laserterapia
laserterapìa s. f. – Impiego del laser a scopo terapeutico. Tra la fine del 20° e l'inizio del 21° sec. i progressi della conoscenza dei sistemi laser e della relativa tecnologia sono stati numerosi e importanti e molte sono le applicazioni sviluppate appositamente per specifici settori della medicina. Generalmente si sfrutta l’azione termica del laser per compiere fini interventi di natura specialistica (in campo oculistico, otorinolaringoiatrico, dermatologico, di chirurgia endoscopica, ecc.) poiché il fascio laser è direzionale e può essere focalizzato in piccolissime aree; inoltre, può essere accoppiato a fibre ottiche e/o a un microscopio operatore. L'introduzione del laser ha comportato una vera rivoluzione negli interventi, i quali vengono spesso eseguiti ambulatorialmente e senza anestesia generale. Lo sfruttamento delle peculiari caratteristiche delle sorgenti laser conduce ad alcune applicazioni medico-chirurgiche avanzate.
Meccanismi d'azione. – L'azione terapeutica del laser si basa su tre processi principali: fototermico, fotochimico e fotomeccanico. Nel processo fototermico l'energia assorbita dal bersaglio è trasformata in energia termica con riscaldamento del volume del bersaglio e diffusione termica nelle zone adiacenti. In quello fotochimico l'energia laser innesca una reazione che è seguita da una cascata di effetti biologici terapeuticamente utili. Nel processo fotomeccanico l'energia produce un'onda d'urto intensa (a seguito di formazione di plasma o di vaporizzazione rapida dell'acqua), utilizzabile per la distruzione di strutture biologiche. Nella realtà, localmente, i processi si verificano contemporaneamente nel sito irradiato, anche se con diverso peso relativo.
Terapia fototermica. – L'uso chirurgico del laser sfrutta il calore generato per coagulare o vaporizzare un tessuto determinando necrosi coagulativa (come con il termobisturi), incisione (come con il bisturi meccanico) e rimozione ablativa del tessuto. Le applicazioni che hanno registrato maggiori progressi e consensi riguardano: oftalmologia (retinopatia diabetica, glaucoma, cataratta secondaria, correzione dei difetti refrattivi); dermatologia (trattamento di lentiggini, efelidi, nevi melanocitici, teleangiectasie, angiomi, rimozione dei tatuaggi, asportazione di lesioni cutanee benigne); otorinolaringoiatria (chirurgia dei carcinomi laringei); ginecologia (endometriosi, chirurgia delle tube, vaporizzazione di piccoli fibromi uterini, microchirurgia per lesioni vulvari, vaginali, cervicali); odontoiatria (applicazione dei materiali dentari, fusione di preparati a base di idrossiapatite a smalto e dentina per sigillare eventuali fessure, rimozione delle carie, sterilizzazione delle cavità).
Terapia fotochimica. – La più importante applicazione della terapia fotochimica è la terapia fotodinamica (PDT, Photodynamic therapy). Essa è basata sugli effetti citotossici determinati da una reazione chimica indotta dal laser su cellule patologiche che abbiano precedentemente accumulato, a differenza di quelle sane, un farmaco fotosensibilizzatore.
Terapia fotomeccanica. – In oftalmologia, la possibilità di eseguire la 'rottura' meccanica del tessuto biologico a seguito del focheggiamento di un potente impulso laser è utilizzata per la resezione o la perforazione dei tessuti bersaglio (cataratta, glaucoma), salvaguardando l'integrità di tessuti più lontani dalla zona d'interazione. In urologia, l'effetto fotoameccanico dovuto a un impulso laser d'alta potenza, che genera onde d'urto in grado di frammentare i calcoli, è alla base della litotrissia laser della calcolosi urinaria.