LASSA (fr. laisse)
Forma semplicissima di strofe, composta di una serie di versi generalmente decasillabi o dodecasillabi, legati dall'assonanza o dalla rima; metro proprio della poesia epica medievale specialmente francese e spagnola; ma si trova pure in altri generi. Il numero dei versi di ciascuna lassa è variabile secondo l'ampiezza dell'episodio che racchiude, giacché nella vecchia epica come ogni verso, così ogni lassa ha una sua unità. L'uso della lassa durò quanto l'epopea romanza.
Nei tempi moderni qualche poeta volle rimetterla in onore e per argomenti epici. L'usò G. D'Annunzio nella Notte di Caprera (Milano 1904), in cui è riprodotto anche il verso decasillabo con la cesura dopo la 4ª sillaba. Il Pascoli conservò il metro francese traducendo alcune lasse della Chanson de Roland (Traduzioni e riduzioni, Bologna 1913, p. 169), ma compose lasse di endecasillabi con assonanza nella versione dell'Aymerillot di Victor Hugo (op. cit., p. 183), i cui versi sono rimati a due a due. Più liberamente G. Carducci nella Canzone di Legnano usò lasse tutte di dieci endecasillabi ciascuna, sciolti da ogni legame di rima o assonanza.
Bibl.: G. Bertoni, La lassa epica, in Archiv. Romanicum, XVII (1933), p. 308.