laterali
Le consonanti laterali sono così chiamate in quanto, per produrle, la lingua assume una particolare conformazione che permette la fuoriuscita dell’aria dai suoi lati (➔ fonetica articolatoria, nozioni e termini di). In particolare, tali consonanti sono caratterizzate da una completa chiusura nella parte mediana della cavità orale e da un abbassamento dei bordi della lingua.
In fonetica, le laterali vengono classificate in due categorieː laterali approssimanti e laterali fricative. La differenza tra questi due modi articolatori non è tanto nella chiusura centrale del diaframma, presente in entrambe le categorie, quanto nella distanza tra bordi della lingua e parete fissa. Infatti, mentre nelle prime l’aria fuoriesce liberamente, nelle seconde i bordi della lingua creano una stretta diaframmatica tale che l’aria fuoriesce con un fruscio (fig. 1).
L’IPA (➔ alfabeto fonetico) prevede, per le laterali approssimanti, che sono tutte sonore, quattro luoghi articolatori: alveolare [l], retroflessa [ɭ] palatale [ʎ] e velare [l]. In fig. 2 è riportata la schematizzazione del tratto vocale dei quattro luoghi articolatori.
Per le laterali fricative l’IPA prevede solo il luogo articolatorio alveolare [ɬ] [ɮ], rispettivamente sorda e sonora. Le laterali fricative sono poco frequenti: secondo l’UPSID (UCLA phonological segment inventory database), la sorda è presente nel sistema fonologico di 24 lingue e la sonora in solo 9 delle 451 lingue analizzate. La fricativa sorda fa parte del sistema della lingua gallese e la sonora dello zulu.
L’opposizione fonologica di quattro o tre laterali è presente in un numero limitato di lingue (tra queste le lingue australiane). La maggior parte dei sistemi linguistici ha invece solo due luoghi articolatori. In italiano sono presenti il luogo alveolare [l], in cui è la punta della lingua che crea diaframma accostandosi agli incisivi superiori, e il luogo palatale [ʎ] in cui è il dorso della lingua a creare l’occlusione centrale accostandosi al palato duro: ad es., in voglio [ˈvɔʎːo], bagagli [baˈgaʎːi], scoglio [ˈskɔʎːo].
Quest’ultimo suono, non presente in latino, è reso nella ➔ grafia italiana con il trigramma ‹gli›. Tale grafia è comunque ambigua in quanto in alcune parole i grafemi che lo compongono possono essere realizzati come un unico suono (come in sogliola [ˈsɔʎːola]), come due suoni (come in agli [ˈaʎːi]) e come tre suoni indipendenti (come in glicine [ˈgliʧine], glicemia [gliʧeˈmiːa], glittografia [glitːograˈfiːa], glissare [gliˈsːaːre], negligente [negliˈʤɛnte], anglicano [aŋgliˈkaːno]).
La durata di [l] ha in italiano una funzione distintiva (➔ quantità fonologica): così, ad es., nelle coppie minime cala [ˈkaːla] e calla [ˈkalːa], ala [ˈaːla] e alla [ˈalːa], colare [koˈlaːre] e collare [koˈlːaːre]. Invece [ʎ], siccome viene prodotta sempre come lunga in posizione intervocalica, non ha una durata distintiva. Se si vogliono creare coppie minime avremo, quindi: molle [ˈmolːe] e moglie [ˈmoʎːe], callo [ˈkalːo] e caglio [ˈkaʎːo], palla [ˈpalːa] e paglia [ˈpaʎːa].
Le laterali, inoltre, a seconda del contesto, sottostanno al ➔ raddoppiamento sintattico: a lei [a ˈlːɛːi], a lungo andare [a ˈlːuŋgo anˈdaːre], a lume di candela [a ˈlːuːme di kanˈdeːla], e gli ho detto [e ˈʎːɔ ˈdetːo].
Dal punto di vista spettro-acustico (➔ fonetica acustica, nozioni e termini di) il segnale delle laterali approssimanti presenta formanti simili a quelle delle vocali, anche se meno intense. L’intensità, infatti, dipende dalla quantità di aria che passa attraverso il diaframma: massima apertura nelle vocali, quindi massima quantità d’aria passante e chiusura parziale nelle laterali, quindi ridotta quantità d’aria. Nelle figg. 3 e 4 sono riportati gli spettrogrammi relativi alle parole luce [ˈluːʧe] e aglio [ˈaʎːo].
La laterale alveolare, sulla scala del tempo, è compresa tra 0,8 e 0,18 secondi, la palatale tra 0,14 e 0,45 secondi. La minore intensità è indicata da un minore annerimento del segnale rispetto a quello vocalico (smorzamento di circa 10 dB). Il luogo articolatorio è facilmente deducibile dall’altezza della seconda formante: per l’alveolare la seconda formante si trova a circa 1500 Hz e per la palatale a circa 2100 Hz. Tali valori, del resto indicativi, si riferiscono a una voce maschile in quanto la voce femminile presenta un aumento formantico di circa il 20% rispetto a quella maschile. La [ʎ] condivide le stesse caratteristiche acustiche, ma non articolatorie, con l’approssimante palatale [j] delle parole aia [ˈaːja], caio [ˈkaːjo], baia [ˈbaːja], unica differenza è nella durata che, in [j], è minore.
Quanto finora detto si riferisce all’➔italiano standard. Nei dialetti le laterali subiscono notevoli cambiamenti. Un primo cambiamento riguarda la loro durata che, nei dialetti settentrionali (in particolar modo nel Veneto, nel Trentino, nel Friuli e nella Venezia Giulia), è sempre breve. Tale fenomeno è definito in fonologia ➔ scempiamento (o degeminazione). L’opposizione breve ~ lunga viene così annullata.
In alcune parlate locali la riduzione della durata è tale che la laterale non viene affatto realizzata. Ad es., mentre nel veronese e nel bellunese si avrà [aˈnɛːli] per anelli, [ˈsteːla] per stella, [ˈsaːle] per sale, [kanˈdeːla] per candela, nel veneziano e nel padovano si avrà [aˈnɛːi], [ˈsteːa], [ˈsaːe] e [kanˈdeːa].
Un allofono di [l], peculiare di alcuni dialetti è [ɫ] velarizzata (➔ allofoni). La velarizzazione è data da un diaframma secondario (il postdorso della lingua si solleva verso il velo palatino) che si aggiunge al diaframma primario (in questo caso, quello alveolare). Spettrograficamente è facilmente riconoscibile in quanto è caratterizzata dall’abbassamento della seconda formante.
Esempi di velarizzazione si riscontrano nel livornese (la velarizzazione avviene solo quando la laterale è lunga) come in molle [ˈmɔɫːe], pollo [ˈpoɫːo], callo [ˈkaɫːo] (Marotta & Nocchi 2001), nel ferrarese come in male [ˈmaɫ], sala [ˈsaːɫa] e valle [ˈvaɫːe], in Ciociaria come in colpo [ˈkoɫpo], alba [ˈaɫba] e nel napoletano come in collana [kuˈɫːaːnə], alto [ˈaɫːtə] e sale [ˈsaːɫə]. Fenomeni di velarizzazione si percepiscono fino a Napoli.
Nei dialetti meridionali (ad es., nel sud della penisola salentina, in Calabria, Sicilia e Sardegna) la laterale alveolare lunga viene realizzata come occlusiva sonora retroflessa [ɖː] (negli studi di filologia romanza è spesso usato il termine cacuminale al posto di retroflesso). La retroflessione è data alla punta della lingua che si solleva e si piega verso l’interno della cavità orale creando diaframma con il palato duro. Spettrograficamente è facilmente riconoscibile in quanto è caratterizzata dall’abbassamento delle deviazioni della terza e quarta formante. Bello verrà realizzato come [ˈbeɖːu], cavallo come [kaˈvaɖːu], gallo come [ˈgaɖːu]. Anche in Toscana, nell’area lunigiano-garfagnina esiste questo esito anche se realizzato sempre come breve: [aˈɖoːra] per allora, [soˈreːɖa] per sorella.
Per [ʎ] si possono individuare, nei dialetti italiani, due principali esiti: [j] approssimante palatale (breve o lunga) e [ɟː] occlusiva palatale (da alcuni studiosi considerata occlusiva prevelare [ɡ̟]).
In molti dialetti meridionali, ma anche nel Lazio, in Umbria e in Abruzzo avremo: foglia [ˈfɔːja] e [ˈfɔjːa], figlia [ˈfiːja] e [ˈfijːa], paglia [ˈpaːja] e [ˈpajːa], famiglia [faˈmiːja] e [faˈmijːa], ma anche [ˈfɔɟːa], [ˈfiɟːa], [ˈpaɟːa], [faˈmiɟːa].
Queste realizzazioni sono presenti, sebbene sempre brevi, anche in alcune zone della Toscana: [j] in provincia di Pistoia e in Garfagnana ([ˈvaːjo] per vaglio e [ˈaːjo] per aglio) e [ɟ] in Lunigiana ([ˈaːɟo] per aglio e [ˈfiːɟo] per figlio), mentre in livornese si attesta come laterale alveolare lunga: [ˈfɔlːja], [faˈmilːja]. Quest’ultima produzione, seppure breve, è tipica dei dialetti emiliani in cui l’opposizione breve ~ lunga viene annullata: [voˈljaːmo] per vogliamo e voliamo e [liˈtaːlja] per l’Italia e li taglia.
In diacronia, la rappresentazione grafica di [ʎ] presenta numerosi allografi. La forma più antica, di derivazione latina, sembra essere ‹li›: voliamo, filio; attestato in alcuni documenti altoitaliani antecedenti al XIII secolo è ‹ll› come in meravelle e orghollo; risalente al periodo medioevale è il trigramma ‹lgl›, come in orgolglo e olglo, in cui la presenza grafica della prima l, sembra indicare la durata lunga di tale suono; esclusiva del Salento e attestata alla fine del XV secolo è la scrizione ‹lh› come in assalhe e pilha (Coluccia 2002).
Si può ipotizzare che il processo evolutivo dell’occlusiva retroflessa e dell’occlusiva palatale, originante da [lː], sia legato allo stadio più antico di una laterale retroflessa (Rohlfs 1949: § 234). Poiché [ʎː] deriva storicamente non solo da [lj] ma anche da [lː] si avrà: [lː] > [ɭː] > [ʎː] > [ɟː] > [ɖː] (nella grafia di Rohlfs 1949 ll > ḷḷ > ƚƚ > g῎g῎ > ḍḍ). Tale processo sembra foneticamente motivato in quanto, dalla chiusura parziale della laterale retroflessa (attraverso la palatale che non perde la sua natura laterale) ha origine la chiusura totale dell’occlusiva. La presenza della laterale retroflessa sembra attestata in alcune località in provincia di Reggio Calabria (ad es. ad Ardore, Casignana e Samo) in cui si ha la realizzazione di cavaḷḷo, gaḷḷina, fratèḷḷu. Siccome nella valle d’Orte abruzzese non solo ll, in determinati contesti, ma anche ƚ passano a ḍḍ (come in məḍḍiík e satúḍḍ, per mollica e satollo, e paḍḍ e fiḍḍ, per paglia e figlio), si può presumere che le forme originarie siano məƚƚík > məg῎g῎ík e satúƚƚ > satúg῎g῎. Tale fenomeno, che mette in relazione l’occlusiva retroflessa con la laterale palatale, compare anche nel rapporto tra kavaḍḍu e gaḍḍina, forme tipiche dei dialetti dell’italiano meridionale, e kabaƚo e gaƚina del castigliano e del catalano (Rohlfs 1949: §§ 234-280; Celata 2006).
Celata, Chiara (2006), Analisi dei processi di retroflessione delle liquide in area romanza, con dati sperimentali dal còrso e dal siciliano (tesi di dottorato), Pisa, Scuola Normale Superiore (http://alphalinguistica.sns.it/tesi/celata/tesi_Celata.htm2).
Coluccia, Rosario (2002), La situazione linguistica dell’Italia meridionale al tempo di Federico II, in Id., “Scripta mane(n)t”. Studi sulla grafia dell’italiano, Galatina, Congedo, pp. 7-26.
Loporcaro, Michele (2001), Le consonanti retroflesse nei dialetti italiani meridionali: articolazione e trascrizione, «Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani» 19, pp. 207-233.
Marotta, Giovanna & Nocchi, Nadia (2001), La liquida laterale nel livornese, «Rivista italiana di dialettologia. Lingue dialetti e società» 25, pp. 285-326.
Rohlfs, Gerhard (1949), Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1º (Lautlehre) (trad. it. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, 3 voll., vol. 1º, Fonetica).