Lasso ! per forza di molti sospiri
Sonetto della Vita Nuova (XXXIX 8-10), sullo schema, comune a quasi tutti quelli in morte di Beatrice, abba abba; cde dce; presente, oltre che nella tradizione ‛ organica ' del libro e delle sue rime e nella Giuntina del 1527, in altri codici di rime dantesche. È la palinodia e la recisa liquidazione dell'episodio della Donna pietosa o gentile, e segna il ritorno definitivo alla fedeltà a Beatrice. La prosa ne sviluppa la tematica in uno spessore narrativo più complesso e, in genere, più intenso, come spesso avviene in questi ultimi capitoli, aggiungendo il racconto della forte imaginazione che D. ebbe un giorno quasi su l'ora de la nona: il ripetersi della prima ‛ visione ' di Beatrice, giovane e con le vesti sanguigne, di III 2-7. La visione distrugge l'appetito per la Donna pietosa, definito ora come avversario de la ragione, e consente a D. di ritornare alle origini del suo amore, di recuperare quella memoria che è cardine del libro, in quanto è fedeltà a un supremo intelletto d'amore che diviene norma di vita e di spirituale edificazione. Su di essa s'incentra anche il secondo paragrafo della prosa, evidenziando il valore paradigmatico della ‛ visione ': Allora cominciai a pensare di lei; e ricordandomi di lei secondo l'ordine del tempo passato, lo mio cuore cominciò dolorosamente a pentere de lo desiderio a cui sì vilmente s'avea lasciato possedere alquanti die contra la costanzia de la ragione; e discacciato questo cotale malvagio desiderio, sì si rivolsero tutti li miei pensamenti a la loro gentilissima Beatrice (XXXIX 2).
Il sonetto, però, tralascia questo sfondo narrativo, per concentrarsi su uno schema d'azione esemplare: il pianto che è fedeltà (con una ripresa dell'atmosfera e della tematica di Li occhi dolenti), la memoria come ritorno su sé stesso dalla ‛ regio dissimilitudinis '. È suddiviso in due ampi e ben modulati periodi, corrispondenti all'essenziale dicotomia strofica, con solido e maturo impianto sintattico. La fronte svolge il tema del pianto, non tanto di pentimento, come suggerisce la prosa, ma di amore, con andamento di climax, soprattutto nella seconda quartina, culminante nell'immagine degli occhi incerchiati da corona di martiri, che fonde il senso fisico e quello spirituale della pena, collocandola in una dimensione indefinita e assoluta. La sirma, dopo una ripresa del motivo della fronte, con passaggio, però, dagli occhi al core (prima terzina), libera finalmente l'immagine conclusiva, il vero acquisto gnoseologico del sonetto: però ch'elli [i pensieri] hanno in lor li dolorosi / quel dolce nome di madonna scritto, / e de la morte sua molte parole (vv. 12-15). Qui va perduto il ricordo di Beatrice secondo l'ordine del tempo passato (§ 2) di cui parla la prosa, e la memoria si appunta su due elementi, per così dire, atemporali: un ‛ dolce nome ', veramente ‛ consequens rei ', e una morte che non è declino, ma gloria. D. ritrova così il mito centrale del libro: una pura ‛ dolcezza d'amore ' che vince la decadenza del tempo e l'instabilità continua dell'essere.
Bibl. - Barbi-Maggini, Rime 144-145; F. Montanari, L'esperienza poetica di D., Firenze 1968², 99-100 (1ª ediz. 1959); D. De Robertis, Il libro della " Vita nuova ", ibid. 1961 (1970²), 170-173; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster, e P. Boyde, II, Oxford 1967, 151-152.