Olivier, Laurence Sir (propr. Laurence Kerr)
Attore e regista teatrale, cinematografico e televisivo inglese, nato a Dorking (Surrey) il 22 maggio 1907 e morto a Steyning (West Sussex) l'11 luglio 1989 (sepolto nell'Abbazia di Westminster a Londra, un onore raramente concesso a personalità dello spettacolo). Tra gli interpreti ‒ in particolare shakespeariani ‒ più famosi e universalmente apprezzati del Novecento, attivissimo in Europa e negli Stati Uniti, O. contribuì notevolmente all'arte del cinema, del teatro e dello spettacolo in genere, anche in virtù dell'elevato numero delle sue interpretazioni (più di centoventi in teatro, più di sessanta per il cinema, oltre venti in televisione e più di trenta alla radio, in quasi sessant'anni di attività), mentre innovative furono le sue regie teatrali e cinematografiche delle opere di W. Shakespeare. Per il film Hamlet (1948; Amleto), da lui diretto e interpretato, vinse il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia e nel 1949 l'Oscar come miglior attore. Fra i riconoscimenti ottenuti, oltre a dieci nominations all'Oscar, la Legione d'onore, premi in vari festival, Emmy e Golden Globe, lauree honoris causa conferite da varie università; nel 1970 fu insignito del titolo di barone di Brighton.
Di famiglia modesta, O. rivelò fin dai primissimi anni di scuola una spiccata tendenza all'invenzione e alle finzioni più libere e fantasiose, tanto che il padre, pur essendo un rigido pastore anglicano, non ebbe dubbi nell'indirizzarlo alla carriera teatrale anziché a quella militare come i suoi fratelli. Dopo aver studiato alla All Saints Church Choir School, dove a soli nove anni fu Brutus in Julius Caesar di W. Shakespeare (mentre in alcuni casi ricoprì anche ruoli femminili, tra cui, adolescente, quello della bisbetica Katharina nello shakespeariano The taming of the shrew), trascorse tre anni alla Edward's School di Oxford, durante i quali continuò a partecipare a spettacoli teatrali e, prima di lasciare la scuola nel 1923, rivestì il ruolo di Puck in A midsummer night's comedy di Shakespeare. O. fu quindi accettato alla London Central School of Speech Training and Dramatic Art, avviandosi al successo. Tra il 1926 e il 1928 fece parte del Birmingham Repertory e nel 1929 debuttò a Broadway. Nel 1930 esordì nel cinema inglese con la coproduzione anglo-tedesca Temporary widow di Gustav Ucicky e l'anno successivo a Hollywood in Friends and lovers (La sfinge dell'amore) di Victor Schertzinger. Dopo aver lavorato con uno dei maggiori registi inglesi del tempo, Anthony Asquith, in Moscow nights (1935), fu Orlando in As you like it (1936; Come vi piace) di Paul Czinner, finché nel 1939 fu chiamato dal regista europeo che più aveva ammirato a Hollywood, quel William Wyler che fece di lui, nel ruolo del tenebroso Heathcliff, una star internazionale, con Wuthering heights (La voce nella tempesta), tratto dal romanzo di E. Brontë. Fu poi la volta di un altro ruolo di rilievo, quello dell'ambiguo Maxim de Winter in Rebecca (1940; Rebecca, la prima moglie) di Alfred Hitchcock; in un'ulteriore trasposizione dalla letteratura ottocentesca, Pride and prejudice (1940; Orgoglio e pregiudizio) di Robert Z. Leonard, dal romanzo di J. Austen, fu un indimenticabile Mr Darcy, oggetto del desiderio di una delle sorelle Bennett. Con questi film O. si affermò tra le maggiori star di Hollywood, ma allo scoppio della guerra decise di prestare servizio nella Royal Air Force. Quando nel 1944 fu esonerato dal servizio, andò a dirigere, con Ralph Richardson, l'Old Vic Theatre.Il primo tentativo di portare Shakespeare sullo schermo, riuscito splendidamente, fu lo straordinario Henry V (1944; Enrico V), ammirevole ricostruzione di una recita d'epoca al Globe Theatre che poi, nel magico momento della battaglia, si libera della cornice teatrale per spaziare nei campi di Azincourt: una grande iniezione di patriottismo, di cultura e di cinema. Nuova, in un certo senso, fu anche l'impostazione del successivo Hamlet (al quale seguì Richard III, 1955, Riccardo III), che si rifà a un'edizione scenica del testo realizzata da O. per l'Old Vic nel 1937 insieme al regista Tyrone Guthrie, e profondamente influenzata dall'interpretazione che della figura di Amleto aveva dato lo psicoanalista freudiano E. Jones in uno scritto pubblicato nel gennaio del 1910 sull'"American journal of psychology", Hamlet and Oedipus. Di qui la natura profondamente edipica del film, l'insistenza sul rapporto erotico fra madre e figlio, l'importanza di elementi scenografici quali le scale o il letto nuziale, la distanza non solo prossemica della figura di Ofelia: una lettura che, almeno per chi non conosceva l'edizione Guthrie-Olivier del 1937, doveva apparire innovativa e inquietante. Ma anche in un successivo film shakespeariano, quell'Othello (Otello) diretto in modo alquanto anonimo da Stuart Burge, e realizzato probabilmente in modo piuttosto rapido nel 1965 basandosi sull'edizione scenica portata sullo schermo senza troppi interventi autonomi, l'interpretazione che O. dà dell'eroe titolare risente di ricerche etnografiche e psicoanalitiche tutt'altro che superficiali.
Le scelte di O. non furono mai ovvie o scontate, ed è anche significativo che i suoi film tratti da Shakespeare (in particolare Henry V) siano considerati punti di riferimento da critici e teorici del cinema, ansiosi di superare le vecchie posizioni sul 'cinema cinematografico' e sul montaggio come chiave di volta della creazione filmica. Sicuramente non rimase soddisfatto del risultato raggiunto come regista del tanto atteso The prince and the showgirl (1957; Il principe e la ballerina), riduzione di una modesta commedia di T. Rattigan che segnò il suo incontro con una Marilyn Monroe spaventata dall'alta cultura e dominata dalla famiglia Strasberg, né del čechoviano Three sisters (1970; Tre sorelle), anche questo diretto in modo alquanto sciatto, e che risulta valido, oltre che ovviamente per il testo, solo sul piano della recitazione. Che resta di grande valore anche in altri film non diretti da O.: basti pensare ai ruoli da lui sostenuti in Carrie (1952; Gli occhi che non sorrisero) di Wyler, Spartacus (1960) di Stanley Kubrick o nel delicato film televisivo Love among the ruins (1975; Amore fra le rovine) di George Cukor, in Marathon man (1976; Il maratoneta) di John Schlesinger e nel pur mediocre The boys from Brazil (1978; I ragazzi venuti dal Brasile) di Franklin J. Schaffner. E va ricordato soprattutto che molte fra le sue scelte autonome dovevano rivelarsi anticipatrici, come nel caso della decisione, presa proprio quando il movimento degli Angry Young Men veniva stigmatizzato e respinto dalla critica ufficiale londinese, di chiedere un testo, The entertainer, al 'nemico' John Osborne, e di interpretarlo poi sullo schermo nel 1960 (Gli sfasati) per la regia di Tony Richardson. E significativi in tal senso furono i suoi incontri, sempre fertili di risultati, con registi innovativi e lontanissimi dal West End come Peter Brook (cui commissionò la regia di un memorabile Titus nel 1957), Orson Welles, che lo avrebbe diretto al Royal Court in una memorabile edizione di Le rhinocéros di E. Ionesco, o Jonathan Miller, che lo diresse in uno straordinario (e rivoluzionario) Merchant of Venice nel 1970. Né andrebbe dimenticata la sua battaglia, al fianco del critico K. Tynan, in difesa di un testo del tedesco R. Hochhut, Soldaten, Nekrolog auf Genf, che osava 'parlare male di Churchill'. Memorabile fu infine la stagione 1973 all'Old Vic, dove O. interpretò Shylock nel Merchant of Venice di Shakespeare, James Tyrone in Long day's journey into night di E. O'Neill e Antonio in Sabato domenica e lunedì di E. De Filippo. Al punto che, scorrendo la sua interminabile filmografia, si finisce per rimpiangere che, di tanto in tanto, abbia dovuto rinunciare a ruoli importanti nei quali sarebbe stato interessante vederlo (per es. in Separate tables, 1958, Tavole separate, di Delbert Mann, o in Judgement at Nuremberg, 1961, Vincitori e vinti, di Stanley Kramer, parti entrambe poi interpretate da Burt Lancaster): anche se ben pochi tra gli uomini di spettacolo sono stati capaci di offrire tanto al loro pubblico sul piano qualitativo e quantitativo.
Sposato tre volte, con le attrici Jill Esmond (dal 1930 al 1940), Vivien Leigh (dal 1940 al 1960) e Joan Plowright (dal 1961 in poi), pubblicò, nel 1982, le proprie memorie, Confessions of an actor: an autobiography.
J. Cottrell, Laurence Olivier, Englewood Cliffs (NJ) 1975.
R. Tanitch, Olivier: the complete career, New York 1985.
P.S. Donaldson, Olivier, Hamlet and Freud, in Shakespearean films/ Shakespearean directors, Boston 1990, pp. 31-67.
Olivier at work, The National years, an illustrated memoir, compiled by The Royal National Theatre with R. Olivier, J. Plowright, New York 1990.