LATIFONDO (XX, p. 577)
In questi ultimi anni si è accentuata la lotta contro il latifondo meridionale (provincie dell'extreame di Napoli, Lazio, .ardegna) caratterizzato dalla coltura granaria estensiva, pascolo naturale, bosco e cespugli. E la lotta fu condotta non solo nel senso di spezzarlo in modo da costituire coi brandelli di esso proprietà di più modeste proporzioni; ma anche nel senso di combattere e di mutare profondamente quelli che sono i caratteri fondamentali del latifondo, cioè la coltura estensiva di bassa resa unitaria. Validissimo strumento di lotta contro il latifondo furono le leggi del 1923, 1924, n. 753, 1928 e soprattutto la legge del 13 febbraio 1933, n. 215 (per le quali vedi App. I, p. 298). Soprattutto quest'ultima disincagliava il concetto di bonifica da quel più ristretto significato idraulico ed igienico di un tempo, e lo estendeva, in senso territoriale, anche a terreni nei quali l'incoltura era da attribuire ad altri fattori, in senso tecnico, comprendendo non solo opere di prosciugamento, ma anche quelle intese a regolare il regime delle acque nei modi adatti ad una migliore coltura, ed infine tutte le altre dirette a preparare il suolo ad accogliere la più conveniente coltura e più elevate e civili forme di convivenza sociale. Inoltre questa legge mette in rapporto la trasformazione fondiaria delle terre con finalità di carattere sociale, e cioè con l'incremento della proprietà privata, soprattutto contadina; trasformazione dei modi per legare alla terra una più densa popolazione coltivatrice.
Allo stesso scopo mira la legge sulla colonizzazione del latifondo siciliano del 2 gennaio 1940, n. 1, il cui apposito Ente, resosi cessionario dei latifondi suscettibili di bonifica, ai quali i proprietarî abbiano esplicitamente rinunziato, provvede a trasformarli, per formare medie e piccole proprietà contadine.
Per la "fame della terra", manifestatasi in forma aspra all'indomani della seconda Guerra mondiale, concessioni temporanee di terre incolte o insufficientemente coltivate sono state fatte, come dopo l'altra guerra, a cooperative di contadini (leggi 19 ottobre 1944, n. 279; 6 settembre 1946, n. 89, ed altre integrative di queste). È vero che le difficoltà di definire esattamente le terre assoggettate a tale concessione, la mancanza in esse dei necessarî adattamenti fondiarî, la temporaneità delle concessioni, le difficoltà dell'azione cooperativa, hanno raramente consentito la formazione di aziende rurali contadine. Ma lo spezzamento del latifondo e la formazione della proprietà di contadini è l'oggetto preciso di un'apposita legge (24 febbraio 1948, n. 114) che accorda agevolazioni fiscali e di credito a quanti, isolati o in cooperativa, acquistano terreni in proprietà o in enfiteusi; facilita la disponibilità delle terre da acquistare e il suo adattamento alla piccola proprietà coltivatrice chiamando ad agire a tal fine enti di colonizzazione, consorzî di bonifica, società speciali su terreni pubblici o su quelli espropriati ai proprietarî inadempienti ad obblighi di bonifica, concedendo esenzioni fiscali a proprietarî che vendono o concedono in enfiteusi terre per gli scopi predetti.
In applicazione di queste leggi si è accelerato il ritmo dello spezzamento del latifondo e della formazione della media e piccola proprietà ed unità coltivatrice.
Questa "meravigliosa ed epica lotta", come la chiama il Lorenzoni, ha assunto la più alta intensità proprio nella regione di massima estensione del latifondo, nella quale si prevedeva una resistenza assai maggiore, e cioè in Sicilia. La storia del latifondo siciliano, pel quale si hanno dati abbastanza sicuri, è un po' la storia del latifondo meridionale ed insulare. In questo campo l'opera della legge e più l'iniziativa spontanea, all'infuori di sistematiche iniziative di colonizzazioni e di interventi statali, la stessa prima Guerra mondiale, infine, che fu la maggiore forza operante nella ripartizione dei latifondi, avevano portato più che alla formazione di veri poderi, a quella di quote particellari, che se anche riunite nella stessa mano, dettero luogo a proprietà frammentate, che non costituivano organiche unità di gestione autonoma. La crisi agraria dell'immediato dopo guerra, placatasi nel 1923, ma ripresa più grave nel 1929, salvo quei rari casi, in cui all'unità agraria del latifondo si era sostituita l'unità organica del podere bastante a sé stesso, sul quale il contadino si era trasferito stabilmente, mise in serie difficoltà anche quelle numerose proprietà particellari, situate a varî chilometri dal centro cittadino, non stabilmente abitate né abitabili, non poche delle quali tornarono ad essere rivendute a speculatori ingordi.
La nuova legge 2 gennaio 1940, n. 2, e il decr. integrativo 26 febbraio 1940, n. 247, sulla organizzazione del latifondo siciliano, vollero affrontare il problema dell'isola con mezzi cospicui, mettendo come punto fondamentale la collaborazione e l'integrazione dell'opera dello stato con quella dei privati, che vengono assoggettati all'obbligo della trasformazione chiaramente fissata, e che vengono espropriati solo in caso di inadempienza: sistema che è un compromesso fra la tendenza di espropriare preventivamente i proprietarî terrieri a vantaggio di un ente pubblico, cui è affidato il compito della trasformazione e della riforma, e quella che voleva lasciare alla privata iniziativa l'attuazione della colonizzazione dopoché lo stato aveva predisposto le opere pubbliche necessarie per la trasformazione fondiaria. Non fu certo provvido che la legge imponesse un sistema unico in un'economia varia come è quella siciliana, e che non si tenessero presenti le concrete possibilità di formazione e di vita delle piccole aziende. Quella legge che si proponeva la formazione della piccola proprietà diretta coltivatrice nei terreni in possesso dell'Ente, o la colonia parziaria nei terreni appoderati dai proprietarî, diede risultati tutt'altro che brillanti. Se prima del 1940 i terreni soggetti a bonifica erano in Sicilia 728.500 ha., la legge del 1940 autorizzando a classificare come comprensorî di bonifica tutti i terreni ritenuti suscettibili di passare dalla economia latifondistica a quella intensiva, diede l'avvio a gonfiare gli elenchi fino a comprendervi come soggetti a bonifica 1.160.000 ha., cioè quasi la metà della superficie territoriale dell'isola. Ma i risultati sono stati negativi: i 900 milioni spesi dallo stato e da privati, frammentati su una superficie vastissima e in opere le più varie, sono state "gocce d'acqua" immesse nell'oceano latifondistico. Salvo casi davvero eccezionali, si vedono tuttora campagne spoglie e senza vita locale, pur dove sono state create le case e i borghi, che sono rimasti senza abitanti, giacché non hanno l'acqua, né la possibilità di coltivazione autonoma in piccole aziende.
L'esperienza fascista in Sicilia, nel Tavoliere ed altrove nel Mezzogiorno ha dimostrato che le forze spontanee hanno dato finora risultati non molto brillanti rispetto al vasto blocco dei latifondi che tuttora esistono. Da questa esperienza si è tratto profitto negli anni più vicini a noi. Ormai è pacifico che lo stato deve intervenire sia per evitare che siano provvisorie le conquiste della piccola proprietà, sia per impedire l'eccessiva polverizzazione del latifondo, la quale, non meno di questo, è di ostacolo all'incremento della produzione; che la trasformazione del latifondo è anche un problema tecnico ed economico e deve essere affrontato in tutti i suoi aspetti; infine che, per non correre all'insuccesso, debbono modificarsi le condizioni generali interdipendenti del latifondo, lo schema della riforma strutturale dell'azienda deve adattarsi alle situazioni esistenti, sulle quali la nuova azienda possa trovare le garanzie di esistere economicamente e continuativamente. Occorrre garantire la sicurezza delle campagne, combattere la malaria, correggere e attenuare le conseguenze negative del clima del Mezzogiorno, fra cui quella della scarsa piovosità; dotare i latifondi di acqua potabile, di strade, compiere la bonifica, base per la trasformazione agraria.
Bibl.: G. Lorenzoni, Trasformazione e colonizzazione del latifondo siciliano, Firenze 1940; G. De Francisci Gerbino, Una grande riforma agraria: la colonizzazione del latifondo siciliano, in Giornale degli economisti e Annali di economia, gennaio-febbraio 1940; id., Il latifondo siciliano, in Atti della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, serie IV, vol. I, p. 11; G. Lorenzoni, Relazione finale dell'inchiesta sulla piccola proprietà coltivatrice, compiuta dall'I.N. E. A.; id., La guerra e la lotta per la terra, con speciale riguardo all'Italia ed alla Germania, in Ricostruzione dell'economia del dopoguerra, Padova 1942, pp. 203-258; N. Mazzocchi-Alemanni, Direttive di massima del piano di trasformazione fondiaria del Tavoliere, Roma 1946; id., I borghi, in Risveglio agricolo, nn. 23-4, 1947; R. Ciasca e D. Perini, Riforme agrarie antiche e moderne, Firenze 1946; C. Ruini, Le vicende del latifondo siciliano, Firenze 1946; M. Rossi-Doria, I problemi delle trasformazioni fondiarie nel Mezzogiorno e nelle Isole, in Economia agraria, settembre 1946; A. Canaletti Gaudenti, Caratteristiche strutturali dell'agricoltura italiana, in Annali di statistica, I, 1947; A. Ramadoro, La trasformazione del Tavoliere nelle decisioni del Comitato speciale per le bonifiche, in Giornale di agricoltura, 18 aprile 1948; A. Serpieri, La bonifica nella storia e nella dottrina, Bologna, s. a. (1948); G. Mira, Opera naz. per i combattenti e riforma agraria nel Mezzogiorno, Roma 1948; A. Serpieri, La legislazione sulla bonifica, Roma 1948; N. Mazzocchi-Alemanni, Esigenze e possibilità dell'agricoltura estensiva, ecc. (relaz. al Congresso "ERP e Mezzogiorno"), Bari 1948.