LAURA Martinozzi, duchessa di Modena e Reggio
Nacque a Fano il 22 apr. 1639 dal conte Girolamo Martinozzi e da Margherita Mazzarino, sorella del cardinale Giulio, presso il quale, in Francia, si recò con la madre all'età di 14 anni. L. era cresciuta ed era stata educata negli ambienti della Curia romana, dove il padre ricopriva l'incarico di maggiordomo.
Non avendo avuto successo a Parigi un primo disegno del Mazzarino di maritarla al duca di Savoia, fu in seguito prescelta dal cardinale quale sposa per il principe ereditario di Modena, Alfonso d'Este, come contropartita per il riavvicinamento del duca Francesco I alla politica di Francia, una manovra che nelle reali intenzioni del duca avrebbe dovuto concludersi anche con le nozze tra sua figlia Isabella e il re Luigi XIV. Quelle nozze non furono mai celebrate per la decisa opposizione di Mazzarino al matrimonio, avvenuto nel 1654, tra Francesco I e la pronipote di Urbano VIII, Lucrezia Barberini.
Fissata la dote per L. in 90.000 lire di Francia, il 21 apr. 1655 furono scambiate le clausole e il 27 maggio seguì a Compiègne la cerimonia di fidanzamento con la quale si firmò il contratto nuziale; infine il 30 maggio, alla presenza del re, sposò Alfonso d'Este rappresentato per procura dal principe Eugenio di Savoia, conte di Soissons. Le feste che seguirono si protrassero solenni fino al 13 giugno, quando la sposa lasciò Parigi diretta a Marsiglia con un seguito di 30 gentiluomini. Sbarcata a Lerici il 9 luglio, il 16 L. giunse a Modena dove per l'occasione fu rappresentata in suo onore una commedia nel teatro Ducale. Il matrimonio era destinato a una breve felicità: il 4 ott. 1658, morì il primogenito Francesco, nato l'11 ag. 1657, e negli anni seguenti una serie di lutti sconvolse L. e la casa d'Este. Alla mestizia di quella prima perdita che contribuì a causare, come sembra da alcune cronache, la nascita prematura avvenuta in quei giorni della secondogenita Maria Beatrice, seguì il 14 ottobre la morte del duca Francesco I per i postumi delle febbri malariche contratte durante la campagna piemontese allora in atto contro gli Spagnoli, nella quale Francesco ricopriva la carica di generalissimo dell'esercito francese in Italia. Alfonso IV divenne quindi duca di Modena e Reggio e assunse poco dopo la carica di generalissimo. Il 6 marzo 1660 nacque un altro figlio, nel quale fu rinnovato il nome del nonno Francesco. Di lì a poco, il 9 marzo 1661, con la morte di Mazzarino, L. e il duca subirono un'altra grave perdita: veniva a mancare il loro prezioso sostegno presso la corte di Francia; unica consolazione l'ingente eredità lasciata a L. dal Mazzarino (una rendita annua di 40.000 lire di Francia, 150.000 scudi in contanti e 40.000 lire in mobili e gioie) il cui valore complessivo ammontava, secondo alcune stime, a 413.958 scudi, corrispondenti a 2.347.141 lire l'anno.
Il 16 luglio 1662 morì anche Alfonso IV, lasciando il piccolo Francesco di appena due anni, erede al trono, e Maria Beatrice di quattro, affidati alla tutela della madre, che assunse a soli 23 anni una difficile reggenza.
Il nuovo gravoso compito si aggiungeva all'investitura del feudo di Gualtieri, avvenuta da parte del marito neanche un anno prima, il 4 ott. 1661, con una prassi insolita: prima di questo avvenimento vassalli gualtieresi erano stati solo uomini, secondo le note consuetudini franche che escludevano donne, arcivescovi, vescovi, abati e abadesse: nominando L., un anno prima della reggenza del Ducato, Alfonso IV dimostrò di seguire invece la teoria giuridica longobarda, cosicché nel 1662 la reggente si trovò a essere contemporaneamente feudataria e signora, titolare del dominio utile e del dominio diretto, dando quindi origine allo Stato patrimoniale di Gualtieri.
"Donna virile" - nella descrizione di L.A. Muratori - "in cui grande era il senno, maggiore la pietà" e di carattere forte e volitivo, L. seppe reggere con saggezza il governo dello Stato estense mostrando con il tempo una certa fermezza non solo nei confronti del banditismo, ma anche verso le insofferenze di alcuni rami della nobiltà locale che arrivò a soffocare ricorrendo, sembra, a sicari da lei stessa prezzolati.
L. seppe esercitare la sua autorità grazie all'opera di onesti ministri come il conte Girolamo Graziani, legato da molti anni alla casa d'Este, e al giurista Bartolomeo Gatti, che avevano affiancato i due fratelli del duca Francesco I, il cardinale Rinaldo e il principe Cesare; sopra tutti, tuttavia, stava il consiglio e l'influenza del padre gesuita Andrea Garimberti, confessore personale di L. e ispiratore della sua condotta, cui spettavano le risoluzioni più importanti del governo e la nomina dei funzionari preposti alle cariche di primaria importanza, nella maggior parte dei casi da lui affidate a ecclesiastici. Alla riduzione delle spese correnti, volta a risanare il bilancio tutt'altro che florido del Ducato, si contrapposero grandi spese, eccessive per la situazione finanziaria, come quelle per l'erezione del monumentale convento della Visitazione, per i lavori nel palazzo ducale, e il restauro della chiesa di S. Agostino affidato a Giangiacomo Monti.
In politica estera L. si adoperò, soprattutto dopo la morte di Mazzarino, per attuare una conveniente politica di equidistanza con le grandi potenze di Spagna e Francia, ma il suo disegno si interruppe nel 1673, quando Luigi XIV volle il matrimonio tra la quindicenne Maria Beatrice, figlia di L., e l'anziano erede alla Corona inglese Giacomo Stuart duca di York con lo scopo di porre sul trono inglese una regina cattolica proveniente da una casata tradizionalmente alleata della Francia. Nonostante una decisa resistenza da parte di L., sembra per motivi affettivi nei confronti della figlia, e il saldo proposito della giovane di ritirarsi in convento, a Modena ci si dovette piegare alle insistenze francesi e al consiglio del pontefice Clemente X, che avallava quell'unione diretta a porre sul trono inglese un re cattolico. Partita il 5 ott. 1673 alla volta di Londra insieme con la promessa sposa, il cognato Rinaldo e il Garimberti, L. lasciò il giovane figlio Francesco ai consigli degli altri suoi ministri affiancati da tre fratelli di un ramo collaterale di casa d'Este: Luigi, Foresto e Cesare Ignazio.
In poco tempo questi riuscirono ad accentrare su di loro i favori del giovane duca il quale, debole di carattere e sottoposto alla severa e bigotta atmosfera mantenuta fino ad allora dalla religiosissima reggente, rimase senza indugio affascinato dai nuovi disinvolti e più liberi costumi introdotti a corte principalmente da Cesare Ignazio, che li aveva assaporati in precedenti esperienze nella Parigi libertina di Luigi XIV. Cesare Ignazio, consapevole della fiducia in lui riposta da L., ambizioso e intelligente, riuscì durante l'assenza di L. ad avocare a sé i principali poteri dello Stato. Tornata la reggente a Modena, il 5 marzo 1674 accolta da grandi feste, "nel giorno seguente, giorno natalizio del Duca Figliuolo, trovò la buona Duchessa scena nuova; perciocché egli compiuto che ebbe l'anno quattordicesimo di sua età, credendosi non più bisognoso di tutela, assunse il Governo de' suoi Stati. Né a lui mancarono consiglieri di questo; anzi fu creduto, che vi contribuissero non poco le insinuazioni de' Principi Luigi, Foresto, e Cesare" (Muratori, p. 594).
Ancorché dotata di quel forte temperamento che trapela dalle lettere del suo ricco carteggio, e pur opponendosi in un primo tempo alla nuova condizione venutasi a creare a Modena, la duchessa dovette però considerare irreparabile la situazione quando fu esonerato anche il Garimberti. Amareggiata e non più disposta a sostenere l'umiliante clima riservatole a corte, prima della fine del 1674 abbandonò Modena per farvi ritorno solo nell'estate 1675; nel gennaio 1676 era però di nuovo a Roma, dove aveva trascorso i mesi precedenti e dove scelse di stabilirsi presso la madre. Ad aggravare le incomprensioni con Francesco durante la sua assenza, tutte le sue lettere erano censurate da Cesare Ignazio, che impediva al duca persino di scriverle, creando così un dissidio incolmabile tra figlio e madre, la quale, anche allo scopo di mantenere uno status economico non meno elevato di quello che aveva condotto a Modena, volle chiedere la restituzione della dote e dei beni derivanti dall'eredità del Mazzarino, che Francesco di fatto si impegnò a pagare. Rimasta a Roma fino al 1679, dopo un viaggio nel proprio feudo di Gualtieri, si trasferì in quell'anno presso la figlia Maria Beatrice, allora in esilio a Bruxelles, dove rimase fino al 1684 con un breve ritorno a Modena nel 1680 e due soggiorni nel 1682 e nel 1684 a Londra, dove nel frattempo si era spostata la figlia, dal 1685 regina d'Inghilterra. Nel 1684 fece definitivamente ritorno a Roma, città che non avrebbe mai più abbandonato. Dal novembre 1686 al febbraio 1687, dopo l'allontanamento da Modena di Cesare Ignazio - chiesto dal re di Francia per arginare l'eccessiva politica di indipendenza da Parigi posta in atto dal favorito, fortemente inviso anche a Maria Beatrice che in lui ravvisava il colpevole dell'esilio materno - finalmente il duca Francesco si recò a Roma due volte per rivedere la madre, la cui salute andava nel frattempo peggiorando al punto da farle rinunciare a un ultimo viaggio presso la figlia.
Le febbri, il malessere generale, la spossatezza e i dolori di testa che ripresero a tormentarla come qualche anno addietro si aggravarono fino a condurla alla morte, che avvenne a Roma il 19 luglio 1687. Come lei stessa aveva dettato nelle sue ultime volontà, fu sepolta a Modena nel convento delle salesiane che aveva fatto edificare accanto al palazzo ducale.
Distrutto in seguito quell'edificio sacro per far posto alla caserma Montecuccoli, nel 1925 la Deputazione di storia patria di Modena fece traslare la salma di L. nella cappella estense di S. Vincenzo. Sorretta in vita da una grande fede, dopo la morte L. volle destinare molti lasciti a chiese e a bisognosi. Nelle sue ultime volontà Francesco compariva come erede universale e Maria Beatrice destinataria dei beni posseduti in Francia.
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