Bacall, Lauren
Nome d'arte di Betty Joan Perske, attrice cinematografica statunitense, nata a New York il 16 settembre 1924 da padre di origine polacca e madre proveniente da una famiglia di immigrati ebrei rumeno-tedeschi. Quando aveva solo otto anni i genitori divorziarono e la madre, Nathalie, riassunse per sé e la figlia il cognome originario 'Bacal', cui più tardi l'attrice aggiunse una 'l' per consentirne una più semplice pronuncia. Il nome Lauren fu invece suggerito da Howard Hawks, il regista che, nel lanciarla nel mondo del cinema, l'avrebbe plasmata sino a farne la protagonista ideale delle più tipiche atmosfere noir, aiutandola ad accentuare l'innata e sinuosa eleganza e a valorizzare la voce bassa e roca, imponendole un atteggiamento sicuro e ostentato fino al limite dell'aggressività, lievemente mitigata da una seducente ironia. Partner perfetta di Humphrey Bogart nei quattro film girati al suo fianco, l'attrice, cui la particolare maniera di recitare tenendo la testa abbassata e gli occhi levati in alto valse immediatamente il soprannome di 'the Look' (lo sguardo), ha saputo negli anni mostrare la forza della sua personalità non esitando a rinnovarsi e facendosi apprezzare come interprete teatrale.Dopo aver studiato alla Highland Manor School a Tarrytown (New York) e successivamente presso la Julia Richmond High School a New York, mentre prendeva contemporaneamente lezioni di recitazione una volta a settimana alla New York School of the Theatre, spinta da una volontà ferrea, riuscì a iscriversi all'American Academy of Dramatic Arts, che però frequentò solo un anno per mancanza di mezzi. In quel periodo la B., alla ricerca continua di scritture, fece vari mestieri fra cui la maschera nei teatri di Broadway e la modella. Furono proprio le sue foto pubblicate da "Harper's Bazaar" e, in particolare, la copertina del marzo 1942, ad attirare l'attenzione di Hawks, colpito dalla bellezza singolare e raffinata della giovane fotomodella. Dopo averla chiamata a Hollywood per un provino, il regista decise di farla esordire nel suo film To have and have not (1944; Acque del Sud), dal romanzo di E. Hemingway. Hawks, su uno sfondo esotico che ricorda Casablanca e dove, come in quel film, un universo cosmopolita si confronta con la realtà della guerra e della lotta al nazismo e al fascismo, volle sfruttare l'alchimia, ricca di tensione erotica e di fascinosi contrasti, nata tra il protagonista, il maturo Humphrey Bogart, e l'esordiente Bacall. Nel trasformarla nella sfrontata 'Slim', che con la sua voce dai toni bassi canta How little we know, il regista ne valorizzò certe caratteristiche e ne enfatizzò altre, in modo da costruire un personaggio forte e intrigante, dotato di orgoglio ma anche di humour. La coppia fu ricomposta anche per il successivo film di Hawks, The big sleep (1946; Il grande sonno), in cui la B. ebbe la parte di una delle due figlie viziate del generale Sternwood, Vivian. Consapevole della grande intesa tra i due attori, scivolata immediatamente sul piano personale (la B. diverrà in quello stesso anno la quarta moglie di Bogart), Hawks, in collaborazione con gli sceneggiatori Leigh Brackett e William Faulkner, dilatò lo spazio concesso al personaggio dell'attrice rispetto al romanzo di R. Chandler, aumentando, anche a costo di qualche incongruenza, le scene condivise con Bogart-Marlowe, alcune aggiunte un anno dopo la fine delle riprese. Di questo contesto noir frammentato e contraddittorio l'inquieta Vivian diviene uno dei principali elementi destabilizzanti, e nel coinvolgere il protagonista in un gioco di complicità e seduzione contribuisce a renderne la personalità più definita e risolta rispetto al romanzo. Dopo la parentesi non felice di Confidential agent (1945; Agente confidenziale) di Herman Shumlin, uscito prima di The big sleep, ma in realtà girato subito dopo, fu ancora con due film interpretati accanto a Bogart che riuscì a consolidare il suo successo. Dapprima con l'onirico e claustrofobico Dark passage (1947; La fuga) di Delmer Daves, ambientato in una San Francisco oscura e ostile, in cui la B. perfeziona sempre più il suo ruolo di alter ego del protagonista maschile, indipendente ma leale, in contrapposizione all'altra metà dell'universo femminile del noir, la pericolosa dark lady. Quindi fu John Huston a offrirle la parte di una giovane vedova in Key Largo (1948; L'isola di corallo), soffocante dramma consumato nel piccolo albergo di un'isoletta al largo della Florida e giocato sul logorante scontro verbale tra il gangster Rocco, interpretato da Edward G. Robinson, e i suoi ostaggi. Huston la portò decisamente lontano dai personaggi dei film di Hawks, lasciando che apparisse meno sofisticata ed estremamente giovane e valorizzandone la bellezza con intensi primi piani, mentre la fotografia di Karl Freund riuscì a esaltare con un bianco e nero netto e stagliato il mutevole gioco delle emozioni sul suo volto.Dopo i ruoli drammatici interpretati in due film diretti da Michael Curtiz nel 1950, Young man with a horn (Chimere) al fianco di Kirk Douglas e Bright leaf (Le foglie d'oro) con Gary Cooper e Patricia Neal, accettò con entusiasmo l'opportunità di essere diretta da Jean Negulesco in How to marry a millionaire (1953; Come sposare un milionario); poté così mostrare tutta la sua vivacità in una commedia costruita essenzialmente per valorizzare il contrasto tra le protagoniste (oltre alla B., Marilyn Monroe e, più defilata rispetto alle altre due, Betty Grable) che interpretano tre indossatrici alla ricerca di una redditizia sistemazione matrimoniale. La B. propone una variante garbata, ma ironica del suo ruolo più riuscito, quello della donna disincantata nel suo rapporto con gli uomini, in questo caso impegnata in una divertita caccia al milionario. Impostata sul contrasto tra la sensibilità maschile e quella femminile e sulle inevitabili tensioni che il tono lieve attenua solo in parte, fu l'altra commedia di rilievo interpretata in quegli anni, Designing woman (1957; La donna del destino) che la vide al fianco di Gregory Peck, per la regia di Vincente Minnelli. Proprio quest'ultimo l'aveva già diretta nel 1955 in The cobweb (La tela del ragno), un dramma singolare e ossessivo, dai colori squillanti, ambientato in una clinica psichiatrica ove esplodono conflitti esacerbati tra malati e dottori, e in cui la B., presenza a un tempo rassicurante e malinconica, nel finale fa esplodere il dolore del suo personaggio coinvolto in una breve quanto impossibile storia d'amore con il direttore sanitario (Richard Widmark). Estremo e cupo era stato anche il successivo Written on the wind (1956; Come le foglie al vento), psicodramma familiare di Douglas Sirk in cui i quattro protagonisti risultano legati da una rete di rapporti distruttivi e la B. (come Rock Hudson nei confronti di Robert Stack) rappresenta l'altra metà risolta della torbida Dorothy Malone.Al profondo dolore per la lunga malattia e poi per la prematura scomparsa di Bogart (1957), l'attrice volle reagire con il caparbio impegno nel lavoro. Pur di continuare a recitare accettò di comparire in film di non elevata qualità, ma in generale diradò le apparizioni sul grande schermo e l'unica parte di rilievo degli anni Sessanta rimane quella che la vide nell'interessante Harper (1966; Detective's story) di Jack Smight, al fianco di Paul Newman, riuscito omaggio a The big sleep, dai tratti volutamente amari come dimostra proprio la presenza della B. che del personaggio di un tempo esaspera il cinismo. Fu invece il ritorno alla sua prima passione, il teatro, a imprimere una nuova direzione alla sua carriera, facendole ottenere grandi successi, dall'esordio nel 1959 nella commedia Goodbye Charlie di G. Axelrod sino ai due Tony conseguiti rispettivamente nel 1970 e nel 1981 per i musical Applause (versione musicale di All about Eve) e Woman of the year, a lungo replicati a Broadway.Riapparsa nel frattempo sul grande schermo dopo otto anni di assenza, si è distinta con la sua innata classe nel cast ricco di star di Murder on the Orient Express (1974; Assassinio sull'Orient Express) di Sidney Lumet, e ha quindi perfezionato nei film successivi le caratteristiche più tipiche dei personaggi che hanno segnato la sua maturità: una combinazione di forza, che spesso sfiora la durezza, e di raffinato distacco. Dosando questi tratti ha affiancato John Wayne nel western crepuscolare di Don Siegel The shootist (1976; Il pistolero) e ha reso intensa la figura di una famosa diva, quasi un ritratto allo specchio, perseguitata da uno psicopatico nel thriller The fan (Un'ombra nel buio) diretto da Edward Bianchi nel 1981. Mentre la feroce ironia di Robert Altman le ha consentito di interpretare due personaggi 'estremi': l'ambiziosa ottuagenaria che ha bloccato il tempo e mantiene il fascino di una cinquantenne grazie alla mai perduta verginità in Health del 1980, e, molti anni dopo, Slim (affettuosa citazione del suo primo ruolo) Chrysler, spietata rappresentante di quel mondo della moda che il regista smitizza nel suo Prêt-à-porter (1994). Tornata ormai con una certa assiduità a lavorare nel cinema (cui ha alternato apparizioni in serie e film televisivi), con The mirror has two faces (1996; L'amore ha due facce), ove ironizza con garbo sulla sua bellezza, perfetta nella parte della madre di Barbra Streisand (anche regista del film), si è aggiudicata nel 1997 un Golden Globe e una nomination all'Oscar come migliore attrice non protagonista. Grande successo di pubblico hanno ottenuto i due libri autobiografici Lauren Bacall by myself, pubblicato nel 1979, e Now del 1994. Con stile secco, ma efficace, la B. ricostruisce un intero mondo, offrendo ritratti di grandi divi (in primo luogo Humphrey Bogart, ma anche il secondo marito, l'attore Jason Robards da cui divorzierà dopo otto anni di matrimonio), e soprattutto lascia emergere una serie di significative scelte, tra cui l'impegno per i democratici come sostenitrice del senatore A. Stevenson nella campagna elettorale per le presidenziali del 1952, il recupero e l'importanza delle sue origini ebraiche (che ai tempi dell'esordio aveva tenute nascoste a Hawks, timorosa di reazioni negative), la polemica nei confronti delle majors, testimoniata dalle numerose sospensioni nei sette anni che la videro sotto contratto fino al 1950 alla Warner e dai successivi lunghi periodi di lontananza dal cinema.
R. Hagen, Lauren Bacall, in "Films in review", April 1964.
H. Greenberger, Bogey's baby, London 1976.
L.J. Quirk, Lauren Bacall: her films and career, Secaucus (NJ) 1986.
B.S. Royce, Lauren Bacall: a bio-bibliography, New York-London 1992.