lattare
Di uso comune nell'italiano antico, con valore transitivo (" allattare ") o intransitivo (" poppare "). Nelle opere di D. ricorre soltanto nella perifrasi che designa Omero, quel Greco / che le Muse lattar più ch'altri mai (Pg XXII 102). Accanto alle locuzioni di ascendenza neotestamentaria, con ‛ latte ' (v.) assunto a significare l'insegnamento cristiano, non è certo rara la stessa metafora in ambito più propriamente intellettuale, a cominciare almeno da Boezio (Cons. phil. I II 2 " Tune ille es, ait [la Filosofia], qui nostro quondam lacte nutritus...? "), imitato naturalmente da Bono Giamboni con tutta la finzione iniziale nel Libro de' Vizi e delle Virtudi (III 9 " Caro mio figliuolo, lattato dal cominciamento del mio latte "), riecheggiato da Guido Fava (" son stato a li piè de la Filosofia et audito la soa doctrina e nutrito del lacte de la sua dolceça ": Segre-Marti, Prosa 11).
La perifrasi dantesca ha un raccordo interno nella concezione delle muse come nutrici (le nutrici nostre le chiama appunto Virgilio, Pg XXII 105); ma la stessa funzione assolve un'opera eccelsa come l'Eneide, la quale, dice stazio (XXI 97-98), mamma / fummi, e fummi nutrice, poetando. per le ascendenze del binomio ‛ mamma '- ‛ nutrice ', v. NUTRICE.
Nelle edizioni del Convivio anteriori alla '21 (Editori Milanesi, Moore, Toynbee) l'infinito lattare, ma col significato di " lusingare ", " sedurre ", fu introdotto in IV XXIV 14, per far corrispondere il testo dei codici (Non ti possano quello fare di lusinghe né di diletto li peccatori, che tu vadi con loro) con l'originale biblico (Prov. 1, 10-15 " si te lactaverint peccatores... ne ambules cum eis "). La necessità di tale inserzione non è stata riconosciuta dagli editori successivi, fino alla Simonelli.
Il participio ‛ lattato ' ha il significato consueto di " candido ", " del color del latte ", in Detto 211 Tant'è bianca e lattata..., che precisa un particolare delle bellezze della donna amata.