Lásky jedné plavovlásky
(Cecoslovacchia 1965, Gli amori di una bionda, bianco e nero, 82m); regia: Miloš Forman; produzione: Rudolf Hajek per Barrandov; sceneggiatura: Miloš Forman, Ivan Passer, Jaroslav Papoušek; fotografia: Miroslav Ondříček; montaggio: Miroslav Hájek; scenografia: Karel Černý; musica: Evžen Illín.
In una piccola cittadina della Boemia settentrionale è concentrata la produzione tessile. La maggioranza degli abitanti è costituita da ragazze. Per concedere un po' di svago alla popolazione, il direttore della fabbrica e i comandi militari inviano nella cittadina gruppi di riservisti e organizzano una festa, ma i militari sono troppo anziani per le ragazze, indifferenti alla loro presenza. Andula fa la conoscenza di Milda, il pianista praghese ingaggiato per accompagnare la serata; i due giovani trascorrono insieme la notte. Prima di partire, Milda lascia il proprio indirizzo di Praga alla ragazza. Andula fa i bagagli e parte alla volta della capitale, dove trova i genitori del ragazzo, poco entusiasti di accoglierla; a tarda notte rientra Milda, ancor più in imbarazzo. Il giorno successivo, la giovane operaia fa ritorno alla cittadina.
Miloš Forman giunse con questo lungometraggio a firmare la sua terza opera, insieme al proprio gruppo artistico ormai collaudato, in cui lo affiancarono i futuri cineasti Ivan Passer e Jaroslav Papoušek, il direttore della fotografia Miroslav Ondříček e, soprattutto, i supervisori alla produzione Jirí Šebor e Vladimír Bor, capaci di prendere le difese dei progetti anomali del giovane cineasta dinanzi alla burocrazia di regime. Per molti versi, Lásky jedné plavovlásky riassume procedimenti, personaggi e situazioni collaudati nei due lungometraggi precedenti, Konkurs (Il concorso, 1963) e Černý Petr (L'asso di picche, 1964), portandoli a un considerevole grado di perfezionamento sul piano narrativo e della messinscena. Per altri aspetti, la cristallizzazione delle precedenti caratteristiche stilistiche preannuncia il passaggio alle forme narrative più strutturate di Hoří, má panenko! (Al fuoco, pompieri!, 1967) e portò taluni a parlare di manierismo nella regia di Forman.
Lo stile di Lásky jedné plavovlásky manifesta delle componenti distintive delle nuove ondate degli anni Sessanta, di cui costituisce uno degli esempi maggiori. In maniera particolare, queste sono riassumibili nell'adozione di uno stile di ripresa documentaristico, nell'impiego di non professionisti in alcuni dei ruoli principali e nel ricorso a modelli narrativi in cui i legami causali nella consecuzione delle azioni vengono allentati. Le riprese del film previdero scenari individuati in una reale cittadina caratterizzata dalla produzione di calzature, nella Boemia settentrionale, e ampio ricorso al personale di fabbrica per i figuranti. Inoltre, le inquadrature di Forman si distinguono per un gusto fenomenologico capace di privilegiare un soggetto in scena indipendentemente dall'azione compiuta, anche nei propri tempi morti. Tale attenzione agli aspetti marginali o poco evidenti della quotidianità si concretizza in una poetica dell'attesa, condivisa da Forman con il suo collaboratore Passer, che in quello stesso anno realizzò uno dei lungometraggi più intensi della nová vlna (la nouvelle vague cecoslovacca), Intimní osvĕtlení (Illuminazione intima, 1965). Si tratta quasi di una considerazione della noia come meccanismo generativo dell'evento estetico. Allo stesso tempo, questa potenzialità significante delle pause e degli intervalli drammatici offre anche punte di considerevole commozione e intimità, nelle sequenze tra i due giovani protagonisti. Il ricorso ad attori non professionisti si sposa con lo sguardo fenomenologico nella predilezione accordata all'improvvisazione in scena, suprema nelle sequenze della festa e della casa dei genitori di Milda. Questo elemento tipico dei precedenti film di Forman trova qui un ideale punto di equilibrio con l'inserimento di interpreti assai più esperti. In maniera particolare, la coppia principale affianca la giovane esordiente Hana Brejchová, sorella della celebre attrice Jana, e una stella nascente del cinema ceco, Vladimír Pucholt; ma soprattutto nel trio dei riservisti si produce un'inedita amalgama tra attori professionisti e non, grazie all'inserimento dell'eccellente Vladimír Menšík, tra i maggiori talenti comici emersi nel panortama cecoslovacco del dopoguerra. L'allentamento dei legami narrativi comporta l'apertura delle situazioni, sul piano drammatico, e una propensione per il bozzetto, sul piano scenico, capaci di produrre una sensazione di verosimiglianza inedita, di forza dirompente in un contesto sociale asfittico.
Lásky jedné plavovlásky è una comédie des mœurs nella sua volontà di tracciare le incongruenze e le défaillances di una nazione incline ai grandi proclami di ingegneria sociale, ma profondamente conservatrice nella prassi quotidiana e retriva negli istituti familiari. La terza opera di Forman mette a paragone, come già Černý Petr, una gioventù senza obiettivi con i propri padri intorpiditi: il confronto è perdente per entrambi. La dilatazione dei tempi narrativi e l'attenzione alle anomalie della realtà confluiscono in un registro grottesco raro nella cinematografia nazionale e di grande efficacia comica. Il principio strutturale alla base della messa in scena è pertanto l'indiscrezione, secondo l'opinione del critico francese Jean Collet: un'indelicatezza con la quale i personaggi si osservano tra loro, spiandosi; ma anche una franchezza della regia, disposta a rappresentare gli aspetti meschini e meno edificanti di una nazione. Infatti, l'effetto di realtà e la preferenza accordata ai tic dei personaggi garantiscono una valenza di satira sociale alle opere ceche di Forman, traslata al primo film americano, Taking Off (1971). I corpi sformati di alcuni personaggi, la gestualità goffa, l'inflessione volgare di alcune cadenze ed espressioni linguistiche, lo stesso istituto familiare, rappresentato egregiamente da due interpreti trovati per caso, contribuiscono a tracciare un ritratto della società ceca impietoso, e al tempo stesso esilarante. Tale tonalità tornò con insistenza nelle successive commedie di Papoušek, tanto da costituire una trilogia dedicata alla famiglia piccolo borghese ceca: Ecce Homo Homolka (1969), Hogo Fogo Homolka (1970) e Homolka a tobolka (Homolka e il portamonete, 1972).
Lásky jedné plavovlásky fu la conferma del talento di Forman, dopo il successo di Černý Petr, premiato a Locarno. Candidato all'Oscar nel 1967 come miglior film straniero, presentato nell'ambito del festival di Cannes, insignito del Premio Gottwald in patria, rappresentò un pregiato biglietto da visita per l'estero: acquistato per la distribuzione da Carlo Ponti, segnò l'inizio di un burrascoso rapporto tra il regista e il produttore, poi terminato durante la coproduzione di Hoří, má panenko!, i cui diritti furono infine rilevati da François Truffaut.
Interpreti e personaggi: Hana Brejchová (Andula), Vladimír Pucholt (Milda), Vladimír Menšík (Vacovský), Ivan Kheil (Maňas), Jiří Hrubý (Burda), Milada Ježková (madre di Milda), Josef Šebánek (padre di Milda), Zdena Lorencová (amica di Andula), Josef Kolb (vicedirettore della fabbrica), Tána Zelinková (ragazza con la chitarra).
A.J. Liehm, Pár docela obyčejných věcí, in "Film a doba", n. 11, novembre 1965.
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Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 60, juin 1966.