LAURO, Domenico, detto Maiarino
Nacque con ogni probabilità a Verona attorno alla metà del XVI secolo.
Tutti i dizionari musicali lo dicono di origine padovana sulla base di una citazione di Bernardino Scardeone (De antiquitate urbis Patavii, Basileae 1560, p. 12): "Laurus Patavinus Mantuae […] praefectus est musicorum choris". Tuttavia è molto probabile che Scardeone faccia riferimento a un omonimo musicista di almeno una generazione precedente: quel "Laurus Patavus" cui è attribuito il mottetto Magnus sanctus Paulus nell'edizione collettiva Fior de motetti e canzoni novi (Roma, Giunta, s.d. [ma 1526]). Secondo N. Pietrucci il L. sarebbe nato a Padova intorno al 1540 e avrebbe assunto il posto di maestro di cappella presso la cattedrale di Mantova nel 1598. Purtroppo queste scarne notizie - a loro volta confluite in numerosi studi e nei più recenti dizionari - mancano di precisi riscontri documentari.
Ripudiando tale tradizione, Giuseppe Turrini non esitò a proporre Verona come vera città natale del L.; d'altronde tutte le informazioni in nostro possesso riconducono insistentemente l'attività del compositore nell'orbita dell'Accademia filarmonica di Verona. E. Paganuzzi (p. 166) afferma che il L., dopo aver compiuto gli studi nelle scuole accolitali veronesi, entrò come tenore fra i cantori della cappella del duomo di Verona nel 1579, divenendo poi socio e mansionario.
Nel 1590 il L. pubblicò a Venezia, presso Ricciardo Amadino, il primo libro dei suoi Madrigali a tre voci.
L'epistola dedicatoria è indirizzata al conte veronese Agostino Giusti: "Conoscendomi debitore di molto a voi Illustrissimo Signore per l'amorevolissimo patrocinio che vi sete contentato tenere di me col favorirmi e col giovarmi sempre, […] ora dovendo far uscire alle stampe alquanti miei madrigali a tre voci, insieme con alcuni di M. Francesco Stivori, a me non inferiore di buon volere verso V.S. illustrissima, ho preso ardire dalla molta benignità vostra di dedicarli a voi, amorevolissimo mio patrone".
In questa raccolta, dodici madrigali sono intestati al L. e nove a Francesco Stivori, all'epoca organista della comunità di Montagnana. Già in precedenza la collaborazione artistica fra i due musicisti aveva dato altri frutti. Il primo libro de madrigali a quattro voci (1583) e Ilprimo libro de madrigali a cinque voci (1585) di Stivori contengono infatti quattro madrigali del L.: Ma di chi debbo lamentarmi e Nova leggiadra stella a quattro voci; Perché di gemme t'incoroni e d'oro e Chi desia di saper la gioia vera a cinque voci. È di notevole interesse biografico osservare che entrambe le raccolte dello Stivori furono dedicate ai due massimi animatori dell'Accademia filarmonica di Verona: il conte Mario Bevilacqua (per il quale anche i sommi madrigalisti L. Marenzio e F. De Monte scriveranno componimenti musicali) e il nipote Alessandro Bevilacqua. Lo stesso conte A. Giusti, dedicatario dell'opera prima del L., era membro dell'Accademia filarmonica da almeno vent'anni e nel 1584 aveva ricevuto l'omaggio del Quarto libro de' madrigali a cinque voci di Marc'Antonio Ingegneri, maestro di C. Monteverdi.
Sempre nel 1590 uscì a Venezia per i tipi dell'Amadino, con dedica all'accademico filarmonico Giovanni Sagramoso, la raccolta delle Canzonette a tre voci di Francesco Lauro, un compositore ignorato dai dizionari: fu, secondo Paganuzzi, violinista famoso e fratello di Domenico Lauro. La coincidenza cronologica delle edizioni dei due Lauro, il fatto che escano presso il medesimo stampatore e che i dedicatari appartengano al medesimo cenacolo sono elementi che avvalorano fortemente l'ipotesi di un effettivo legame reciproco. Nel frontespizio delle Canzonette Francesco Lauro si definisce esplicitamente "veronese".
I rapporti professionali del L. con l'Accademia filarmonica di Verona proseguirono anche nei primi anni del Seicento. Dai registri del sodalizio risulta che il 1° maggio 1603 "la musica della messa fu di Don Domenico Maiarino [Lauro] et alcuni concerti di Don Steffano Bernardelli, ambidoi sufficientissimi compositori et nostri salariati". Che il L. fosse detto Maiarino si evince dall'annotazione del 2 giugno seguente: "Don Domenico Lauro fece presentare all'Accademia la messa la quale lui haveva composta per il p[rim]o maggio, che solennemente si cantò, intitulata Io son ferito, ahi lasso" (Turrini, p. 192). Secondo fonti veronesi (cfr. Paganuzzi, p. 166) il L. fu maestro di cappella a Salisburgo tra il 1600 e il 1601; tornato a Verona, fu riammesso come tenore nella cappella del duomo e nell'ufficio di mansionario. Nel 1604, infine, sarebbe passato a Padova. Pochi anni dopo, nel 1607, uscì da R. Amadino la raccolta Missae tres octonis vocibus decantandae ac omnibus instrumentorum generis accomodatae. Additae partes infimae pro organo.
Dopo questa data non si hanno ulteriori notizie del L., di cui si ignora l'anno della morte, avvenuta probabilmente a Verona.
Il L. era stimato dai contemporanei sia come autore di musica madrigalistica, sia come maestro di polifonia sacra. Accanto a pagine di A. Gabrieli, G. Gastoldi, Ingegneri, J. de Macque, Marenzio, G.M. Nanino, P. Nenna, O. Vecchi e J. de Wert, un suo madrigale è incluso nella raccolta di musica secolare Symphonia angelica (Répertoire international des sources musicales, s. B, I/1, 1590, n. 17) edita in Anversa. Un salmo a cinque voci figura nella stampa Sacra omnium solemnitatum Psalmodia vespertina (ibid., 1592, n. 3) pubblicata dall'Amadino: qui il nome del L. è affiancato dai più rinomati cultori del genere (G.M. Asola, Gastoldi, L. Leoni, N. Parma, P. Ponzio, C. Porta).
I madrigali a tre voci del 1590, malgrado l'organico vocale esiguo, dimostrano una buona qualità di scrittura contrappuntistica, di impronta più imitativa che declamatoria. In massima parte i testi poetici sono di L. Ariosto e di G.B. Guarini: non è da escludere che riflettano direttamente le preferenze letterarie degli accademici veronesi. Notevole, in chiusura di libro, la presenza di quattro stanze dell'Orlando furioso (canto XLIV, 63-66) articolate in un madrigale ciclico quadripartito. L'intonazione del madrigaletto guariniano La bella man vi stringo rivela una fine attenzione alla parola intonata con la tipica dialettica espressiva che contrappone note lunghe a note rapide in funzione degli affetti predominanti nei singoli versi.
Le messe a otto voci danno un'ulteriore dimostrazione di un autore "sufficientissimo", oltre che tecnicamente aggiornato nella pratica policorale tanto in auge sul principio del Seicento.
Fonti e Bibl.: Verona, Arch. dell'Accademia filarmonica, reg. 41, c. 109v; N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, p. 69; P. Canal, Della musica in Mantova, Venezia 1881, p. 67; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga a Mantova dal sec. XV al XVIII, Milano 1890, p. 74; G. Turrini, L'Accademia filarmonica di Verona dalla fondazione (maggio 1543) al 1600 e il suo patrimonio musicale antico, Verona 1941, pp. 192, 295 s.; E. Paganuzzi, Medioevo e Rinascimento, in E. Paganuzzi et al., La musica a Verona, Verona 1976, ad ind. (v. ivi anche per Francesco Lauro); The New Grove Dictionary of music and musicians (ed. 2001), XIV, pp. 383 s.