte di Pitigliano, forse un'opera di ingegneria militare o idraulica (Ricci). Poco dopo il L. si trovò pesantemente coinvolto nelle vicende personali del conte che, tra la fine del 1546 e il gennaio del 1547, fu spodestato dal figlio Nicola e si rifugiò prima a Sorano, quindi a Roma, dove si rivolse a Paolo III per ottenere giustizia.
Il L. seguì Orsini a Roma, e di qui scrisse diverse lettere alla Repubblica senese, tra il gennaio e l'aprile del 1547, professando la sua fedeltà alla Repubblica e cercando di mediare con essa la delicata situazione di Giovan Francesco. In queste lettere il L. lamentava la perdita a Sorano di alcuni beni personali di cui desiderava rientrare in possesso: tra gli altri, alcuni testi e disegni, che attestano la sua non indifferente cultura architettonica e antiquaria. Vi si trovano, infatti, citati un'edizione del trattato di Vitruvio curata da Giovanni Giocondo da Verona, le annotazioni a Vitruvio di Guglielmo Filandro, un volume di Bartolomeo Marliani, la Castrametatione di Polibio (la descrizione dell'accampamento romano, contenuta in Storie, VI, 27-32), un testo di Archimede che lui stesso aveva illustrato, oltre a disegni e annotazioni "dall'antico" fatte a Roma e a un suo trattato inedito di architettura (Ricci).
Scarse sono le notizie relative agli ultimi anni di attività del L. e mal definita è anche la natura della sua effettiva partecipazione ai lavori di riedificazione del palazzo Palmieri di Siena, nel 1547, che costituirebbero la sua ultima opera nota e la prova di un suo ritorno a Siena dopo la vicenda del conte Orsini. Una fonte, infatti, riporta la notizia che il palazzo quattrocentesco, trasformato a partire dal 1538 a opera di Angelo Palmieri, seguì un progetto del L. che fu realizzato nel 1547 (Romagnoli; Milanesi). La notizia non è suffragata da fonti documentarie e l'edificazione venne terminata solo nel 1577, dal figlio di Angelo, Giovanni Palmieri. L'analisi delle facciate del palazzo mostra un linguaggio di sobria linearità che anche in alcuni precisi elementi (le fasce orizzontali dei parapetti delle finestre, l'uso sobrio del bugnato nei portali, il cornicione di coronamento) ricorda il complesso di S. Marta, nonché alcuni edifici peruzziani. L'attribuzione al L. è quindi stata anche recentemente accolta, seppure con la necessità di un approfondimento e senza l'esclusione di un possibile progetto antecedente di Peruzzi (Ricci).
Gli ultimi documenti che si riferiscono al L. risalgono al 1549 e sono la denunzia dei suoi beni, fatta in suo nome dal cognato Bartolomeo di Girolamo di Meio Nanni il 22 marzo 1549, che lo certificava come ancora in vita, ma assente dal territorio senese, e la stima di una sua casa a Siena, in contrada S. Marco, dello stesso anno (Ricci). Non sussistono quindi ulteriori notizie, ed è presumibile che la sua morte sia avvenuta a breve distanza da questa data.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, pp. 603 n. 4, 607 n. 3; E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi dal secolo XII a tutto il XVIII (ed. anastatica del ms. anteriore al 1835), Firenze 1976, pp. 17-138; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese. Secolo XVI, I-III, Siena 1854-56, ad ind.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, XI, 2, Milano 1939, pp. 648-654; A. Garzelli, Il duomo diGrosseto, Firenze 1967, ad ind.; S. Pepper - N. Adams, Firearms and fortifications: military architecture and siege warfare in sixteenth-century Siena, Chicago-London 1986, pp. 181, 226 n. 26; M. Ciampolini, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, pp. 745 s.; N. Adams, in The Dictionary of art, XVIII, London-New York 1996, pp. 790 s.; M. Ricci, "Fu anco suo creato…". L'eredità di Baldassarre Peruzzi in A.M. L. e nel figlio Sallustio, Roma 2002, pp. 11-72; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 384.