BRENZONE (Brenzoni), Laura
Nacque da Nicolò e da Bianca Fracastoro a Verona nella seconda metà del sec. XV. Di lei, ricca e avvenente, si sa soltanto ciò che ci è stato tramandato dai letterati (Panfilo Sasso, lo Scaligero) che la conobbero e la esaltarono in versi; nonostante le lodi di circostanza, essi lasciano intuire una reale ammirazione.
Nell'aprile del 1501 Marin Sanuto si recava a Verona da Venezia per svolgervi gli uffici di camerlengo. Verona in questo periodo ospita una serie di letterati che rinnovano nella città la spensieratezza della stagione umanistica, anche se l'offerta lirica dei vari scrittori, qualora si faccia eccezione per Giovanni Cotta e Giorgio Sommariva, non supera il livello di una decorosa mediocrità. Nel cenacolo letterario raccolto intorno alla B. venne a trovarsi il Sanuto appena giunto nella accogliente città veneta e si cimentò anch'egli in rime d'amore indirizzate a colei che sembrava essere divenuta la maggiore ispiratrice dei letterati veronesi.
Il Sanuto le indirizzò alcuni sonetti ricevendone una risposta: questo scambio di rime è notevole non tanto per ascrivere anche la B. nel novero delle rimatrici cinquecentesche (più che mediocre è, del resto, il valore letterario del suo componimento), quanto per determinare il tributo che alla poesia volle dare il diarista veneziano e per lumeggiare una serena parentesi della sua attività di diplomatico.
L'incarico di camerlengo a Verona si compì nel settembre del 1502 e in questa data terminava probabilmente la sua relazione con la B., alla quale si attribuisce anche uno scialbo carme in lode di Roberto Sanseverino.
La madre della B., vedova sin dal 1488 circa, educò a sue spese e dotò riccamente con numerosi legati AgostinodePontanidis, figlio di Stefano, fattore dei Brenzone in Caprino Veronese. Nato verso il 1495, il beneficiato della Fracastoro si addottorò in diritto civile e canonico a Padova, fece pratica forense a Roma e si stabilì a Venezia, assumendo intorno al 1532 il cognome di Brenzone, con il quale è generalmente noto. Nel 1538 acquistò una villa sul lago di Garda, che ampliò e restaurò sontuosamente e fece centro di vita mondana. Nel 1542 vi ricevette la visita del duca d'Urbino, Guidubaldo Della Rovere, e nel 1546 quella dell'Aretino che la celebrò in una lunga, magniloquente lettera. Colto e raffinato giurista, il Brenzone non era digiuno di lettere (versi latini gli attribuì il Maffei) e non disdegnava le ambizioni mecenatizie. Tra il 1545 e il 1546 intrattenne una corrispondenza letteraria con l'Aretino che lo lodò "oratore, giureconsulto e filosofo, grave, giusto e saputo in ciò che si brama in l'huomo". Morì tra l'aprile e il maggio del 1567 e lasciò in eredità ai figli Cesare, Annibale e Alessandro un dovizioso patrimonio.
Bibl.: R. Murari, Marin Sanudo eL. B. Schioppo, in Giorn. stor. della letter. ital., Suppl. I (1889), pp. 145 ss.;A. Benzoni, Un carme inedito di L. B. in lode di Roberto da Sanseverino, in Ateneo veneto, XXIV (1939), pp. 187ss. Per Agostino vedi P. Aretino, Il terzo libro delle lettere, Parigi 1609, pp. 6 ss., 261, 273, 327; S. Maffei, Verona illustrata, II, Milano 1825, pp. 37 s.; R. Brenzoni, A. B., in Atti e mem. della Acc. di agr., scienze e lett. di Verona, s. 6, XII (1962), pp. 37-52.