DIANTI, Laura
Nacque a Ferrara, forse nel quartiere di Ripagrande, al principio del sec. XVI. Di umili origini, era figlia di un berrettaro di nome Francesco (Boccacci o Boccasi Dianti era il cognome completo, secondo qualche documento). Ebbe un fratello, Bartolomeo, e una sorella, Lucrezia, monaca nel convento di S. Agostino.
Il duca Alfonso I d'Este, dopo la morte della seconda moglie Lucrezia Borgia nel 1519, non volle risposarsi, ma -come scrisse L. A. Muratori - "mise gli occhi sopra una giovinetta, nata da povero e basso artefice, ma dotata di rare doti sia di animo che di corpo...". Era la D., che doveva avere circa vent'anni quando iniziò la relazione con il duca, probabilmente dopo il settembre 1520, quando questi si era ormai ristabilito dopo una grave malattia ed era morto il cardinale Ippolito, che non avrebbe probabilmente approvato il legame. Il primo scritto che ci documenta il rapporto tra i due, comunque, è datato 4 ott. 1524, e parla di una donazione alla giovane donna di alcuni beni feudali da parte della Camera ducale.
La D. andò presto ad abitare in un signorile palazzo con ampio giardino - la palazzina della Rosa, in via Spazzarusco (l'attuale palazzo Aventi in via Alberto Lollio) - che il duca Alfonso, secondo il Muratori, le fece appositamente costruire. La tradizione vuole che egli vi si recasse attraverso un passaggio sotterraneo della cui esistenza, peraltro, non si è trovata traccia.
La D. visse circa tredici anni accanto al duca. Dalla relazione nacquero due figli, Alfonso, nel 1527, e Alfonsino, nel 1530. Nel testamento il duca si mostra assai generoso verso questi suoi due figli, cui appare legato da tenero affetto e che, nello stesso testamento redatto nell'agosto del 1533, egli si preoccupa di legittimare espressamente.
Della D. nel testamento non si parla. Viene invece menzionata nei codicilli redatti alcune settimane dopo: il duca dà mandato ai figli Alfonso e Alfonsino di passare alla madre, vita sua natural durante, la pensione di 300 scudi d'oro all'anno ciascuno, fino a quando "vivrà senza marito". Inoltre essi devono "prestare a Madona Laura Eustochia nobile ferrarese ... quella reverenza honore et obedienza che ciascheduno bono et obediente figliolo debbe portare et exhibire ad sua madre". Il 26 ott. 1534, cinque giorni prima della morte, il duca, "moltiplicando ogni giorno più i meriti di Madonna Laura Eustochia ... verso lui", le lascia (e ai suoi due figli dopo di lei) il palazzo con le adiacenze e le due possessioni del Verginese, che un anno prima egli aveva invece destinate al primogenito Ercole.
La D. possedeva già ampie tenute a Cona, a Codrea, a Quartesana, numerose botteghe in città e alcuni palazzi. Se poco prima della morte il duca abbia oppure non regolarizzato la lunga relazione con la D. con il matrimonio segreto oppure "di coscienza" è stata questione a lungo controversa perché di decisiva importanza per la casa d'Este, rimasto senza eredi il ramo legittimo alla morte del duca Alfonso II.
La disputa tra Estensi e S. Sede iniziò nel 1597 quando la Chiesa negò al duca Cesare d'Este la reinvestitura del feudo di Ferrara perché figlio di don Alfonso, a sua volta figlio considerato illegittimo - "di linea infecta" - di Alfonso I e della D.; fu poi ripresa dal duca di Modena Francesco I nel 1643 e portata a più vasto dibattito col duca Rinaldo d'Este fra il 1708 e il 1712. Su questa questione, per provare cioè la legittimità dell'unione tra la D. e il duca Alfonso, si impegnò a fondo L. A. Muratori che raccolse una imponente mole di argomenti nella sua Delle antichità estensi ed italiane (pp. 363-512). Un documento assolutamente probatorio non fu mai trovato, ma sul carattere pubblico, ufficiale dell'unione non vi possono essere dubbi.
Dopo la morte del duca la D. visse nel suo palazzo di via degli Angeli, impegnandosi nell'educazione dei figli (come loro precettori scelse Cinzio Giraldi e Pellegrino Moreto), nell'amministrazione delle sue vaste proprietà e nel governo dei feudi dei figli, Montecchio e Castelnuovo. Nei documenti si firma come Laura Eustochia Estense o anche semplicemente come Laura da Este.
Nel palazzo degli Angeli la D. riunì una sua piccola corte: ad essa convenivano artisti (Tomaso da Carpi e il figlio Girolamo, Camillo Filippi e il figlio Sebastiano - il Bastianino -, Battista Dossi a cui commissionò un ritratto del duca), intellettuali (il già nominato Moreto, Luigi Grotto, Alberto Lollio, Vincenzo Brusantini, Battista Guarini e Giovanbattista Giraldi), giullari e belle fanciulle. Una vera e propria piccola corte, insomma, ai cui spettacoli, feste e danze accorrevano gli stessi principi di casa d'Este. Mentre Renata di Francia sembra fosse in cordiali e amichevoli rapporto con la D., non così il marito, il duca Ercole II, che anzi pare mostrasse ostilità nei suoi confronti e verso i giovani Alfonso e Alfonsino; in qualche documento di corte traspare anche il sospetto che sia stato lui il responsabile dell'occultamento dei documenti di matrimonio tra la D. e il suo predecessore.
Nel 1542 morì il padre della D. Francesco (Pietro Aretino, in una lettera consolatoria, lo chiama "suocero" di un principe sublime) e nell'agosto del 1547, a soli diciassette anni, moriva il secondogenito Alfonsino, lasciando una figlia naturale, Renea, che la D. tenne affettuosamente come una figlia fino al matrimonio con Sigismondo Gonzaga. Il 31 genn. 1549 l'altro figlio, Alfonso, si unì in matrimonio con Giulia Della Rovere, unione che contribuì a rialzare il suo peso nobiliare. Nel 1552 la D. assegnò alla nipote, Laura Dianti, in occasione delle nozze, la notevole somma di 2.000 scudi d'oro. Negli ultimi anni della vita frequentò spesso il convento di S. Agostino, ove chiamò anche Battista Dossi per affrescare la sala capitolare. Il 18 febbr. 1564 dettò in questo monastero alcune disposizioni testamentarie in favore dei figli del defunto fratello Bartolomeo, Virginia e Alfonso, della prediletta nipote Renea e di monasteri e chiese della città. Dal 1567 ritornò a vivere nella sua palazzina della Rosa. Morì il 27 giugno 1573, quando aveva circa settanta anni e fu sepolta nella chiesa di S. Agostino. Ai funerali partecipò l'intera corte, il duca Alfonso II, il cardinale Luigi, il clero, i tribunali e le arti della città.
Della D. ci è pervenuto il ritratto. Autore, secondo un riconoscimento ormai unanime, Tiziano. Del quadro, che ora si trova in una collezione privata tedesca e che fu a lungo ritenuto il ritratto di Lucrezia Borgia, furono fatte poi numerose copie fra cui una, conservata alla Galleria Estense di Modena, è attribuita a Ludovico Carracci. Sempre a Modena è conservato un altro ritratto della D. in età avanzata attribuito al Bastianino.
Bibl.: L. A. Muratori, Delle antichità estensi ed italiane, Modena 1717-1740, pt. II, pp. 363-512; G. Bertoni, Poeti e poesie del Medio Evo e del Rinascimento, Modena 1922, pp. 258-265; M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto, Genève 1930, pp. 473 s.; G. Righini, Due donne nel destino di casa d'Este, Ferrara 1964, pp. 74-165.