LATRINA (lat. contratto da un ipotetico lavatrina, in origine bagno, da lavare; fr. lieu d'aisance; sp. letrina; ted. Abort; ingl. water closet)
Storia. - Sulle latrine pubbliche e private dei Greci siamo assai male informati. In ogni modo l'esistenza stessa è provata dai vocaboli greci che le designano. Per i Latini sappiamo invece molto di più, anche perché sono state ritrovate in gran numero latrine nelle rovine di città romane.
La latrina è posta accanto alla cucina o nella cucina stessa, in modo che un unico ambiente, e soprattutto una unica canalizzazione, servisse per il bagno, per la cucina, e per la latrina. Anche quando si ha un ambiente speciale, esso è, in genere, accanto alla cucina.
In forma della latrina privata è molto semplice: su due zoccoli in muratura era disposta una tavoletta con foro centrale, e con piano inclinato verso il canale di scarico. Altre volte il sedile era sostituito da un foro in uno zoccolo di muratura, davanti al quale era segnato il posto per mettere i piedi. Non sempre le acque luride erano incanalate: specialmente per quelle private esistevano delle fosse o pozzi neri. In alcune case ostiensi, la latrina a più sedili è ricavata nel sottoscala: si può quindi pensare che essa fosse comune per tutti gl'inquilini.
In mancanza della latrina, o anche nella latrina stessa, si ricorreva a recipienti mobili posti spesso sotto alla sedietta, cioè a delle sedie fisse o mobili con un foro nel centro, designate dalla parola greca διϕρίσκος (Pollux, 44, 9) e dal latino lasanum oppure sella pertusa. Le latrine private potevano anche essere assai eleganti, come quelle trovate nel 1775 nel palazzo imperiale al Palatino, di cui esistono però soltanto un disegno e una descrizione. In un ambiente di forma semicircolare, entro tre nicchie, erano tre sedili di marmo forati, divisi da braccioli marmorei: davanti era una vaschetta di acqua corrente.
Le latrine pubbliche erano fatte col seguente sistema: in un ambiente rettangolare o semicircolare erano disposti lungo le pareti sedili quasi sempre di marmo, più o meno semplici od ornati. I sedili erano sospesi sopra un canale, dove scorreva l'acqua. Le latrine pubbliche erano poste di preferenza accanto al Foro e alle Terme. Per impedire la vista dell'interno, la latrina del Foro di Pompei era preceduta da un vestibolo. Invece in una latrina pubblica di Ostia, posta a livello della strada, una porta girevole sopra un perno centrale nascondeva la vista ai passanti.
La diffusione delle latrine pubbliche è attestata in tutte le città dell'impero. A Roma, dove esse nel sec. IV erano 144 o 154, sappiamo anche dell'esistenza di orinatoi posti in angiporti poco frequentati, e formati da anfore o da dolî che venivan0 spezzati a giusta altezza (dolia curta). Tali recipienti venivano vuotati a cura dei fullones o dei coriarii, perché l'orina era usata per tingere e conciare stoffe e pelli. Anche le materie luride venivano del resto portate via dai pozzi neri e sembra che tale operazione fosse data in appalto al conductor foricarum: l'operazione veniva fatta di notte con carri. Va infine notato che i muri delle latrine non meno di oggi erano anche nell'antichità coperti d'iscrizioni, che ci dànno spesso utili e interessanti indicazioni.
Non siamo molto informati degl'impianti di questo genere durante il Medioevo, ma il poco che sappiamo induce a pensare che quel periodo anche sotto questo aspetto non rappresentasse un progresso nei riguardi dell'antichità.
In generale i rifiuti erano gettati nei vicoli che separavano le case di abitazione o nei fiumi; ancora nel sec. XVIII il balivo di Versailles doveva intervenire con una ordinanza per impedire "a toutes personnes de jeter des matières fécales, eaux ou autres immondices par les fênetres". Solo in pochi casi si ha notizia di provvidenze atte ad assicurare al servizio di sgombro dei rifiuti una certa regolarità: così a Norimberga i cosiddetti geheime Gemächer "luoghi segreti" erano ripuliti da operai durante la notte e il loro contenuto era gettato nella Pegnitz; in molte città francesi le strade erano percorse al mattino da alcune vetture speciali adibite al ritiro - casa per casa - dei rifiuti. Col sec. XVI furono emanate in Francia delle ordinanze parlamentari facenti obbligo ai proprietarî di avere in ogni casa dei retraits o privés.
Latrine disposte con un certo criterio erano costruite (e se ne hanno esempî) nei castelli. Il Viollet-le-Duc cita come modello le latrine del castello di Coucy: le torri e il mastio avevano, dal principio del secolo XIII, delle latrine in ogni piano, costruite in modo da evitare tutti gl'inconvenienti connessi a questa necessità. Le latrine del mastio avevano sfogo in una larga e ben costruita fossa che poteva essere vuotata senza disturbo per gli abitanti. Le latrine delle torri erano situate negli angoli rientranti formati dall'incontro delle torri e delle cortine in modo che i rifiuti precipitavano nella scarpata boscosa che circondava il castello. Ma evidentemente non si trattava di luoghi molto comodi, giacché sappiamo che più di una volta chi ne fece uso precipitò anche esso insieme con i rifiuti stessi. In numerosi castelli tedeschi le latrine (i cosiddetti Danziger) erano costituite da grandi ponti coperti gettati sul fossato circondante il Castello e riuniti alla rocca mediante un passaggio sotterraneo: ne esiste un notevole esempio nel castello di Marienwerden.
In Italia, negli scrittori dal sec. XII in poi, si trova frequentemente ricordo di locali adibiti a uso di latrina. Sono noti i versi di Dante (Inferno, XVIII) "Quivi venimmo e quindi giù nel fosso Vidi genti attuffate in uno sterco Che dagli uman privati parea mosso". Nel Trattato di architettura di Francesco di Giorgio Martini (sec. XV) si accenna esplicitamente alla convenienza di collocare nei palazzi "destri ovvero necessarî", e destri e necessarî sono di írequente rico. dati nelle poesie del Berni e nel Malmantile di L. Lippi (secolo XVII): anzi nelle Annotazioni al Malmantile di Paolo Minucci è detto, probabilmente con eccessivo ottimismo, che "ogni casa ha solaio, cesso, fogna e acquaio". Nel Trattato dell'Agricoltura di Piero de' Crescenzi (Firenze 1605) e nella Coltivazione toscana di D. Vitale Magazzini (Venezia 1625) si dànno prescrizioni affinché i locali adibiti a uso di necessario non siano troppo vicini alle stanze adibite alla preparazione del vino o al governo dei bachi da seta. Di che tipo fossero questi locali non è possibile determinare, ma con tutta probabilità si sarà trattato d' installazioni rudimentali come era possibile vederne ancora non molto tempo ia in case di campagna.
Epoca moderna. - I più moderni regolamenti edilizî stabiliscono disposizioni speciali pcr gli ambienti delle latrine: così, queste non possono aprirsi in ambienti d'abitazione permanente, come cucine, stanze da pranzo o da letto, ecc., bensì nel corridoio, se convenientemente ventilato o aerato, o meglio ancora su un'antilatrina provvista di finestra e nella quale si potrà disporre eventualmente il lavandino. In linea generale, essendo le latrine ambienti di uso eminentemente temporaneo sono situate nella parte più sacrificata dell'appartamento, e quindi preferibilmente a settentrione. Nelle case di abitazione destinate alla classe operaia e al ceto medio è oggi invalso l'uso di disporre le latrine nel medesimo ambiente del bagno; disposizione certo infelice dal lato igienico, ma suggerita da evidenti ragioni di economia.
Basato invece su criterî assolutamente opposti è il sistema usato in alcuni paesi settentrionali come la Germania, la Danimarca, ecc., (specialmente l'Olanda), paesi nei quali va diffondendosi sempre più l'uso di disporre le latrine in ambienti completamente interni e quindi privi di aria e di luce, ma muniti di potenti cappe di aerazione a tiraggio naturale o forzato. Questa disposizione che contrasta, specie nei nostri climi, con i più elementari principî igienici, permette però un'economia notevolissima di spazio, sicché viene tollerata anche in Italia, nel caso degli alberghi più centrali delle grandi città, anche perché essa offre, assieme con gli altri vantaggi, la possibilità che ogni camera dell'albergo sia fornita di latrina e bagno indipendenti.
Il pavimento delle latrine deve essere raccordato con curve alle pareti verticali, e avere al centro un bocchettone a chiusura idraulica, collegato con la fognatura; si devono evitare le ordinarie pavimentazioni a mattonelle fissate con malta ordinaria preferendo a esse i laterizî in gres, a cemento, oppure le battute alla veneziana. Per le pareti, come per le stanze da bagno, si deve fare uso di piastrelle di ceramica smaltata fino a circa m. 1,50 da terra; se ragioni di economia lo vietassero si ricorrerà alla verniciatura a smalto.
I vasi più comunemente adottati sono di terraglia, di porcellana o anche di ghisa porcellanata; essi si collegano alla fognatura domestica con un sifone che può essere disposto anteriormente o posteriormente rispetto alla tazza. I tipi delle cassette di lavaggio sono molti: oggi i tipi quasi universalmente adottati sono quelli a sifone illustrati nella figura qui accanto, azionando la leva si alza il tappo pesante V, l'acqua che esce violentemente innesca il sifone sicché, anche lasciando la catenella, la cassettina si vuota automaticamente; un galleggiante serve in tutti e due i sistemi per regolare l'afflusso dell'acqua nel recipiente.
Negli edifici per abitazione collettiva le latrine acquistano particolare importanza. Scartata la disposizione delle latrine riunite in un piccolo padiglione collegato all'edificio principale mediante una galleria, disposizione questa molto usata nei primi anni del secolo (per es., in Roma, nell'ospedale militare del Celio), oggi le latrine si dispongono generalmente o agli angoli degli edifici in maniera che sia possibile illuminare o ventilare con finestre indipendenti sia le antilatrine sia ognuno dei gabinetti che in quella si aprono, oppure in maniera tale che la sola finestra dell'antilatrina risulti nel prospetto dell'edificio e i gabinetti abbiano invece le loro finestre aperte su un'apposita chiostrina. Questa disposizione permette di far passare le tubazioni di scarico libere all'interno della chiostrina, in maniera che gli eventuali guasti possano essere riparati senza dover ricorrere all'apertura di brecce nei muri.
Il numero di sedili richiesti per le latrine collettive varia secondo la destinazione dell'edificio; nei casi più comuni valgano i seguenti dati: nelle scuole maschili occorre un sedile ogni cento individui mentre in quelle femminili ne occorrerà uno ogni cinquanta, nelle caserme si disporranno da 6 a 8 posti ogni cento individui e negli ospedali 5 o 6: in quest'ultimo caso però nello stesso ambiente delle latrine si disporrà una serie adeguata di vuotatoi per i recipienti mobili.
Nelle latrine per uso di collettività s'impiegano generalmente i cosiddetti cessi alla turca, i quali oltre a eliminare molte cause di contagio, presentano anche una grande facilità di pulizia, facendo da pavimento all'ambientino che li contiene. I singoli ambienti vanno riparati da tramezzi alti m. 2.20 circa e composti di materiale tale che non consenta scalfitture o segni di matite. Un altro tipo di latrine in batteria è quello a vaso unico di raccolta passante sotto i varî sedili oppure a vasi innestati direttamente alla tubazione di scarico; entrambi i sistemi sono muniti di un solo sifone e di una sola cassettina di lavaggio comandata automaticamente a tempo.
Negli ospedali, e in specie nei padiglioni di malattie infettive, si manifesta talvolta la necessità di procedere alla immediata distruzione delle deiezioni, il che si ottiene con varî sistemi (collegando, p. es., alle tubazioni di scarico speciali fornelli). Vi sono poi i sistemi di latrine a secco o con vasi mobili, il cui uso è però limitato ora ai soli istituti di pena.
Le latrine pubbliche sono situate nei luoghi più centrali delle città o in prossimità di edifici o luoghi soggetti a grande affluenza di pubblico, come stazioni, campi da giuoco, ippodromi, campi sportivi in genere; consistono generalmente in un piccolo edificio per lo più sotterraneo, se nell'interno delle città, disposto sotto piazze o giardini, coperto da un solaio di vetro cemento e aerato o naturalmente o a mezzo di apposita cappa di aerazione. Comprendono generalmente una stanza a uso del custode, due batterie distinte di gabinetti per uomini e donne, nonché una batteria di orinatoi gratuiti. Spesso formano uno speciale reparto degli alberghi diurni, e in tale caso i gabinetti sono provvisti anche di lavandino. Va rammentato infine come, annessi agli stabilimenti di alcune particolari acque minerali (Fiuggi, Chianciano, Montecatini, ecc.), sorgano edifici appositi destinati a latrine; il loro impianto non si diversifica in maniera sensibile da quello delle altre latrine collettive sopra descritte.