Lateralità
Con il termine lateralità si definisce genericamente l'asimmetria fra la metà destra e quella sinistra del corpo umano e, in senso più specifico, la parziale asimmetria funzionale dei due emisferi cerebrali, per la quale le funzioni cognitive e comportamentali più analitiche e razionali, tra cui il linguaggio, sono localizzate nell'emisfero sinistro, mentre quelle sintetiche e immaginative lo sono nel destro. Anche se mancano dati certi, si ritiene che un'asimmetria morfologica tra gli emisferi cerebrali costituisca la base delle loro differenti competenze linguistiche e della dominanza manuale, con la preferenza in genere accordata alla mano destra. La diversa specializzazione funzionale dei due emisferi sembra avere implicazioni significative anche nel campo dell'attività motoria e dello sport. È stata avanzata l'ipotesi che vi sia un vantaggio neurofunzionale per gli atleti mancini, dovuto a una peculiare organizzazione cerebrale.
di Giovanni Berlucchi
l. L'asimmetria nell'aspetto esteriore
Le asimmetrie fra le metà destra e sinistra del corpo si manifestano sia nel suo aspetto esteriore sia nella sua organizzazione interna. Anche se la struttura esterna generale del corpo umano presenta a prima vista una simmetria speculare bilaterale, è possibile mettere in evidenza asimmetrie regionali non cospicue ma sistematiche fra destra e sinistra. Queste asimmetrie, come quelle interne ben più vistose, dipendenti dalla collocazione eccentrica di visceri impari, come il cuore, lo stomaco, il fegato, il pancreas, la milza ecc., sono determinate in parte da meccanismi genetici e in parte da fattori epigenetici prenatali che graduano e differenziano i processi di sviluppo e maturazione lungo l'asse laterolaterale del corpo e dei singoli organi (Yost 1992). Un esempio notevole di asimmetria esterna è rappresentato dalle differenze più o meno spiccate che esistono fra le due metà della faccia in tutti gli individui. Un fotomontaggio di una faccia di una persona costruito con due fotografie identiche dell'emifaccia destra, una delle quali sia invertita specularmente, appare decisamente diverso dall'analogo fotomontaggio costituito da due fotografie dell'emifaccia sinistra. A loro volta entrambi i fotomontaggi differiscono apprezzabilmente dalla fotografia originale di partenza, e per quasi tutti gli osservatori la somiglianza con la faccia naturale è maggiore per il fotomontaggio realizzato con le emifacce destre. Questa impressione dipende non solamente dall'asimmetria fra le due emifacce, ma anche da un'altra forma di lateralità che in questo caso riguarda l'osservatore, e più precisamente dall'asimmetria funzionale fra i suoi emisferi cerebrali nella percezione delle facce.
2.
Il termine lateralità, in senso stretto, fa riferimento proprio all'asimmetria funzionale fra gli emisferi del cervello umano in vari processi cognitivi, affettivi e comportamentali, inclusa la preferenza per l'uso di una data mano. Fin dal 19° secolo è noto che i disturbi causati da lesioni unilaterali di aree corrispondenti dei due emisferi cerebrali dell'uomo possono essere molto diversi, a seconda che la lesione colpisca l'emisfero destro o quello sinistro. I primi studi di localizzazione di funzioni lateralizzate avevano dato adito alla teoria della dominanza assoluta dell'emisfero sinistro, sede, nella maggior parte degli individui (circa il 90%), dei centri del linguaggio parlato, della scrittura e della lettura, nonché del controllo prassico della motilità. Tuttavia, esperienze successive hanno dimostrato che lesioni di aree specializzate dell'emisfero destro (ma non dell'emisfero sinistro) causano disturbi dell'orientamento nello spazio, del riconoscimento di facce e di stimoli complessi non verbali, visivi, uditivi e tattili, nonché di abilità musicali. Non esiste pertanto una dominanza assoluta di un emisfero sull'altro, bensì una divisione del lavoro fra due organi che si equivalgono per la loro importanza funzionale complessiva, pur essendo in possesso di specializzazioni parzialmente diverse e complementari; nel funzionamento normale del cervello, entrambi gli emisferi contribuiscono, sia pure spesso in modi qualitativamente e quantitativamente differenziati, a tutti gli aspetti dei processi psicologici e del controllo del comportamento (Kolb-Whishaw 1996).
Questa unitarietà d'azione viene assicurata dal corpo calloso, la via di connessione primaria fra le aree corticali dei due lati, che costituisce la base per l'integrazione e l'armonizzazione delle funzioni degli emisferi cerebrali. Il corpo calloso è anche il tramite principale per la propagazione bilaterale di accessi convulsivi inizialmente unilaterali, tanto che in pazienti con forme gravi di epilessia resistenti ai farmaci può essere necessario eseguire una resezione dello stesso. In pazienti cui è stato praticato tale intervento, sottoposti a prove che limitino a un solo emisfero le informazioni di senso, si generano comportamenti che riflettono le competenze specifiche dell'emisfero stimolato: l'emisfero sinistro mostra una normale capacità di 'parlare' dei suoi processi mentali ed eccelle in tutte le funzioni cognitive dipendenti dal linguaggio, matematica inclusa, mentre l'emisfero destro è praticamente incapace di esprimersi a parole o per iscritto. Ciò nonostante, l'emisfero destro possiede qualche capacità di comprendere le parole pronunciate dall'esaminatore e di eseguire compiti su istruzione verbale, rivelandosi superiore all'emisfero sinistro in prove che richiedono, per es., la discriminazione e la memorizzazione di forme prive di senso, l'esecuzione mentale di trasformazioni spaziali, il riconoscimento delle facce e l'interpretazione delle espressioni facciali (Sperry 1984). Una caratterizzazione concisa e abbastanza efficace, anche se semplicistica e non del tutto esatta, delle differenze fra i processi cognitivi dei due emisferi attribuisce al sinistro la tendenza a elaborare le informazioni in modo analitico e sequenziale, e al destro la tendenza a elaborare le informazioni in modo sintetico e globale.
Le asimmetrie funzionali fra gli emisferi cerebrali sono state dimostrate anche in soggetti con cervello integro, analizzando le piccole ma sistematiche differenze fra le risposte a stimoli lateralizzati all'uno e all'altro emisfero. Per es., stimoli visivi o tattili provenienti da destra sono di regola denominati dai soggetti normali più rapidamente e accuratamente degli stessi stimoli che giungano da sinistra, poiché l'organizzazione anatomofunzionale delle vie visive e somatosensitive fa sì che gli stimoli lateralizzati a destra accedano direttamente ai centri del linguaggio nell'emisfero sinistro. Per arrivare a questi centri, gli stimoli provenienti da sinistra devono essere trasferiti dall'emisfero destro a quello sinistro tramite il corpo calloso, e ciò comporta un lieve ritardo e probabilmente anche una certa degradazione delle informazioni. Viceversa, le facce sono percepite meglio nell'emicampo visivo sinistro che in quello destro per la superiorità funzionale dell'emisfero destro in questo compito. Tale superiorità spiega perché l'emifaccia destra (che nella visione frontale cade nell'emicampo sinistro dell'osservatore) abbia un maggior peso dell'emifaccia sinistra nel riconoscimento facciale, come si è detto in precedenza. Più recentemente lo studio delle differenze funzionali fra gli emisferi cerebrali ha potuto avvalersi dei mezzi moderni di visualizzazione non invasiva dell'attività regionale del cervello durante compiti cognitivi e motori. I risultati confermano l'esistenza di chiare asimmetrie di lato nelle attività emisferiche a seconda dei requisiti dei compiti impiegati, e suggeriscono che tali asimmetrie possano essere anche più pervasive di quanto si potesse desumere dagli studi condotti con metodi tradizionali (Imaging the brain 1995).
3.
Da migliaia di anni, probabilmente fin dalla preistoria, la prevalenza della mano destra nelle attività motorie quotidiane ha distinto la specie umana in una maggioranza di destrimani e una minoranza di mancini (Bryden 1982). All'uso preferenziale di una mano fa riscontro un maggiore sviluppo della muscolatura del relativo arto superiore, ma questa asimmetria morfologica è quasi certamente un effetto anziché una causa dell'asimmetria funzionale. Se si considera un'attività motoria specifica come la scrittura manuale in individui che abbiano imparato a scrivere utilizzando la mano preferita 'spontaneamente', circa il 90% dei soggetti scrive con la destra e circa il 10% con la sinistra. Ovviamente, laddove vige ancora, come più diffusamente in passato, l'imposizione forzata dell'uso della destra nella scrittura, la percentuale di coloro che scrivono con la sinistra scende tanto al di sotto del 10% quanto più è praticata la coercizione. Tuttavia, anche in questi casi circa il 10% degli individui sceglie preferenzialmente la mano sinistra per varie altre attività motorie (lanciare, tagliare ecc.), e pertanto si ritiene che il rapporto di 9:1 fra soggetti destrimani e quelli non completamente destrimani o francamente mancini sia una delle costanti biologiche di tutte le popolazioni umane oggi esistenti. In realtà, la distribuzione della scelta manuale non è esattamente binomiale, poiché in non pochi individui la preferenza di lato può variare da un'attività motoria all'altra, anche indipendentemente da influenze culturali. Fra i gruppi estremi di soggetti che preferiscono sempre e comunque usare la mano destra (pari a circa il 66%) o quella sinistra (pari a circa il 4%), il rimanente 30% degli individui mostra vari gradi di preferenza mista per l'una e l'altra mano (Annett 1995). Inoltre, la bontà della prestazione motoria (la 'destrezza', termine non del tutto felice) è incompletamente correlata con la preferenza manuale, nel senso che all'atto pratico la mano preferita per un dato compito non è sempre necessariamente quella che lo esegue meglio. In sintesi, si può affermare che vi è una tendenza spontanea costituzionale a preferire l'uso di una determinata mano (la destra per la maggioranza degli individui), ma la preferenza spontanea non è sempre un indice di maggiore destrezza, e comunque può essere invertita o attenuata con la pratica. Infatti, come la pressione culturale fa sì che soggetti tendenzialmente mancini scrivano con la destra, così l'uso della sinistra può diventare predominante in destrimani la cui mano destra sia soggetta a immobilità prolungata per circostanze contingenti. La correlazione fra mano preferita, piede favorito e occhio favorito è positiva ma imperfetta: per es. il 30% dei destrimani sceglie l'occhio sinistro nella visione monoculare.
Poiché le vie motorie principali sono crociate, non è illogico pensare che la preferenza per la mano destra dipenda da una superiorità funzionale dell'emisfero sinistro nel controllo della motilità manuale. Nella ricerca di un potenziale correlato morfologico di questa superiorità, H. Steinmetz (1996) ha riscontrato, con metodi non invasivi in un'ampia popolazione di soggetti senza disturbi neurologici, una correlazione significativa tra dominanza manuale ed entità dell'asimmetria di lato relativa al planum temporale. Il planum temporale corrisponde al labbro inferiore della scissura di Silvio, e antichi studi autoptici avevano indicato che, nella maggioranza dei casi, esso tende a essere più esteso nell'emisfero sinistro che in quello destro, in una percentuale oggi valutabile almeno all'80%. Nella correlazione significativa descritta da Steinmetz il grado di asimmetria a favore del planum di sinistra è massimo nei destrimani, intermedio nei mancini non familiari (cioè senza nessun parente di primo grado mancino), minimo o nullo nei mancini familiari. Peraltro, il significato di questa correlazione con la dominanza manuale non può che essere indiretto, poiché la corteccia del planum temporale non ha funzioni motorie, bensì uditive e linguistiche. Essa comprende infatti aree uditive primarie e secondarie, deputate alla ricezione di segnali acustici in entrambi gli emisferi, e l'area di Wernicke, designata alla comprensione del linguaggio, ubicata nell'emisfero sinistro della grande maggioranza degli individui (l'area corrispondente nell'emisfero destro serve probabilmente all'analisi dell'intonazione, anziché del contenuto semantico, dei messaggi verbali). È possibile pertanto che l'asimmetria di lato relativa al planum temporale rappresenti una base morfologica primaria delle differenti competenze linguistiche dei due emisferi, e che la correlazione fra asimmetria del planum temporale e dominanza manuale non sia diretta, ma rifletta un'associazione funzionale fra meccanismi del linguaggio e meccanismi della motilità manuale. La natura di questo legame non è nota, ma è certo che l'emisfero dominante per il linguaggio non è sempre quello controlaterale alla mano preferita. L'utilizzazione della tecnica della narcotizzazione temporanea dell'uno e dell'altro emisfero in pazienti neurochirurgici ha permesso di localizzare i centri del linguaggio nell'emisfero sinistro del 96% dei destrimani e del 70% dei mancini, e nell'emisfero destro del 4% dei destrimani e del 15% dei mancini; nel rimanente 15% dei mancini i centri del linguaggio sarebbero bilaterali (Rasmussen-Milner 1977). Recenti esperimenti con tecniche non invasive su soggetti normali, pur confermando in buona parte questi risultati, suggeriscono che le percentuali di mancini con linguaggio a sinistra e a destra sarebbero pari, rispettivamente, all'80 e al 20%, e che la rappresentazione bilaterale del linguaggio probabilmente sarebbe presente solo in soggetti con lesioni neurologiche (On language laterality 1995).
4.
La lateralizzazione di funzioni negli emisferi cerebrali e la preferenza manuale hanno con buona probabilità una base genetica, ma sono ampiamente influenzabili da fattori epigenetici sia prenatali sia postnatali. La possibile azione di ormoni steroidi sulla lateralizzazione emisferica e l'eventuale esistenza di differenze sessuali nell'organizzazione cerebrale sono state oggetto di numerose ipotesi (per es., Geschwind-Galaburda 1987; Kimura 1996), ancora ampiamente discusse (Bryden-McManus-Bulman-Fleming 1995). Da un punto di vista strettamente genetico, si deve rilevare che in circa il 20% delle coppie di gemelli monozigoti un gemello è destrimane e l'altro mancino, e nella maggior parte dei casi questa discordanza sicuramente non può essere attribuita a cause patologiche. Secondo Steinmetz (1996), anche nelle coppie di gemelli monozigoti con manualità discordante è osservabile la correlazione sopra descritta fra preferenza manuale e grado di asimmetria fra le regioni temporali: di conseguenza i cervelli dei membri di queste coppie sono tutt'altro che identici. Uno dei modelli più noti della possibile trasmissione ereditaria della lateralizzazione emisferica e della preferenza manuale è quello di M. Annett (1995), che postula l'esistenza di tre genotipi caratterizzati dalla presenza o assenza di un ipotetico gene rs: rispettivamente, omozigoti rs++ (frequenza stimata 0,3242) ed eterozigoti rs+‒ (0,4902), e omozigoti rs- (0,1845). Negli omozigoti rs- i centri del linguaggio e della dominanza manuale si svilupperebbero solo da un lato del cervello, senza nessuna preferenza per l'emisfero destro o sinistro, e indipendentemente gli uni dagli altri, sotto il controllo predominante di fattori epigenetici prenatali. Linguaggio e preferenza manuale potrebbero essere rappresentati così nell'uno o nell'altro emisfero, o anche in emisferi diversi di gemelli monozigoti; e in un individuo l'emisfero dominante per il linguaggio potrebbe essere diverso da quello controlaterale alla mano preferita. Sempre secondo Annett, la presenza del gene rs imprimerebbe invece al processo di sviluppo una prevalenza (sia pure non assoluta) per la localizzazione dei meccanismi per il linguaggio e la preferenza manuale nell'emisfero sinistro.
5.
Asimmetrie di lato nell'anatomia e nel funzionamento del sistema nervoso sono state descritte in animali vertebrati e invertebrati. Si tratta quasi sempre di asimmetrie individuali e non di popolazione, nel senso che in una popolazione il numero di individui con localizzazione di una funzione a un lato è pari al numero di individui con la lateralizzazione opposta della stessa funzione. Tuttavia, in alcuni casi sono anche state dimostrate lateralizzazioni di popolazione, come, per es., la dominanza dell'elitra destra nella stridulazione del grillo campestre (Berlucchi-Tassinari 1985), la superiorità dell'emisfero sinistro per il controllo del canto in uccelli canori (Nottebohm 1980), la prevalenza dell'emisfero destro per il riconoscimento delle facce nel Macacus rhesus (Macaca mulatta; Hamilton-Vermeire 1988), e molte altre ancora (Vallortigara 1994). Ma le vere omologie con la lateralità umana sono limitate, con tutta probabilità, alle scimmie antropomorfe, nelle quali (specialmente nello scimpanzé) sono già state accertate asimmetrie di lato anatomiche e funzionali che presentano notevoli somiglianze con quelle dell'uomo (Primate laterality 1993).
di Bruna Rossi
La diversa specializzazione funzionale dei due emisferi cerebrali e il loro controllo crociato sulla muscolatura degli emicorpi destro e sinistro costituiscono un tema importante per chi si occupa di attività motoria e di sport. Recentemente, in considerazione del fatto che la preferenza manuale sembra essere in buona parte correlata con la specializzazione cerebrale, è stato esaminato con attenzione il problema della diversa percentuale di mancini presenti nella popolazione sportiva rispetto a quella generale, delle presunte differenze esecutive tra atleti destrimani e mancini, nonché dei possibili vantaggi di cui questi usufruirebbero nella pratica dello sport. Negli ultimi anni del 20° secolo, infatti, si è prospettata l'ipotesi che negli atleti, soprattutto in quelli che praticano sport che prevedono un confronto fra due avversari, la percentuale di mancini sia più elevata che nella popolazione normale.
Questa ipotesi, inizialmente validata a partire da dati puramente osservativi e considerando quale unico indizio di preferenza manuale l'arto utilizzato nella pratica sportiva di discipline asimmetriche (per es., il tennis o la scherma), è stato per lungo tempo interpretato esclusivamente come la conseguenza di un vantaggio di ordine strategico. Il mancino, infatti, prospetta l'azione in maniera rovesciata rispetto al destrimane, mettendo così in difficoltà l'avversario (destrimane o mancino che sia) poco abituato a schemi percettivi e motori che è più raro incontrare sia in allenamento sia in gara, a causa della percentuale molto bassa di mancini normalmente presente nella popolazione (il 6,7% del totale in quella italiana; Salmaso-Longoni 1985). La maggiore frequenza di successi agonistici indurrebbe, poi, l'atleta che ha questa caratteristica a continuare nella carriera sportiva, e ciò darebbe luogo al fenomeno di una più elevata presenza di mancini riscontrata in alcuni sport. Studi effettuati successivamente, utilizzando metodologie neuropsicologiche classiche le quali prescindono completamente dall'arto usato nello sport, hanno permesso confronti effettivi con dati desunti da statistiche sulla popolazione di riferimento e confronti tra popolazioni di atleti praticanti un gran numero di discipline sportive (Porac-Coren 1981; Salmaso-Rossi-Guadagni 1988; Salmaso-Rossi 1994). I risultati di tali lavori hanno portato a formulare l'ipotesi del vantaggio neurofunzionale dell'atleta mancino, ed evidenziato come il fenomeno del mancinismo sportivo non sia limitato esclusivamente ad atleti praticanti discipline 'asimmetriche' o, comunque, sport quali la boxe oppure la lotta.
La particolare organizzazione cerebrale del mancino darebbe infatti luogo a una serie di vantaggi che trascendono quello puramente strategico e che si estendono anche ad atleti che praticano discipline senza avversario diretto, dove l'attenzione visiva e l'orientamento spaziale giocano un ruolo importante (per es., alcune discipline dell'atletica leggera, i tuffi, la ginnastica artistica ecc.). Tali vantaggi neurofunzionali, che si evidenziano essenzialmente in una maggiore accuratezza e velocità di esecuzione, sarebbero da attribuirsi a tre elementi: 1) anzitutto i mancini utilizzano un 'circuito' neuronale più 'corto', in quanto adoperano l'emisfero destro, più adatto per decodificare visivamente l'ambiente, anche per controllare la mano usata nell'azione sportiva (De Pracontal 1981; Rossi-Salmaso 1985); 2) inoltre, in una buona percentuale di mancini (il 15% circa), i quali mantengono per il linguaggio lo stesso assetto funzionale dei destrimani (linguaggio nell'emisfero sinistro), il carico elaborativo dell'emisfero che controlla l'arto impiegato nella pratica sportiva risulterebbe inferiore a quello dei destrimani che gestiscono, tramite l'emisfero sinistro, tanto il linguaggio quanto la motricità dell'emicorpo opposto (Guiard 1981); 3) infine, alcuni mancini usufruirebbero, oltre che del controllo crociato, anche di un notevole controllo omolaterale dei movimenti fini, conseguenza, questa, di un tratto piramidale più sviluppato nel suo contingente diretto (Levy 1979). Ciò consentirebbe loro un dominio più raffinato ed efficace del gesto sportivo (Rossi 1990).
In considerazione dei rapporti tra emisferi cerebrali e preferenza laterale, vari autori dell'Est europeo hanno sostenuto l'utilità, in termini applicativi, del cosiddetto transfer bilaterale. Tale tecnica consiste nell'allenare al gesto specifico l'emicorpo o l'arto 'minore': il miglioramento che è possibile riscontrare anche nell'esecuzione del lato opposto sarebbe dovuto a una migliore definizione ed efficacia della rappresentazione mentale del gesto. Un intervento di questo tipo è da ritenersi oltremodo utile anche nella delicata fase di correzione di errori già consolidati in atleti praticanti discipline asimmetriche (scherma, tennis ecc.) che abbiano una discreta predisposizione alla bimanualità. Impostare un atleta destrimane a eseguire il gesto con l'arto sinistro sembra invece avere un'utilità limitata all'acquisizione di un vantaggio di tipo strategico, ma non certo neurofunzionale: appare accertato, infatti, che l'utilizzo costante ma imposto di un arto non possa modificare la preesistente organizzazione funzionale dei due emisferi.
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