GORINI, Lattanzio
Nacque da Domenico di Goro a Firenze il 19 nov. 1496 nel quartiere S. Giovanni "gonfalone" Chiavi (Arch. di Stato di Firenze, Archivio delle tratte, 81, c. 231v; da qui in poi, salvo diversa indicazione, tutti i documenti si intendono tratti dall'Archivio di Stato di Firenze).
Assai scarse sono le notizie relative alla famiglia del G.: il padre, di mestiere scalpellatore, nel 1498 era capomastro dell'Opera di S. Maria del Fiore e possedeva una casa per abitazione in via Pietrapiana nel "popolo" di S. Pier Maggiore (Decima repubblicana, 31, c. 510r); oltre al G., ebbe altri due figli maschi: Goro, che ricoprì nel 1576 la carica di commissario a Soragna per conto del governo pontificio, e Lodovico, che esercitò il mestiere di cartolaio; e alcune figlie, una delle quali di nome Dorotea.
Anche il G. iniziò da giovane l'attività di libraio insieme con il fratello Lodovico e a tal fine richiese l'iscrizione all'arte dei giudici e notai, che ottenne il 19 dic. 1528 per beneficio dello stesso Lodovico (Arte dei giudici e notai, 11, c. 48r). Da tale documento risulta pure che il G. esercitava la sua professione presso il palazzo del podestà. Il G. e il fratello avevano inoltre due botteghe a livello, come appare da un rendiconto del 26 ott. 1532 riguardante il convento della Badia (Conventi soppressi, 78, 263, c. 107v).
Parallelamente alla sua professione di libraio, il G. entrò anche a far parte del nuovo apparato statale costituito dopo la riforma istituzionale del 1532, nell'ambito del quale raggiunse una posizione di un certo rilievo. Così, dal 1° apr. 1534 ricoprì per un anno l'ufficio di camerario generale di Pisa (Archivio delle tratte, 175, c. 237r; 907, c. 40r); nel 1539 partecipò allo squittinio nella lista dei non beneficiati per il "gonfalone" Chiavi (ibid., 447, c. 347v) e il 12 dicembre dello stesso anno venne estratto per la carica dei Dodici buonuomini, ma non fu approvato (ibid., 610, c. 301r); il 16 dicembre successivo ottenne l'approvazione dell'età (ibid., 88, c. 379v). Il 13 giugno 1540 inoltrò una supplica al duca Cosimo I de' Medici perché gli venisse restituito l'importo di una tassa che aveva pagato in base alle leggi sull'uso della carta (Consulta, 100 ter, c. 164r).
Dalla documentazione relativa al carteggio del duca Cosimo risulta che il G. già dal 1541 era entrato come sottoprovveditore al servizio degli Otto di pratica, ufficio che con la riforma del 1532 aveva cessato di esercitare le proprie competenze per quanto riguardava la conduzione della politica estera, conservando invece le funzioni nell'ambito della difesa e dell'amministrazione interna del territorio, assumendo, inoltre, la giurisdizione sulle controversie relative alle Comunità. Così, in una lettera inviata a Cosimo da Arezzo, il 7 ott. 1541, il G. riferisce sullo stato dei lavori di fortificazione delle mura di quella città. L'anno seguente effettuò una missione in Mugello per verificare i danni prodotti dal terremoto in quella zona; dal 21 luglio al 13 agosto venne mandato a Cortona e in Val di Chiana, dove provvide al pagamento della compagnia a cavallo del capitano Antonio Aldana. Dal 24 al 27 agosto fu a Pistoia per curare l'alloggiamento di cavalli leggeri giunti dalla Lombardia (Otto di pratica del principato, 168, c. 27r).
Il 1° apr. 1543 il G. rilevò, insieme con il nipote Domenico, figlio del fratello Goro, la bottega di cartolaio di Vincenzo da Vicenza, che mantenne fino al 1548 (Conventi soppressi, 78, 86, c. 466r). Il 24 ott. 1543 il G. inoltrò una petizione a Cosimo perché il salario di 4 soldi al mese gli fosse aumentato. Nel 1544 compì, dal 23 maggio al 2 giugno, una missione per consegnare a Iacopo (V) Appiani, signore di Piombino, la somma di 500 scudi e alcuni carichi di farina e di munizioni, coordinando inoltre l'invio di farine dalla Maremma e da Volterra sempre a Piombino in occasione del passaggio dell'armata turca. Qualche giorno dopo, il 10 giugno, ripartì per Cortona per ricevere 200 fanti spagnoli e condurli insieme con altri 600 fanti da Giovan Giordano Orsini a Siena (Otto di pratica del principato, 168, c. 94rv).
Il 12 ag. 1544 il G. fece testamento, nominando eredi universali i nipoti Domenico e Giovan Battista, figli del fratello Goro; nell'atto sono ricordati anche altri membri della famiglia: la sorella Dorotea, i nipoti, sempre figli di Goro, Ippolito, Francesco e Giovanni Vangelista, quest'ultimo monaco alla badia di Fiesole (Notarile antecosimiano, 899, cc. 38r-40v). Il 27 ottobre il G. sottoscrisse anche un compromesso con il nipote Domenico, reso pubblico il 1° novembre seguente, riguardante la bottega dei Gorini situata presso il palazzo del podestà, di proprietà del G., nella quale lavorava anche Domenico (ibid., 2565, cc. 425rv, 431r-433v). In seguito, nel 1561, tale bottega risultava ancora di proprietà del G., anche se vi lavorava il nipote Domenico (Decima granducale, 3784, c. 67v).
Dal resoconto dei pagamenti relativi alle missioni svolte nel 1544, registrati il 15 marzo 1545 (Otto di pratica del principato, 168, c. 127v), risulta che il G., a questa data, era già stato promosso provveditore degli Otto di pratica, incarico per il quale percepiva 8 soldi al mese e che detenne fino al 1560 (ibid., c. 142v). Dal 23 aprile al 2 maggio 1545 si recò a Pisa e a Livorno su commissione dello stesso duca, per sbrigare alcune faccende riguardanti in particolare lo Studio e la Dogana di Pisa.
Al 1546 risalgono alcuni contatti che il G. ebbe con Benvenuto Cellini - riportati dal celebre orafo nella sua Vita - e che riguardano questioni legate agli emolumenti richiesti dall'artista per la sua attività e in particolare per la fattura del Perseo, di cui egli ritardava la conclusione. Il duca Cosimo, committente dell'opera, decise pertanto, tramite il G., di sospendere i pagamenti, provocando la reazione del Cellini, che in tale occasione ebbe un alterco con lo stesso G., descrivendolo "omiciattolo con certe sue manine di ragniatelo e con una vociolina di zanzara" (Vita, p. 524).
Il 24 marzo 1547 il G. prese in affitto una bottega che già era stata impiegata per uso notarile, e che affittò a sua volta l'11 apr. 1553 per 49 lire al notaio Andrea da Mosciano (Conventi soppressi, 78, 263, c. 308v; 264, c. 24r). Sempre nel 1547, dal 10 giugno, ricoprì la carica di ufficiale dell'Onestà, ma l'11 agosto successivo venne cassato con un provvedimento dei conservatori di Legge da tutti gli uffici, intrinseci ed estrinseci, per due anni (Archivio delle tratte, 907, c. 93v; 176, c. 219v). Non si conoscono i motivi di tale condanna da parte del magistrato deputato al controllo e al sindacato di coloro che ricoprivano cariche pubbliche, a causa della mancanza di documentazione relativa a questo periodo; tuttavia da una nota informativa del segretario delle Tratte, Giovanni Conti, indirizzata a Cosimo il 12 agosto si sa che furono ammoniti tutti gli otto membri dell'ufficio, che avrebbero dovuto restare in carica quattro mesi (ibid., 1085, c. 632r); comunque, il 2 ag. 1548 il G. venne assolto (ibid., 176, c. 219v).
Dal 20 agosto al 7 sett. 1550 compì una missione a Ferrara, per portare, in base all'accordo pattuito con il duca Ercole II d'Este, i denari necessari all'assoldamento di truppe (Otto di pratica del principato, 114, c. 90v).
In un censimento effettuato nel 1551 riguardo i "fuochi e le anime" esistenti nello Stato toscano, appare che il G. abitava nella via compresa tra porta Pinti e S. Pier Maggiore, e che il suo nucleo familiare era composto da tre uomini, un inserviente e due serve (Firenze, Bibl. nazionale, Mss., II.I.120, c. 155v). Ancora nel 1551, da una lettera a Cosimo del 16 gennaio, si sa che il G. doveva recarsi a Siena per pagare le truppe spagnole provenienti da Napoli; analogamente, il 12 agosto successivo, scrisse al duca, trasmettendogli la ricevuta del salario dato a Siena da Giovanni Saliti alla compagnia del capitano Francisco de Bivero: il Saliti ne era stato incaricato al posto del G., che si trovava in quel momento a Piombino. Il 19 novembre inviò la ricevuta dei denari consegnati al Bivero a Siena. Sempre nel 1551, in qualità di provveditore degli Otto di pratica presentò al duca il bilancio per quell'anno (Miscellanea medicea, 23, ins. 34, cc. 1-4). Di uguale tenore delle precedenti sono le lettere del 10 e 26 gennaio (questa a Pierfilippo Pandolfini, che si trovava come oratore presso l'imperatore Carlo V) e del 14 ott. 1552, riguardanti rispettivamente avvisi di pagamento delle truppe stanziate a Siena e dell'agente mediceo a Venezia Piero Gelido.
Sempre al 1552, all'epoca della guerra contro Siena, risale un altro episodio che vide nuovamente coinvolti il G. e Benvenuto Cellini, quest'ultimo incaricato insieme con altri di fortificare alcune zone di Firenze. I disegni preparatori delle opere che il duca Cosimo intendeva attuare vennero affidati al G., che - in base a quanto riferisce lo stesso Cellini nella sua Vita - si dilettava in questa disciplina. Ma al Cellini non piacquero i progetti del G., che riteneva difettosi, e convinse il duca ad accettare un proprio progetto. Nel 1559 il G. effettuò un resoconto riguardante i dipendenti della corte, con l'indicazione dei relativi salari e dei crediti a essi spettanti (Mediceo del principato, 631). Al 1560 risale un rendiconto dei pagamenti effettuati dal G., insieme con altri amministratori, per conto del duca Cosimo, a Benvenuto Cellini per la sua attività (Firenze, Bibl. Riccardiana, Mss., 2787, cc. 1r-44r).
Nello stesso 1560, in seguito alla riforma che vide l'abolizione delle magistrature degli Otto di pratica e dei Cinque conservatori del contado e del distretto, le cui competenze vennero trasferite a un nuovo ufficio, quello dei Nove conservatori del dominio e della giurisdizione fiorentina, il G. fu nominato provveditore straordinario degli stessi Nove, con delibera del Magistrato supremo del 1° aprile (Magistrato supremo, 4310, c. 24r). Egli avrebbe dovuto affiancare il provveditore e il camarlingo ordinario, continuando a espletare le funzioni che aveva svolto in precedenza come provveditore degli Otto di pratica e ricevendone in cambio un mensile di 10 soldi (Senato dei quarantotto, 15, c. 290rv). Nella documentazione conservata nell'archivio dei Nove conservatori sono indicati tutti i pagamenti effettuati dal G. dal 31 ag. 1560 al 31 dic. 1568 (ibid., regg. 1-9, ad ind.). Il 26 giugno 1565 il G. sottoscrisse la copia di un atto riguardante il rendiconto delle provvigioni pagate a Benvenuto Cellini: l'originale del documento era stato inviato da Tommaso de' Medici a Cosimo il 7 apr. 1564 (Firenze, Bibl. nazionale, Autografi palatini, Cassetta Cellini, n. 12).
Il 30 dic. 1568 il Magistrato supremo, dietro istanza del G. ormai anziano e paralitico, emise un provvedimento in cui gli concedeva di lasciare l'ufficio e di andare in pensione, eleggendo al suo posto Francesco Grazzini, scrivano della decima (Magistrato supremo, 4312, cc. 39v-40r).
Il G. morì a Firenze l'11 dic. 1570 e venne sepolto - come disposto nel suo testamento - in S. Croce (Ufficiali della grascia, 192, c. 216v).
Fonti e Bibl.: La documentazione inerente all'attività del G. come sottoprovveditore e provveditore degli Otto di pratica è conservata in Arch. di Stato di Firenze, Otto di pratica del principato, regg. 114, 154, 168, passim; il servizio nella magistratura dei Nove conservatori è attestato in Nove conservatori del dominio e della giurisdizione fiorentina, regg. 1-9, ad indices; il carteggio con il duca Cosimo I de' Medici si trova in Mediceo del principato, 354, c. 188r; 357, c. 820r; 358, cc. 18, 642r; 363, c. 190r; 366, c. 26rv; 371, cc. 93, 111, 133, 196, 200, 202, 207, 214rv; 395, cc. 469-470, 596; 398, cc. 631, 726-727; 401, c. 184; 404, c. 212; 406, cc. 103, 195, 449, 578; 407, cc. 58, 61, 484; 408A, c. 619; 411, c. 556; 459, c. 381 (su cui cfr. Carteggio universale di Cosimo I de' Medici, I, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, I, Firenze 1982, ad indicem; II, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, ibid. 1986, ad indicem; V, a cura di C. Giamblanco - D. Toccafondi, ibid. 1990, ad indicem; IX, a cura di M. Morviducci, ibid. 1990, ad indicem; IV, a cura di V. Arrighi, ibid. 1992, ad indicem; VIII, a cura di M. Morviducci, ibid. 1998, ad indicem); altre lettere del G. sono conservate in Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, prima serie, LXX, cc. 37, 47; LXXIV, n. 25; LXXVI, c. 25. Altre fonti relative alla sua attività di cartolaio per l'anno 1544 si trovano Ibid., Otto di guardia e balia del principato, 37, c. 86v; 38, c. 71v; 39, c. 88r; cfr. anche Carte Pucci, 597/II, 35; Carte Sebregondi, 2695; Carte Ceramelli Papiani, 2446; Firenze, Bibl. nazionale, Passerini, 188; B. Cellini, Opere non esposte e documenti notarili, a cura di D. Trento, Firenze 1984, pp. 70, 74 s.; Id., Vita, a cura di E. Camesasca, Milano 1985, pp. 524, 526, 548 s., 588; G. Bertoli, Librai, cartolai e ambulanti immatricolati nell'arte dei medici e speziali di Firenze dal 1490 al 1600, in La Bibliofilia, XCIV (1992), pp. 137, 152 s.